L’appello di Smeriglio alla sinistra: alle Primarie ricordatevi di Sanders

Massimiliano Smeriglio lancia l'appello a quel mondo di sinistra che non è Pd. Gli chiede di incidere sulle Primarie per Zingaretti. Come fanno i socialisti e le femministe nei Democratici americani. Dialogo con i 5 stelle per rompere il blocco nazionalista.

Massimiliano Smeriglio è il vice di Nicola Zingaretti nella giunta regionale del Lazio. Viene da sinistra. Ed è il simbolo del Pd che il Governatore vuole costruire: inclusivo, capace di tenere unite le sensibilità diverse. Del tutto distante in questo dal Pd renziano. 

Mentre Renzi centrifugava e spingeva fuori chi aveva una visione diversa, Zingaretti ha fatto vice presidente della ‘sua’ Regione uno che viene da Rifondazione Comunista e da Sel.

È proprio Massimiliano Smeriglio, ora, a lanciare un appello a quel mondo. Ed anche a tutti quelli che si sono allontanati dal Pd perché non si sentivano più a casa loro. Gli chiede di entrare in campo e non in un Partito. Per incidere. E determinare il risultato finale delle prossime Primarie Pd. Un po’ come fanno le femministe, gli ambientalisti ed i movimenti americani: vanno alle Primarie ma non per questo si iscrivono al Partito.

Quei voti potrebbero essere la spinta in più con la quale portare Nicola Zingaretti alla guida del Pd.

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di Daniela Preziosi per Il Manifesto

Minniti si è ritirato dalle primarie Pd. Ora lo scontro congressuale non è meno chiaro? O meno interessante?

È in corso un tentativo di delegittimare un processo popolare importante. Le primarie possono essere l’innesco di una mobilitazione per rimettere in pista la sinistra e il campo democratico.

Ora che Renzi potrebbe non esserci più, da sinistra il Pd è più commestibile?

Non mi pare che Renzi se ne sia andato. Ma eviterei le personalizzazioni. Si è chiusa la sua stagione politica. Oggi il rapporto Censis ci racconta un paese imbarbarito, parla di «cattivismo e sovranismo psichico» di una parte consistente dell’Italia. La manifestazione della Lega ha tratti eversivi ma parla a molti. Abbiamo tutti bisogno di ritrovare il bandolo. Tutta questa guerriglia interna al Pd fa male alla ripresa dell’iniziativa politica.

Volete rifare il centrosinistra?

Ma no, il centrosinistra è finito tempo fa, persino dove funziona non lo chiamiamo più così. Oggi c’è bisogno di alleanze larghe, plurali, fondate su esperienze anche locali, culture politiche diverse. Il centrosinistra era uno schema di alleanze fra forze politiche esistenti, consolidate. Invece oggi non sappiamo quali sono le forze di sinistra in campo né quale sarà il perimetro del Pd. Più che impiccarci alle formulette dobbiamo stare dentro le primarie per modificarne il perimetro e la cultura politica.

Renzi, nel suo linguaggio un po’ sprezzante, ormai definisce il Pd «la Ditta», che era quella di Bersani e D’Alema.

Renzi fa un’operazione pericolosa. Un nuovo campo democratico non può assomigliare, lo dico con tutto il rispetto, alle esperienze nostalgiche che hanno cercato il futuro nel passato. E il 4 marzo non ha fallito solo il Pd, hanno fallito anche queste altre ipotesi. Le pulsioni identitarie e conservative vanno battute. Noi, a sinistra, abbiamo davvero poco da conservare.

È un appello alla sinistra fuori dal Pd perché partecipi alle primarie?

Mi piacerebbe. Anche da questa parte vedo cose disarmanti, scissioni, miniscissioni, microriaggregazioni. Bisognerebbe avere il senso delle cose che ci accadono intorno. Dell’Italia di oggi a trazione nazionalista, a tratti eversiva, che costruisce capri espiatori sui migrantii. Mi piace citare le esperienze delle sinistre più radicali americane: non si mettono a scimmiottare le formazioni radicali degli anni 70 ma portano i loro contenuti di radicalità, femminismo, ecologia, di lotte di comunità locali, dentro lo spazio largo del Partito democratico. Lo fa il partito socialista di Sanders, lo fa Alexandria Ocasio-Cortez, lo fanno le afroamericane. Non si capisce perché la sinistra italiana deve consumarsi nelle lotte intestine per l’egemonia di piccoli spazi piuttosto che compartecipare a una rifondazione complessiva del campo progressista.

Lei smetterebbe di litigare con gli altri della sinistra radicale?

Ma lo auspico davvero. E per parte mia, per quel po’ che vale, ho già disertato questo scontro e cercato altre strade, verso i movimenti civici della sinistra in giro per il paese, che ancora sono vivi, esperienze locali positive. Proviamo a ricostruire una cultura politica e una dimensione di squadra. La sinistra che non vive una dimensione collettiva un po’ più ampia e che non ha una sua solidarietà interna non è sinistra. E infatti noi siamo stati parte della dissoluzione, non solo osservatori severi della dissoluzione del Pd. Ora dobbiamo sotterrare l’ascia di guerra, disimparare certe pratiche e dare un contribuito. Sempreché si pensi che la Lega non è uguale al Pd. Se invece pensiamo che la Lega è uguale al Pd, che Giolitti era uguale a Mussolini, lasciamo perdere qualsiasi discussione.

A proposito. Minniti resta comunque nel Pd, ed è il ministro che ha aperto la strada alle politiche sui migranti che oggi la Lega porta a estreme conseguenze. Vuole entrare in questo Pd?

Propongo di entrare in un campo, non in un partito. Penso che Minniti abbia sbagliato di parecchio le politiche sui flussi migratori. Ma non era solo. Quella sua cultura, a sinistra, ha una storia assai più profonda della vicenda politica di Minniti. Allora io penso che nel campo democratico dobbiamo fare una battaglia per l’egemonia con valori forti. Anche perché lo abbiamo visto: dopo Minniti arriva Salvini, e le cose possono perfino peggiorare.

Per il Pd il rapporto con i 5 stelle è un tabù, una parolaccia.

È sbagliato. Io sono stato, anche qui nel mio piccolo, un avversario e un critico feroce di M5S. Ma nella condizione attuale penso che a quella forza, dove sono confluiti anche voti della sinistra – quella dei beni comuni, dell’acqua pubblica – bisogna proporre un disgelo, favorirne un processo interno. Verificare se ci sono, qua e là nei comuni e poi a livello nazionale, le condizioni di fare pezzi di strada insieme. Sarebbe anche un modo per rompere il blocco nazionalista e populista che ha preso in ostaggio il paese.

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