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“Se qualcuno si chiede che fine abbia fatto il popolo del Pd e del centrosinistra, in questa sala troverà una risposta”. Comincia con un pienone la lunga corsa alla segreteria nazionale del Partito Democratico. E se vogliamo, considerati i tempi, già questa è una notizia. E infatti Raffaele Del Vecchio lo sottolinea subito. Suo il virgolettato che dà inizio al nostro racconto. Sua l’introduzione alla prima manifestazione nel Sannio di Nicola Zingaretti. E il governatore della Regione Lazio fa la prima sorpresa della serata, rompendo la tradizione dei ritardi accademici e presentandosi in perfetto orario all’appuntamento dell’hotel President, spiazzando un po’ tutti.

Fortuna sua che ad aspettarlo sono già in tanti e che in pochi minuti la sala andrà riempiendosi.

“Non era scontato e non è stato facile. Anche perché in questa provincia non è mai semplice assumere scelte in autonomia” – sottolinea ancora Del Vecchio, non senza un pizzico di polemica.

E in effetti, in platea, del gruppo dirigente del Pd e dei suoi rappresentanti istituzionali non vi è traccia. Un dato utile ad annunciare le divisioni che nel Beneventano accompagneranno il percorso congressuale.

Numerosi, invece, gli interventi che anticipano l’entrata in scena di Zingaretti. Parlano il sindaco di Sant’Angelo a Cupolo Fabrizio D’Orta – che si commuove nel ricordare la tragedia che ha scosso nelle ultime ore la sua comunità e che auspica un “congresso di rifondazione” -, Adele De Mercurio – “vogliamo un segretario che includa e che sia all’altezza della storia del nostro partito” -, il segretario dei Giovani Democratici Antonio Iavarone – “vedo un candidato segretario che ascolta gli altri interventi seduto in platea fra tutti, vuol dire che siamo sulla strada buona” -, la fascia tricolore di Molinara Giuseppe Addabbo, fermo nel rivendicare la giusta attenzione per i piccoli comuni, ulteriormente danneggiati da “una legge sbagliata come quella di Delrio sulle Province”. Quanto ai sindaci presenti, l’elenco include anche Domenico Vessichelli di Paduli e ovviamente Rossano Insogna di Melizzano. In sala, comunque, tanti volti noti della sinistra sannita (presente quasi al completo il gruppo dirigente di Articolo 1) e della realtà sindacale.

Tornando alle assenze, in sala non si vede una sola bandiera del Partito Democratico. Non si tratta, però, di un deficit organizzativo. Ma di un messaggio politico. “Non dobbiamo rinchiuderci. Spesso sento dire che bisogna tornare a parlare nei circoli. Per me, invece, serve andare in strada, nelle piazze. A recuperare il rapporto con quanti ci hanno abbandonato, a cercare nuovi consensi” – spiega Zingaretti.

Per la verità, il candidato segretario prima di prendere la parola deve pazientare ancora un po’ e replicare a un ascoltatore che si alza in sala perché vuol sapere se nel Pd di Zingaretti ci sarà spazio per gli ex comunisti.  

Rassicurato l’interlocutore, “ci sarà spazio e rispetto per tutti”, il governatore inizia il suo racconto.

La prima parte è tutta per il Pd. “Bisogna ricostruire una comunità. E per farlo è necessario sostituire con la cultura del noi l’ossessione per l’io. Quell’ossessione che negli ultimi anni ha fatto del Pd un partito in cui si è litigato tanto ma si è discusso poco”.  E soprattutto, incalza Zingaretti, poco si è discusso delle ragioni che hanno determinato la sconfitta del 4 marzo scorso. “Ogni volta che affronto questo discorso mi rimproverano che allora voglio allearmi con il M5S. No, non è questo. Non è così. Non voglio governare con il Movimento Cinque Stelle. Ma sento il dovere politico, morale ed etico di interrogarmi sulle ragioni che hanno portato tanta gente a scegliere loro, così come la Lega. Non è demonizzando gli elettori che usciamo dalle nostre difficoltà”. “Il problema – sintetizza– non sono le idee eversive di Salvini o l’inesperienza del M5S ma le motivazioni che hanno spinto tanti italiani a scegliere loro e non noi”.

Ragioni che Zingaretti ritrova innanzitutto nell’incapacità del centrosinistra di dare risposte alla mole enorme di diseguaglianze emerse nell’ultimo decennio. “Non è solo questione di reddito. La diseguaglianza è cresciuta anche nella possibilità di accedere ai beni comuni, come i servizi sanitari o di trasporto. Vero è che il nostro governo ha portato l’Italia fuori dalla crisi, ma sul tema della giustizia sociale non ci siamo stati. E senza giustizia sociale è inutile parlare di ripresa”. E’ qui, per Zingaretti, che il Pd ha perso la partita. “Perché è quando la politica si rivela incapace di risolvere i problemi che subentra l’antipolitica. Certo, quei nodi non li scioglie ma almeno li rappresenta”.

Come se ne esce? “A guidare il nostro cammino deve essere l’articolo 3 della Costituzione Italiana. Serve uno sforzo a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Obiettivo che, evidentemente, l’azione del governo gialloverde – per Zingaretti – non sarà in grado di realizzare: “La manovra economica annunciata dal balcone era solo propaganda. Gli Italiani stanno pagando un prezzo immenso per egoismo e incapacità della Lega e 5 stelle. C’era una immensa aspettativa tra le persone, oggi i cantieri sono bloccati, abbiamo più debiti, c’è meno lavoro, meno crescita e in Europa siamo isolati. Nessun intervento, inoltre, è previsto per il Mezzogiorno, un’altra delle tante promesse mancate. L’Italia è un grande paese e merita di più. Merita un posto da protagonista nel mondo. Mettiamoci al lavoro con umiltà per indicare un’altra strada e costruire una nuova proposta per la rinascita dell’Italia”.