Apre a Milano la galleria Podbielski Contemporary. Fotografia dalle zone più difficili del mondo

In una doppia intervista, il gallerista e la curatrice ci raccontano la missione di questo nuovo spazio dedicato alla fotografia e della sua mostra di apertura

Nasce la galleria Podbielski Contemporary, uno spazio di fotografia dall’identità ben delineata. Il suo fondatore, Pierre André Podbielski, a seguito di un periodo di sperimentazione nell’omonima sede a Berlino, decide di trasferirsi a Milano lanciandosi in una nuova avventura in quella che lui stesso definisce la città più affascinante d’Europa. Ad ispirare la sua ricerca è una frase di Alfredo Jaar, tratta da Conversations in Chile, che dice “sembrerà banale, ma credo che di fronte a tutti i fallimenti, il mondo dell’arte e della cultura sia l’unico che possa far qualcosa”. A confermarlo sono gli artisti da lui promossi, che nella loro pratica mantengono un costante occhio analitico sulla situazione geopolitica delle zone del pianeta più tormentate. La galleria inaugura a Milano con Levante, una mostra di Massimiliano Gatti (Pavia, 1981) che raccoglie, attraverso scatti dolorosi e poetici, la devastazione della guerra e il tentativo di recuperare la memoria di queste culture partendo dal patrimonio storico artistico. Ce ne parlano il gallerista Pierre André Podbielski e la curatrice Maud Greppi in una doppia intervista.

Qual è il percorso o il desiderio che ti ha portato ad aprire questa galleria?
Pierre André Podbielski: Essendo stato per dieci anni socio e co-direttore della Galleria Rubin di Milano con mostre di pittura e scultura prevalentemente astratta, ho sentito il bisogno di rimettermi in gioco in un ambito nuovo nella città più affascinante d’Europa. Già nella sede berlinese di Podbielski Contemporary ho ricevuto gli stimoli per consolidare la mia ricerca, scoprire nuovi talenti e confrontarmi con tematiche che mi stavano a cuore: fotografia politica e geo-politica riguardante in particolare il Medio Oriente, Israele, e la Germania.

Qual è il focus della galleria?
PAP: Il focus primordiale del nostro programma è di rappresentare artisti che analizzano e documentano tematiche politiche e geopolitiche da un punto di vista artistico: dai Balcani, all’Iran, Israele, più recentemente l’India, la Libia e la Siria ed infine anche l’Italia.

Quale sarà il criterio di scelta dei nuovi artisti?
PAP: Il criterio di scelta rimane sempre e solo uno: la qualità e la serietà consolidata dell’artista, il suo curriculum, ma non sempre, e infine l’originalità e l’attualità della sua ricerca.

Qual è stata l’esperienza di Massimiliano Gatti in Medioriente?
Maud Greppi: Massimiliano Gatti ha portato avanti le sue esperienze in Medio Oriente partecipando a numerose spedizioni archeologiche. Dal 2008 fino al 2011 il suo lavoro si è concentrato a Qatna, in Siria, mentre dal 2012 grazie al progetto PARTeN dell’università di Udine, ha esplorato il Kurdistan iracheno. Ha conosciuto tutti questi territori intrisi di storia.

E cosa ne è risultato?
MG: Con un approccio documentaristico, ma allo stesso tempo intimo, Gatti ha condotto un diario di viaggio, un registro di memorie che ha fatto rivivere nei suoi scatti secondo una personale lettura.

Qual è la funzione della sua fotografia, al di là dell’intento documentaristico?
MG: Natura e cultura sono in grado di spostare gli equilibri della storia, e in un momento di così grande transizione come questo, nella contemplazione delle rovine ci poniamo degli interrogativi sulla memoria e sulla permanenza delle cose. La fotografia diventa strumento della memoria, facendosi carico di fissare un fascino effimero, lasciandolo incorrotto nel tempo, restituendone l’incanto. Un antidoto contro la furia distruttiva degli estremismi.

E come pensi che gli scatti dell’artista da voi presentato si inseriscano in questi intenti?
MG: Penso che gli scatti di Massimiliano Gatti invitino a traghettare verso un viaggio culturale, volto alla (ri)scoperta dei luoghi sopra citati e alla maggiore consapevolezza del valore intrinseco dell’intero patrimonio culturale, che affonda le radici nelle diverse culle della nostra civiltà, invitandoci a soffermarci un attimo e a contemplarne una silenziosa caducità.

-Giulia Ronchi

Massimiliano Gatti, Levante
A cura di Maud Greppi
Fino al 17 maggio 2019
PODBIELSKI CONTEMPORARY
Via Vincenzo Monti 12 20123 Milano
Dal martedì al sabato dalle 14 alle 19
+39 338 238 17 20
[email protected]
www.podbielskicontemporary.com

       

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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