Cultura

Gli anni belli

Vincenzo D'Avanzo
In occasione del 180° anniversario del seminario, sabato prossimo alle ore 20,30 presso il seminario ci sarà un raduno di tutti gli ex seminaristi
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L’anno 1962,governava la città il dott. Marano, pasceva la diocesi mons. Francesco Brustia, reggeva il seminario don Pasquale Pisani, suo vice era don Sabino Matera, guidava le anime don Mario Melacarne, faceva il sacrista della cappellina del seminario il sottoscritto che frequentava la IV ginnasiale. La vita in Seminario era regolata dallamattina alla sera, con i suoi orari, i suoi riti, le passeggiate ecc. Una delle regole stringenti era quella che dall’esterno non doveva arrivare nulla di mangereccio. Il seminario forniva tutto, anzi proprio lì io cominciai a mangiare tre volte al giorno. Perfino le caramelle ci erano fornite in quella specie di gara che si svolgeva tra il 19 gennaio (san Mario) e 9 febbraio (san Sabino): ognuno alzava la posta a nostro vantaggio. Obbedire a questa regola per me non era un problema: era già un piacere se venivano a trovarmi la domenica. Ma una domenica il demonio tentatore assunse le vesti di due cugini. Non li vedevo da tempo ed essi non vennero a mani nude: un bustone enorme di caramelle e biscotti fu il loro regalo. Non posso accettarlo, dissi con una voce che non convinceva nemmeno me. Quando andarono via lasciarono il bustone sulla sedia. Faccio più peccato a prenderlo o a buttarlo? Di portarlo al rettore perché distribuisse il contenuto a tutti non mi venne manco l’idea. Decisi che era un peccato buttarlo via. Approfittai del mio ruolo di sacrista presi il bustone e lo nascosi tra i paramenti sacri, sicuro che solo io avessi la chiave dello stanzino e comunque chi poteva avere interesse ad andare a rovistare? Il mattino dopo, finita la Messa, fui più lento a mettere ordine nella sacrestia. Appena tutti furono andati via infilai la mano dietro i paramenti e, sorpresa, non c’era più niente. Io non parlai, nessuno parlò, e io mi chiedo ancora chi è stato il ladro di caramelle, certamente non i seminaristi.

Ecco, l’educazione in seminario si nutriva di parole, ma anche di gesti perché tutti e tre i superiori avevano interesse a “formare” gli uomini, propedeutico alla formazione sacerdotale. Poi non tutti arrivavano alla meta ma credo che da quel tirocinio sia passata la migliore classe dirigente della città dal punto di vista delle professioni, dell’impegno sociale e anche della politica. A volte mi sono chiesto perché tutte le strutture formative della chiesa cattolica hanno un chiostro. Lentamente da adulto, guardandomi indietro, ho capito che il chiostro è fatto apposta perché ci si abitui a guardare in alto, isolati dal resto del mondo, perché poi ritornati nel mondo il sacerdote possa diffondere la luce che ha immagazzinato negli anni di formazione. E questo vale anche per quelli che sacerdoti non diventeranno.

Nel tempo del sensazionalismo scandalistico io posso dire che in tutta la esperienza sia ad Andria che a Molfetta ho trovato superiori attenti a prevenire e curare le problematiche sessuali che anche i ragazzi in seminario attraversano, senza alcuna slabbratura. Fortunati? Mah! Il problema è che siamo abituati al gossip che si nutre dal buco della serratura. Io e Nicola eravamo amici. Nicola non aveva la mia statura per cui nel mese di luglio, andando in seminario per la quindicina preparatoria alla festa della Madonna del Carmine, camminavamo io con il braccio sulla sua spalla, cosa severamente proibita.. Nessuno dei due si accorse che sul balcone c’era don Pasquale. Non facemmo intempo ad arrivare nel chiostro che vedemmo il rettore precipitarsi come una furia per far roteare poi la mano attaccata al braccio. Nicola se la cavò abbassandosi appena, io invece lo presi in pieno. La castità sacerdotale oggi è diventata eroismo che ha bisogno di comprensione, rispetto e preghiera. Se negli anni sessanta don Mario ci raccomandava, passando davanti ai castigatissimi tabelloni cinematografici di allora, di abbassare gli occhi: in via Tasso una volta Riccardo diede una testata a una donna incinta. Era soprattutto nei colloqui privati con don Mario, nei suoi appunti per le prediche o ritiri spirituali che la formazione raggiungeva vette altissime che portava poi alla selezione rigorosa. Proprio quando ero sacrista ebbi modo di chiedergli perché parlasse sempre con appunti in mano. Egli rispose che se non si preparava non sarebbe riuscito a tramettere integralmente il messaggio che aveva in mente. Forse è anche per questo che i sacerdoti della nostra diocesi sono tra i migliori senza zone d’ombra. Negli ultimi anni di insegnamento capitò a scuola come insegnante di religione un sacerdote giovane, preparato e persino carino. Le professoresse se lo “coccolavano” in tutte le maniere. Egli riusciva brillantemente a svincolarsi e credo che tutte le mattine pregasse per “non cadere in tentazione”. Anche i laici usciti dal seminario hanno dato quasi sempre buona prova di se.

Una volta si diceva: mazz i panell fann l figgh bell. In questo era specializzato don Pasquale Pisani. In quegli anni in molte case si faceva fatica a trovare da mangiare. In seminario per fortuna questo problema non c’era. Non era tutto da ristorante ma l’amore delle suore in cucina si faceva sentire. Tuttavia la pasta era quella dei pacchi americani. Date le peripezie cui era sottoposta non di rado era popolata d pupl (insetti). Le brave suore la mattina le passavano al setaccio. Capitò una volta che questo non funzionasse bene e lpupl finirono nel piatto insieme alle lenticchie. Pensa ai bambini dell’Africa, mi disse don Pasquale quando mi vide con il piatto intonso. Quando gli comunicai che il mio stomaco non si apriva egli non si arrabbiò e mi prescrisse la ricetta: in ginocchio davanti alla statua del Sacro Cuore fino a quando non mi fossi deciso a mangiare il piatto rimasto coperto al mio posto. Fui fortunato: don Pasquale quel pomeriggio aveva un impegno fuori, cosa che consentì al vice rettore don Sabino di portarmi un cuscino, poi mi diede il permesso di andare a studiare e infine anche a dormire per poter andare a scuola il giorno dopo. Ma a mezzogiorno del giorno dopo il piatto era ancora lì. Prima resistetti, ma quando gli altri seminaristi andarono via chiesi di poterlo mangiare. Fui affidato alla vigilanza delle suore della cucina, le quali a metà piatto sostituirono pasta e lenticchie con una crostatina con marmellata di ciliegie. Da allora non ho mai respinto un piatto fino ai giorni nostri. U vign s chiaich da pccninn (il ramo si piega quando è piccolo). Ora chiaramente tutto sarà cambiato anche in seminario, ma un po’ di rigore nella educazione non fa male.

Persino le vacanze a Nusco erano momenti di formazione. Proprio lì imparai a leggere molto, cosa che mi è servita nell’insegnamento sia nella politica.

Ecco perché oggi posso dire che quelli sono stati gli anni più belli, non i migliori perché la vita ha offerto altre suggestioni di indubbio valore.

venerdì 26 Aprile 2019

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