“Non so voi, ma sento aria brutta”

L'opinione di Paolo Maninchedda, segretario del Partito dei Sardi

Non si tratta di piccole polemiche politiche da cortile, di baruffe e competizioni elettorali. In Europa e in Italia c’è un clima guerreggiante, un clima pericoloso. Quando si comincia a tollerare le squadracce di estrema destra sui treni; quando si giustifica che una persona prenda un fucile e spari alla gente di colore; quando la si finisce tra istituzioni a dire ‘me ne frego’ e ‘ubriacone’; quando non si ha una politica del Mediterraneo e la si affida al militarismo colonialista della Francia; quando si esalta l’invidia della differenza dei redditi come ideologia dello scontro sociale, si deve sapere che si sta andando incontro a un futuro di guerra civile, di oppressione e di violenza.

Non serve parlare di fascismo e antifascismo, anzi può essere letale farlo. Pasolini ci ha insegnato che “esiste oggi una forma di antifascismo archeologico che è poi un buon pretesto per procurarsi una patente di antifascismo reale. Si tratta di un antifascismo facile che ha per oggetto ed obiettivo un fascismo arcaico che non esiste più e che non esisterà mai più“. No, non di fascismo si deve parlare, ma di prepotenza, violenza, odio, prevaricazione, dominio. Di queste radici del male, di cui ciclicamente nella storia si nutre, la politica si deve parlare. E si deve resistere e combattere.

Tutti i moderati che pensano che non sia così, che pensano che in fondo l’importante è annacquare la Lega, fanno la parte dei giolittiani col fascismo, la parte presuntuosa di chi finge di non sapere che i violenti che loro pensano di governare invece li dominano e li usano anche con disprezzo. La Lega sta dicendo a chiare lettere con chi è schierata in Europa: fa i nomi di Le Pen, Orbàn, Putin. Io sto dall’altra parte, anche da solo, ma dall’altra parte. Io so dove hanno portato l’Europa queste idee e queste parole. Ogni volta che si è cominciato a usarle è finita malissimo.

Io so cosa pensano alcuni dirigenti della Lega del pellegrinaggio di trombati alle edizioni passate delle elezioni sarde per essere candidati con loro. Io so con quanto disprezzo se ne parli, disprezzo peraltro tutto meritato. Questi questuanti sardi del prestigio, immemori dei nostri morti per la nostra libertà, vendono gli interessi reali della Sardegna per il titolo sdrucito di onorevole e alcuni, i peggiori, per lo stipendio da consigliere regionale. Questa avidità dei pavoni pieni d’aria è miserevole. Questi sardi d’occasione presentano l’offerta sacrificale dei nostri interessi economici al Nord Italia, lo stesso Nord Italia che ci ha disboscato, precluso i mercati europei con i dazi, inibito i mercati extraeuropei ai nostri prodotti agroalimentari, razziato quote latte, incentivato la distruzione delle vigne, insegnato a consumare e a non produrre.

Noi sardi abbiamo interessi e diritti contrastanti con l’Italia, ma molti di più ne abbiamo con il Nord Italia, con il territorio che è diventato una delel zone più ricche dell’Europa egemonizzando
lo Stato italiano e spolpando il resto del territorio governato dalla Repubblica italiana. Riconosciamo i nostri avversari. La Sinistra italiana narcotizzata dall’illusione nefasta di identificarsi con lo Stato e con le istituzioni, secondo il protocollo Napolitano, la Sinistra che non sa riconoscere la Nazione sarda perché canta in piazza col petto in fuori l’inno di Mameli (Salvini ringrazia) anziché Procurade ‘e moderare che oggi sarebbe ben cantata, questa sinistra ha ceduto le armi, è bollita, ferma, con parole involute, sembra fatta di prefetti, magistrati, giuristi, ministri e direttori generali. Restiamo noi a resistere e dobbiamo farlo senza calcolo, con coraggio, intelligenza e determinazione.

Paolo Maninchedda, 9 Ottobre 2018