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Augusten Burroughs: Correndo con le forbici in mano tra i memoir taroccati

Augusten Burroughs (Pittsburgh, 1965) ha fatto un bel giro in ottovolante a metà degli anni Duemila, da scrittore best seller di Correndo con le forbici in mano, per due anni nella chart del NYT. Si tratta del celebre memoir da cui viene tratto il film di Ryan Murphy con Annette Bening protagonista: è lei sullo schermo la madre narcisista e così scassata (il padre è alcolizzato) da mollare il nostro in adozione alla famiglia Finch, capitanata da uno psichiatra più che eccentrico.

Peccato che i Finchin realtà si chiamano Turcotte – citino Burroughs in giudizio per diffamazione, lamentando di essere stati molto “inventati”. Sarebbe una bega da niente se non fossimo negli States molti anni prima dell’epoca delle panzane vincenti. Vanity Fair Usa indaga occhiuta il genio che ha scritto “the best memoir ever” e che in realtà avrebbe arrangiato il tutto; altrimenti detto, Burroughs si è comportato da scrittore e non da diarista.

S’incazza per prima una delle ragazze di casa Turcotte, Theresa, descritta dal nostro come una 13enne, ratty, zozza e malvestita (e su qui lei quasi lascerebbe perdere) ma le pesa troppo ritrovarsi appartenente a quella sorta di famiglia Addams in cui sarebbe cresciuto Burroughs. Gli altri Turcotte le vanno dietro. In 35 ore di interviste a VF rivelano “numerous instances of what they believe to be fabrications or embellishments, including almost all of the sensational scenes that have made Running with Scissors so popular”.

Risultato finale giudiziario del giro in ottovolante: Burroughs alla fine se la cava, non cambia una virgola, confina le scuse in una Author note dove parla di Book e non di Memoir, ma paga per sempre in credibilità. Resta infatti aperto un eventuale processo letterario…

Di recente il controverso testo è uscito di nuovo da noi per minimum fax e con un ottimo timing. Giusto in tempo per accomodarsi negli scaffali di noi italiani facendo da vicino di posto a memorie scolastiche, quasi diari, simil fiction di ragazze e ragazzi invecchiati che tornano al paesino e omaggiano i parenti, di gente che ritrova la memoria del padre e della madre, impaginando “vissuti“ scritti, riscritti e montati con la sicumera di chi ha un editor scafato, per non dire dei seduttori anzianotti, che narrano a capitoli la loro carriera erotica, senza nessuno che gli intimi: “raccontala giusta”; senza contare tutto quello che temiamo arrivi prossimamente, ossia un diluvio di cronache letterarie della pandemia, tirate a romanzo dai più ispirati pennivendoli gonfiando i post sui social. Benvenuti, cari pataccari.

Per cui: dobbiamo forse preoccuparci o stare a sofisticare sulle panzane di Burroughs, assodato che sono scritte – poi ditemi anche voi – così bene (e con Holden Caulfield che lo veglia da lontano)? Ma quando mai è importato se un racconto – fuori dalla sua, di realtà – fosse vero oppure no?

IL LIBRO Augusten Burroughs, Correndo con le forbici in mano, traduzione Giovanna Scocchera (minimum fax)

Credit: “augusten burroughs and fb 144” by sffoghorn is licensed under CC BY 2.0

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