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Vincenzo Zambrano fu ucciso perché era stato siglato un patto di morte tra il clan Amato-Pagano e i Lo Russo, clan dell’area nord di Napoli. Il 28 luglio del 2009 l’agguato fu messo a segno a Scampia da un commando di quattro killer e fu ucciso perché aveva osato mettere in dubbio la leadership del capoclan. Prima della sentenza sia killer che mandanti avevano confessato e ieri il giudice per le udienze preliminari ha condannato tutti ma con un colpo di scena. Cesare Pagano, boss del gruppo che prende il suo nome, imputati per tanti omicidi, per camorra e traffico di droga ha ottenuto la concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti contestate ed è stato condannato a 18 anni di reclusione rispetto all’ergastolo chiesto dalla procura. Carcere a vita invece per Oscar Pecorelli, Giuseppe D’Ercole, Antonio Esposito, mentre Antonio Lo Russo e Biagio Esposito sono stati condannati a 16 anni perché collaboratori di giustizia. Cesare Pagano e Biagio Esposito (che è un pentito), come mandanti e organizzatori dell’agguato mortale, materialmente portato a termine da esponenti del clan Lo Russo, secondo un accordo intervenuto con Antonio. Antonio Lo Russo, di fatti, è il mandante dell’agguato, e infatti è ritenuto l’organizzatore del raid e anche lui è pentito. Giuseppe D’Ercole è ritenuto l’esecutore materiale, mentre Antonio Esposito ha attirato la vittima in trappola, con l’aiuto di un ragazzo all’epoca dei fatti minorenne e solo indagato, ma che si è professato innocente. Si tratta del figlio di Biagio Esposito, killer di fiducia degli scissionisti, che come il padre vive sotto protezione. Oscar Percorelli ha fornito invece un supporto logistico all’omicidio, organizzando il raid che gli era stato commissionato da Lo Russo, su ordine di Pagano. Zambrano era un uomo del clan Amato-Pagano ed è stato deciso di ucciderlo proprio dai capi dei due clan alleati, i Lo Russo e gli Amato-Pagano, in un periodo in cui i rapporti tra le due cosche erano sereni e consentivano gli scambi di piacere.