Immigrazione e sicurezza: la nuova legge conferma il fallimento di Berlino

La Grosse Koalition tedesca ha raggiunto un’intesa sulla nuova legge in materia di immigrazione. Il compromesso tra Csu-Cdu e Spd, arrivato a inizio ottobre dopo mesi di trattative serrate, riguarda in particolare un punto a lungo discusso, e cioè che “in linea di principio si afferma una separazione tra asilo e migrazione economica”. La legge, che si pone l’obiettivo di attrarre nuova forza lavoro qualificata da Paesi esterni all’Unione europea, si ispira al modello canadese e, se approvata, renderà più complicato l’ingresso in Germania ai soggetti più poveri e meno istruiti.

 

La nuova legge

Con la ‘fachkräftezuwanderungsgesetz’ (legge sull’immigrazione di lavoratori qualificati) le società tedesche dovranno rinunciare alla possibilità di dare la precedenza ai cittadini tedeschi o europei per le assunzioni e la qual cosa consentirebbe alle imprese di assumere cittadini non Ue (‘drittstaaten’) in tutti i settori economici, a condizione che tali reclutati siano qualificati per il posto di lavoro e abbiano una conoscenza soddisfacente della lingua tedesca. Ma i requisiti richiesti non sono così elevati, come nel caso dei tecnici informatici e di quanti si occupano del settore della tecnologia a cui non saranno richieste qualifiche particolari, ma solo un’esperienza lavorativa.

La nuova legge fornirebbe, anche ai lavoratori qualificati senza offerte di lavoro concrete, un permesso di soggiorno di sei mesi per trovare un lavoro, a condizione che imparino il tedesco.

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L’accordo di coalizione siglato dal ministro dell’Interno Horst Seehofer (CSU), il ministro del lavoro Hubertus Heil (SPD) e il ministro degli affari economici Peter Altmaier (CDU), non menziona esplicitamente la cosiddetta proposta ‘spurwechsel’ (cambio di corsia): un piano sostenuto dall’SPD che consentirebbe agli immigrati che vivono in Germania di scambiare lo status di ‘richiedente asilo’ per il permesso di soggiorno permanente se trovano un lavoro e imparano il tedesco.

Ma quello del governo è solo un compromesso che nasce proprio dal problema del cosiddetto “cambio di corsia”.

E se la legge nel suo impianto riconosce il problema dei richiedenti asilo respinti che restano in Germania, e quindi il fallimento della politica dei rimpatri, allo stesso tempo decide di non affrontarlo.

Si tratta dei cosiddetti immigrati ‘geduldete’ (tollerati): rifugiati le cui domande di asilo sono state respinte ma che non possono essere espulsi perché mancano documenti di identificazione, perché i loro paesi d’origine si rifiutano di riprenderli o perché c’è una paura legittima per la loro sicurezza una volta tornati a casa. Attualmente non esiste una politica unica per tutto il Paese, alcuni Land mostrano da sempre clemenza, altri propendono per la linea dura.

Seehofer s’è detto “estremamente soddisfatto” dei risultati, e ha definito l’accordo come una “risposta pragmatica e pratica alla realtà della vita”, aggiungendo, “stiamo creando il quadro per un’immigrazione più controllata di specialisti qualificati”. Per il ministro degli Affari economici, Altmaier, l’accordo “assicurerà che tutti i posti di lavoro per i lavoratori qualificati possano essere coperti”.

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Ma l’opposizione non è esattamente d’accordo. Il leader del partito Alternativa per la Germania (AfD), Alexander Gauland, è convinto che il raggiunto compromesso non faccia che incoraggiare maggiormente l’immigrazione clandestina: “asilo e immigrazione vengono ora ‘mescolati’ al di là del riconoscimento e le opportunità di sfuggire al rimpatrio vengono massicciamente ampliate.

Questo è quanto l’AfD ha sempre temuto: una volta che gli immigrati clandestini hanno varcato i nostri confini, acquisiscono il diritto di rimanere con noi per sempre”. Bastano requisiti minimi del resto.

Secondo il governo la Germania avrebbe bisogno, al di là di quanti già sono stati fatti entrare, di 300.000 immigrati, ogni anno, per i prossimi 40 anni per sopperire al declino demografico. Un documento, in parte pubblicato dal Rheinische Post, ha rivelato che il governo tedesco conta su una immigrazione di massa permanente per mantenere le attuali dimensioni della popolazione tedesca (82,8 milioni) stabili fino al 2060.

Il rapporto sottintende che la decisione della cancelliera Merkel di aprire le porte del Paese a circa 1,5 milioni di immigrati, per lo più musulmani, tra il 2015 e il 2016, non era principalmente un gesto umanitario, ma uno sforzo calcolato per allontanare la crescita zero della Germania e preservare la futura vitalità dello stato sociale tedesco in cui i giovani sono obbligati a sostenere gli anziani.

Eppure il calcolo s’è detto comunque fallito visto che il governo ha dovuto promulgare una nuova legge per l’immigrazione: vuol dire che dal 2015 ad oggi gli immigrati non si sono inseriti nel modio previsto (o auspicato dal governo tedesco) nel mondo del lavoro, non si sono integrati nella società – la nuova norma ha praticamente come unico requisito la conoscenza del tedesco – e non hanno saputo invertire le tendenze demografiche, per quanto siano più giovani e facciano comunque più figli dei tedeschi.

“Secondo le esperienze passate, ciò non sarà facile e richiederà più tempo di quanto inizialmente si sperava”, ammette la nuova legge della Grosse Koalition. “I successi saranno visibili solo a medio-lungo termine”.

 

Più lavoro, più poveri

“Fino a tre quarti dei rifugiati tedeschi saranno ancora disoccupati tra cinque anni” ammetteva nel giugno 2017 al Finacial Times Aydan Özoğuz (SPD) commissario per immigrazione, rifugiati e integrazione. Le sfide che il Paese affronterà nell’integrare la sua enorme popolazione di immigrati, non sono e non saranno facili e la politica siocialdemocratica con rango di ministro ha riconosciuto che solo un quarto o un terzo dei nuovi arrivati entrerà nel mercato del lavoro nei prossimi cinque anni e “per molti altri ce ne vorranno anche dieci”.

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La signora Özoğuz (nella foto a lato) ha affermato che la principale priorità delle autorità non è quella di trovare un impiego per i rifugiati il prima possibile, ma di assicurarsi che abbiano imparato il tedesco, perché, al di là di tutto, è la lingua che gli immigrati non hanno voglia d’imparare.

Le competenze linguistiche e i livelli di istruzione mediocri sono considerati i principali fattori che frenano l’occupazione. Le statistiche dell’Agenzia federale per l’occupazione mostrano che solo 6.500 rifugiati sono iscritti a programmi di formazione professionale. Ci vogliono da tre a cinque anni per un siriano o un iracheno scarsamente istruiti per imparare il tedesco e ottenere una qualifica professionale.

D’altronde a metà del 2018 aveva trovato lavoro solo un quarto di coloro che sono arrivati in Germania grazie alla politica delle porte aperte e solo un quinto contribuisce al “sistema di welfare”, stando ai dati forniti dall’Institute for Employment Research (IAB). La maggior parte di coloro che hanno trovato un’occupazione è nel settore dei servizi o dell’ospitalità, e hanno salari talmente bassi da sopravvivere solo grazie a sussidi statali.

La carenza di manodopera costa all’economia fino a 0,9 punti percentuali di produzione ogni anno, secondo l’Istituto economico tedesco dell’IW.

Tra le aziende che stanno lottando per trovare personale c’è Eyeem, una startup di Berlino che collega milioni di fotografi a livello globale con agenzie e clienti attraverso una piattaforma online. “Siamo colpiti al 100% da carenze di manodopera”, ha dichiarato Michael Jones, capo del personale di Eyeem, nella sede della società a Kreuzberg, un quartiere multiculturale di Berlino che ospita molti immigrati.

Tra gli altri settori colpiti da carenza di manodopera ci sono quelli relativi alla costruzione, all’istruzione, all’assistenza all’infanzia e all’assistenza geriatrica. Arno Schwalie, amministratore delegato dell’operatore di case di cura Korian in Germania, afferma che il numero di anziani che necessitano di cure permanenti aumenterà di oltre un quarto nei prossimi 15 anni. “A quel punto, potremmo avere a che fare con un buco di oltre 250.000 lavoratori nel settore dell’assistenza”, ha detto Schwalie.

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Per tanti analisti l’immigrazione continua a offrire “importanti benefici sia per gl’immigranti che per i paesi ospitanti” anche se “non tutti riescono a trarre il vero profitto dal fenomeno”. La Germania di oggi costituisce però un caso lampante del contrario. Capace di dimostrare come l’immigrazione abbia reso il Paese meno ricco, più insicuro e in balia di una piena perdita di controllo.

Ad agosto 2018, la Deutschlandfunk, la radio pubblica nazionale, discuteva proprio delle bugie con cui il popolo tedesco era stato drogato, e dell’enorme disillusione che oggi alberga nell’intero Paese. Nell’agosto del 2015 i famosi orsacchiotti (simbolo del Paese) alla stazione centrale di Monaco promuovevano il sogno della nuova Germania della Merkel, e salutavano con entusiasmo i giovani dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Iran che avrebbero risollevato tutti i problemi in una sola volta.

“Tre anni dopo”, discutevano alla radio, “i titoli dei giornali suonano sobri e ridimensionati”: “manca il miracolo del lavoro tra gl’immigrati”; “dove sono gli specialisti?”; “la maggior parte dei rifugiati vive d’indennità di disoccupazione”; “nessun nuovo miracolo economico tedesco in vista”; “solo un rifugiato su 100 ha un lavoro qualificato e 8 richiedenti asilo su 10 non hanno né una laurea, né una qualifica professionale, né nel frattempo hanno fatto qualcosa per ottenerla”.

 

I costi astronomici del welfare

Alla Deutschlandfunk hanno anche condotto un sondaggio presso le grandi aziende tedesche come BMW e Mercedes, confermando che uno tra i tanti problemi riscontrati nelle assunzioni è la lingua: moltissimi immigrati non hanno intenzione d’integrarsi né di lavorare.

Secondo l’Ufficio federale del lavoro, il livello di istruzione degli immigrati appena arrivati in Germania è molto più basso di quanto inizialmente previsto: solo un quarto ha un diploma di scuola superiore, mentre i tre quarti non hanno alcuna formazione professionale. Solo il 4% dei nuovi arrivi in Germania è “altamente qualificato”.

Finora i contribuenti tedeschi hanno versato circa 21,7 miliardi di euro di aiuti ai rifugiati e richiedenti asilo nel 2016, 20,8 miliardi di euro nel 2017 e pagheranno un importo simile nel 2018: cioè circa 65 miliardi di euro in tre anni, secondo i dati del governo pubblicati dalla rivista Focus.

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E intanto un documento del ministero delle finanze ha rivelato che la crisi dei migranti potrebbe finire per costare ai contribuenti tedeschi altri 94 miliardi di euro entro il 2020. Di questi, circa 25,7 miliardi di euro sarebbero destinati alla spesa sociale, come le indennità di disoccupazione e il sostegno abitativo. Circa 5,7 miliardi di euro sarebbero destinati a corsi di lingua e 4,6 miliardi di euro per l’integrazione dei rifugiati nel mondo del lavoro.

Nel lungo periodo, la politica delle porte aperte potrebbe finire per costare ai contribuenti tedeschi 900 miliardi di euro secondo i calcoli presentati dall’economista Bernd Raffelhüschen, anche con l’integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro entro sei anni.

La Germania ha davvero bisogno di immigrati e manodopera, come sostengono anche i leader di mezza Europa, per sanare i problemi legati alla demografia e quindi all’occupazione?

Ad oggi la politica adottata ha ottenuto solo l’aumento di criminalità e povertà. In Germania un bambino su quattro cresce al di sotto della soglia di povertà che ha continuato ad aumentare negli ultimi anni. I ricchi diventano più ricchi, i poveri più poveri. In Germania, circa 13 milioni di persone sono a rischio di povertà, nonostante il calo dei tassi di disoccupazione e la crescita economica. Il recente rapporto sulla povertà della Joint Joint Association documenta un nuovo aumento del tasso di povertà a un nuovo massimo del 15,7%.

L’organizzazione per il benessere Paritätische Wohlfahrtsverband ha riportato un aumento del tasso di povertà: solo a Berlino è aumentato dal 20% al 22,4% dal 2016 al 2017. In 11 dei 16 Lander tedeschi, il numero di persone che vivono in povertà è aumentato rispetto all’anno scorso. Per tanti ormai Berlino è la capitale del lavoro precario o a bassa retribuzione.

A dicembre 2017 circa 600.000 richiedenti asilo erano iscritti alle liste di disoccupazione, come il Die Welt ha rivelato. Per la prima volta dal dopoguerra il numero di stranieri che vivono in Germania di sussidi di disoccupazione ha superato i 2 milioni.

 

Il tracollo della sicurezza

Le statistiche preliminari mostrano che nel 2017 gli immigrati hanno commesso più di una dozzina di stupri o di aggressioni sessuali al giorno, reati che si sono quadruplicati dalla stagione 2014-2015, quando la crisi dei rifugiati ha avuto inizio, lo rivela il rapporto trimestrale “La criminalità nel contesto della migrazione (Kriminalität im Kontext von Zuwanderung)”, pubblicato dalla Polizia criminale federale (Bundeskriminalamt, BKA).

Le statistiche definitive sulla criminalità per il 2017 non saranno pubblicamente disponibili fino al secondo trimestre del 2018 ma, a titolo di confronto, in tutto il 2016 i migranti hanno commesso 3.404 crimini sessuali, 9,32 al giorno; nel 2015 ne sono stati perpetrati 1.683, cioè 4,6 al giorno; nel 2014 era no stati 949, ossia 2,6 al giorno mentre nel 2013 sono stati commessi 599 reati sessuali, 1,6 al giorno.

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Si ritiene però che il numero effettivo di tali reati commessi in Germania dai migranti sia molto più alto del numero ufficiale. Perché i dati della BKA includono soltanto i crimini che sono stati denunciati e risolti (aufgeklärten Straftaten). In media, solo circa la metà di tutti i reati commessi nel Paese sono risolti, secondo le statistiche della polizia. Il presidente dell’Associazione dei funzionari della polizia criminale tedesca, André Schulz, afferma che fino al 90 per cento dei reati sessuali commessi in Germania non compare nelle statistiche ufficiali.

Il problema dei reati sessuali perpetrati dagli immigrati in Germania è aggravato dal sistema giudiziario indulgente del paese, un sistema in cui i criminali ricevono condanne relativamente miti, anche per reati gravi. In molti casi, gli individui che sono arrestati per crimini a sfondo sessuale vengono rilasciati dopo essere stati interrogati dalla polizia.

Secondo un nuovo studio condotto dall’Università di Scienze Applicate di Zurigo e finanziato dal Ministero della Famiglia tedesco, la polizia ha visto un aumento del 10,4% dei reati violenti segnalati nel 2015 e nel 2016 e più del 90% dell’aumento sarebbe attribuibile agli immigrati. La criminalità generale in Germania è scesa al livello più basso dal 1992, ma c’è stato un aumento della criminalità riconducibile all’immigrazione. Il 10,4% dei sospettati di omicidio e l’11,9% dei sospetti di reati sessuali sono stati richiedenti asilo e rifugiati nel 2017.

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Per un po’ i sondaggi hanno venduto all’opinione pubblica la storia che il Paese era diventato, invece, più sicuro, eppure, nel medesimo periodo la Cancelliera ammetteva pubblicamente l’esistenza delle famose no go zones, le aree a predominio islamico dove nessuno è al sicuro, soprattutto i tedeschi e le donne bianche.

Al contempo è stata registrata anche una crescita dei reati legati alla droga del 9,2% rispetto allo scorso anno.

L’Overseas Security Advisory Council (OSAC) del Dipartimento di Stato USA ha giudicato Berlino come una capitale ad alto rischio per attività terroristiche poiché diversi gruppi terroristici internazionali sono presenti e operano in Germania, tra cui ISIS, al-Qaeda, Islamic Jihad Union (IJU), Kongra Gel (Kurdistan Workers ‘Party, PKK), Hezbollah e Hamas.

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Inoltre, i continui rapporti del governo ribadiscono la crescente preoccupazione per l’espansione della presenza islamista radicale internazionale e indigena. Nel 2016, il Bundeskriminalamt ha stimato che c’erano circa 24.400 residenti in Germania appartenenti a gruppi islamici radicali e di questi il numero stimato di salafiti era di 10.300 (10800 al 2017), nel 2017 ammontavano ad almeno 25.810.

Restano solo da spulciare i dati relativi al 2018. Stranamente il rapporto non fornisce alcuna stima del numero dei seguaci dello Stato islamico o di al-Qaeda che vivono in Germania. Di conseguenza, il numero effettivo degli islamisti presenti nel Paese è indubbiamente superiore a 25.810. Sono 720 gli islamici radicali considerati dalle autorità tedesche ad alto rischio di coinvolgimento in un crimine grave o in un atto violento. Funzionari della sicurezza stimano che sono, poi, oltre 970 i residenti in Germania hanno lasciato il paese per partecipare ai conflitti in Siria e in Iraq dal 2012, la maggior parte dei quali si sono uniti a gruppi estremisti islamici combattenti.

Foto: DPA, ANSA, AP, Youtube e AFP

 

Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli

Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.

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