Il De Angelis sacrificato e l’Abbruzzese al bivio (di C. Trento)

L'adesione di Francesco De Angelis all'area Orfini? Non gli serviva. È servita solo a fare eleggere Mancini in Parlamento e Battisti in Regione. Quale futuro ora per Abbruzzese? La fine della provincia democristiana

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Corrado Guzzanti ha sintetizzato così il risultato elettorale: «I ricchi hanno votato la flat tax al nord, al sud i poveri il reddito di cittadinanza: nessuno avrà niente… nu c’è so sordi». Aggiungendo: «La scissione del Pd? È un fenomeno naturale, inutile preoccuparsi».

In realtà il voto delle politiche è stato un autentico terremoto, anche se annunciato: centrodestra a trazione leghista prima coalizione, Cinque Stelle primo Partito. Nessuno, da solo, ha i numeri per formare un governo. Patata bollente nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha molti poteri, ma non è Superman.

Senza la collaborazione di vincitori e vinti sarà comunque difficile. Però il dato elettorale più importante riguarda Nicola Zingaretti: vittoria bis nel Lazio nel giorno del tracollo del Pd e poi la decisione di varcare il Rubicone e proporsi per la segreteria dei Democrat.

Qualcuno ha detto: «Se non puoi decidere in fretta vuol dire che non puoi decidere». Zingaretti lo ha fatto e nel partito in molti aspettavano questo passo. Domani in direzione nazionale si capirà forse qualcosa in più, ma la sensazione è che si tratterà di un processo molto lungo, parallelo probabilmente a quello della formazione del governo.

In provincia di Frosinone il voto delle politiche ha visto la sconfitta degli uscenti e perfino di una classe dirigente. I tre parlamentari del Pd non sono stati riconfermati: Francesco Scalia, Maria Spilabotte e Nazzareno Pilozzi, però, la partita l’hanno persa quando sono stati compilati i listini proporzionali. Terzo posto per i primi due, quarto per il terzo. Eppure sono dei renziani. Evidentemente quando si è deciso di blindare i big nel proporzionale c’erano renziani più renziani di loro.

In ogni caso resta la sensazione fortissima di un mancato peso politico della classe dirigente provinciale del Partito Democratico di questo territorio. Una considerazione che inevitabilmente riguarda anche Francesco De Angelis, che pure ha dimostrato, in modo indiretto, di essere il re delle preferenze. Con l’elezione alla Regione di Buschini e Battisti.

 

L’adesione all’area di Orfini non serviva

Da decenni Francesco De Angelis è il leader del Pci-Pds-Ds-Pd. A suon di voti.

Lo ha dimostrato anche stavolta alle regionali. Sono voti suoi e dell’area di riferimento: questa “dote” lui ha portato all’area del presidente nazionale del partito Matteo Orfini. De Angelis meritava la posizione di capolista nel collegio proporzionale della Camera. Invece in quella posizione Orfini gli ha preferito un fedelissimo della prima ora, Claudio Mancini.

Francesco De Angelis non lo dirà mai, però la domanda è chiara: è valsa la pena di aderire alla componente di Orfini? La risposta probabilmente è no. Questo passaggio ha avuto un solo risultato: l’elezione di Sara Battisti (pure lei orfiniana della prima ora) consigliere regionale, grazie al “ticket” con Mauro Buschini, che sarebbe stato eletto comunque.

Come avvenne nel 2013. Buschini è da sempre l’alter ego di De Angelis. Dunque, al tirar delle somme, il passaggio nell’area di Orfini ha consentito l’elezione di Claudio Mancini e Sara Battisti. Orfiniani di ferro. Un elemento sul quale Francesco De Angelis dovrà riflettere a lungo. Anche perché la sua scelta di passare con il presidente del partito ha raffreddato i rapporti con Nicola Zingaretti, che un anno fa si aspettava il sostegno di De Angelis e Buschini alle primarie nazionali.

Ne valeva la pena?

 

La sconfitta inaspettata di Forza Italia

Mario Abbruzzese ha perso per 177 voti nel “suo” collegio, quello del cassinate. D’accordo l’onda lunga dei Cinque Stelle, ma nessuno se lo aspettava.

L’ex consigliere regionale si trova davanti ad un bivio: cercare subito la rivincita o ritagliarsi un ruolo di allenatore come ha saputo fare De Angelis?

Per la verità Abbruzzese i voti che doveva prendere li ha presi e ha pagato il crollo del Pd che ha spinto in alto i Cinque Stelle. Ma in generale il risultato di Abbruzzese, unito alla mancata elezione di Beppe Incocciati nel listino proporzionale, decreta una sconfitta politica di Forza Italia, soprattutto dell’area che fa riferimento al presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani. Mentre fa emergere il ruolo preponderante pure nelle dinamiche locali del partito del senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone, che infatti sarà presente alla riunione sull’analisi del voto.

Sullo sfondo le strategie del sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani per “prendersi il partito” in Ciociaria. Ottaviani ha sostenuto e fatto sostenere sia Abbruzzese che Ciacciarelli, proprio per evitare il fiorire di gossip e retroscena. Ma adesso accelererà. D’altronde la nomina di Adriano Piacentini commissario si è snodata lungo l’asse Fazzone-Ottaviani.

Inevitabilmente Mario Abbruzzese potrebbe finire sotto attacco politico nel partito.

 

L’urlo della Destra e la diarchia Lega-Cinque Stelle

La vittoria di Massimo Ruspandini al Senato è quella più significativa sul piano politico. Perché ottenuta nel collegio maggioritario e nel giorno dell’onda lunga dei Cinque Stelle.

Ma la sua è stata anche una candidatura del territorio, fortemente voluta da Giorgia Meloni. Ed è evidente che adesso Massimo Ruspandini è uno dei punti fermi di Fratelli d’Italia in un momento particolare del centrodestra. Con Forza Italia in difficoltà (al di là del risultato più alto della media nazionale sul territorio) e con la Lega in ascesa, con tentazioni di “cannibalismo”degli alleati.

Per il resto questa provincia porta in Parlamento tre esponenti dei Cinque Stelle: Ilaria Fontana (maggioritario), Luca Frusone ed Enrica Segneri (proporzionale). Tre anche i parlamentari della Lega: Francesco Zicchieri (maggioritario), Francesca Gerardi (proporzionale). A loro va aggiunto Gianfranco Rufa, eletto nel collegio plurinominale del Senato a Viterbo. Per una volta non c’è stato l’effetto controtendenza in Ciociaria.

Tramonta l’epoca di una provincia sempre democristiana, perfino negli anni d’oro di Forza Italia.

Probabilmente perché i fallimenti di questi ultimi anni non sono stati perdonati dal popolo sovrano. E il messaggio è stato forte e chiaro.