Governatore e segretario, perché “Zinga” resisterà nel doppio ruolo

Foto: copyright Imagoeconomica, Stefano Carofei

Presidente del Lazio e leader del Pd: incarichi perfettamente compatibili. Eppure c’è chi parla di opportunità, quando i capi di Lega (Salvini) e Cinque Stelle (Di Maio) sono anche vicepremier e ministri. Come al solito però il problema è il fuoco amico.

In queste ore in diversi stanno proponendo lo stesso quesito: è opportuno che Nicola Zingaretti possa continuare a svolgere il doppio incarico di presidente della Regione Lazio e segretario nazionale del Partito Democratico?

Incarichi perfettamente compatibili. La domanda in realtà sorprende non poco, visto che il leader e segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini, svolge contemporaneamente i ruoli di vicepresidente del consiglio e ministro dell’Interno.

Così come il capo politico del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio è anche lui vicepremier e ministro dell’economia.

Inoltre Salvini si candida anche alle Europee, ben sapendo che non potrà mantenere la carica di europarlamentare. Ma vuole sfruttare l’effetto traino alle elezioni. Legittimo.

Per Zingaretti (che alle Europee non si è candidato) invece si pone la domanda. Perché?

In realtà il neo segretario Democrat soltanto dopo le Europee potrà davvero accelerare per cercare di cambiare volto al Partito. Quando sarà pure chiaro cosa intende fare Matteo Renzi, se cioè restare o fondare un nuovo Partito. Nicola Zingaretti ama svolgere il ruolo di presidente della Regione Lazio e sa perfettamente che nel caso di elezioni politiche anticipate difficilmente potrà non candidarsi. Fino ad allora però resterà Governatore.

Al di là dei sondaggi e perfino di quelli che saranno i risultati delle Europee, sia la Lega che i Cinque Stelle sanno che Nicola Zingaretti riorganizzerà il centrosinistra. Alle prossime politiche il discorso sarà diverso.

Ma è all’interno del Pd che ci sono i problemi maggiori. Basta riflettere sui vari segretari che il partito ha “bruciato” in questi anni. Pure prima, quando si chiamava Ds o Pds: Achille Occhetto, Massimo D’Alema, Valter Veltroni, Pierluigi Bersani, Dario Franceschini, Matteo Renzi. Per non parlare dell’impallinamento da “fuoco amico” di gente come Romano Prodi, Franco Marini, Enrico Letta.

Nicola Zingaretti che resta amministratore locale viene visto come un “alieno” da chi non la smette un attimo di lavorare per affossare il Partito dall’interno.