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L’Italia è finita? E il Sud deve arrendersi alla povertà decisa dai governanti?

La Redazione
Ieri un appassionato Pino Aprile ha presentato la cruda realtà: «La povertà, specie se di un paese duale cioè all'interno di uno stesso paese, è frutto di scelte politiche: c'è una volontà determinata»
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È stato vicedirettore di Oggi e direttore di Gente, ha lavorato in televisione con Sergio Zavoli nell’inchiesta a puntate Viaggio nel sud e a Tv7, settimanale di approfondimento del TG1. È autore di libri tradotti in più lingue come Elogio dell’errore, Elogio dell’imbecille e Terroni. Ma ieri ad Andria il giornalista pugliese Pino Aprile ha presentato un libro “di fuoco”, il suo “L’Italia è finita. E forse è meglio così”.

Pino Aprile non le manda a dire: caustico, preciso, tagliente come una lama, analizza la realtà contemporanea italiana e internazionale, soffermandosi su alcuni concetti. «Non c’è mai stato, a parte nell’immediato secondo dopoguerra, un momento in cui la differenza tra Nord e Sud sia stata così ampia come adesso. La povertà, specie se di un paese duale cioè all’interno di uno stesso paese, è frutto di scelte politiche: c’è una volontà determinata a creare la povertà di una parte a causa del dilagare della civiltà informatica per la quale gli stati nazionali sono un ostacolo da rimuovere. L’Italia così come è stata laboratorio per la creazione di stati nazionali un secolo e mezzo fa, oggi è laboratorio per la disgregazione degli stati nazionali. Lo ha spiegato in maniera più chiara Steve Bannon, campione della Destra ultra razzista americana statunitense, già consulente di Trump oggi di Salvini. Oggi hanno preso in Italia un grande edificio storico in provincia di Frosinone per farne una scuola politica: Bannon ha testualmente detto che il centro della politica mondiale oggi è Roma, dove accadranno cose terribili che poi accadranno nel resto del pianeta».

A dialogare con il giornalista due volti storici della politica andriese, Sabino Zinni e Nino Marmo: «Alla luce di una politica secessionista – ha commentato Zinni – che vuole una divisione dell’Italia, come si pongono le regioni? Se dovesse andare in porto una secessione “morbida” del Paese, l’impianto unitario dell’Italia sarebbe finito anche di diritto, e di fatto lo è già da parecchio in quanto le due velocità sono una realtà conclamata. L’articolo 5 della Costituzione Italiana prevede che il nostro stato abbia un impianto regionalista ma questo significa che le autonomie regionali presuppongono una forte presenza di uno Stato unitario. Le modalità di autonomia differenziata poi in realtà sono una vera e propria spaccatura del paese: credo che da parte delle altre regioni, specie del Sud, serva una reazione molto forte che non sia semplicemente contro le modalità di azione ma per creare un movimento che rafforzi la nostra identità culturale storico nazionale. L’identità però non ha bisogno di slogan come “prima gli italiani” ma della riscoperta e riattualizzazione dei valori fondanti che stanno nella nostra carta costituzionale».

E ancora Nino Marmo: «La questione meridionale non è mai stata chiusa ma si riapre proprio con l’aiuto di questo nuovo governo. Io credo che prima di parlare di autonomia su alcuni temi molto importanti tra i quali l’istruzione – immaginate che tutto il resto dell’Italia insegnanti e professori sono dipendenti dello stato e in Veneto sono dipendenti della Regione, siamo quindi al limite dell’assurdo -, sarebbe stato molto più giusto arrivare a definire i costi standard ovvero quello che spetta a ciascuna regione e al proprio territorio in base alla popolazione e definire i livelli uniformi delle prestazioni, cioè quanti asili nido ha Torino, tanti ne deve avere Napoli. La questione meridionale è apertissima nelle infrastrutture, ad esempio con i collegamenti che non ci sono tra Bari e Napoli, due capoluoghi importantissimi del sud dove è difficile arrivare in tempi decenti. Abbiamo la Ferrandina-Matera che è ancora inesistente, per non dire dei collegamenti che da Lecce con difficoltà arrivano a Milano. Credo che sia il momento di chiamare a raccolta le regioni meridionali per operare un coordinamento delle politiche pubbliche delle Infrastrutture e degli investimenti al Sud».

sabato 2 Marzo 2019

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Riccardo  Nanni
Riccardo Nanni
5 anni fa

dal discorso di Aprile ,in sintesi,mi pare di capire che il Sud deve continuare o può continuar ad andare avanti solo se il Nord la sovvenziona.Io credo che il Sud non ha bisogno di aiuti interni o esterni perchè il Sud è ricco di suo con i prodotti agroalimentari ,il turismo(se fatto bene)e altro.Il problema del Sud è,secondo me,dovuto alla scarsissima efficienza della classe dirigenziale