La moschea non è un mezzo di conflitto (di B. Cacciola)

Foto: © Agenzia Sir

Il dibattito sullo spostamento della moschea a Frosinone. L'opinione di Biagio Cacciola. Partendo dall'esempio della Siria. Dove Solo l'unione degli uomini di buona volontà, cristiani e mussulmani, ha permesso la sconfitta del terrorismo

Biagio Cacciola

Politologo e Opinionista

Capiamoci bene. Durante la lunga guerra d’aggressione terroristica al governo e al popolo della Siria da parte dell’Isis e di Al Quaida che ha fatto non meno di mezzo milioni di morti, alle manifestazioni organizzate dal comitato Siria Pax, portate avanti in piazze, chiese, sedi culturali e istituzionali, non abbiamo visto chi ora strilla contro lo spostamento della moschea di Frosinone da una parte della città ad un altro.

Uno spostamento tra l’altro dovuto dalle condizioni fatiscenti dell’attuale sito di preghiera per un altro edificio, sicuramente più ospitale e architettonicamente più bello di quello attuale.

Proprio la comunità mussulmana di Frosinone nei tanti incontri con le istituzioni, nelle manifestazioni, nelle cerimonie ha dato un contributo attivo conto il terrorismo fondamentalista creato in Medio oriente dai finanziamenti americani  e sauditi nel corso degli anni.

Senza il contributo dei mussulmani e la loro voglia di convivenza con le altre confessioni, in particolare quella cristiana, la madre delle battaglie, cioè quella in Siria, sarebbe stata una sconfitta catastrofica che avrebbe avuto ripercussioni negative anche in Europa, ben più pesanti di quelle avute finora.

Solo l’unione degli uomini di buona volontà, cristiani e mussulmani, ha permesso la sconfitta del terrorismo in Siria, a partire dal mussulmano Assad leader di quella nazione.

Tutto questo è stato ben compreso dal Papa che ha continuato a mantenere relazioni diplomatiche con la Siria, mentre l’Europa chiudeva le sue ambasciate.

Quelli che ora sbraitano in modo patetico contro lo spostamento della moschea di Frosinone li avremmo voluti vedere magari protestare per la riapertura della nostra ambasciata in Siria e per far finire l’embargo occidentale contro quel Paese.

Ma forse chiediamo troppo a chi crede di fare, in modo maldestro, della religione un mezzo di conflitto e non di pace.