Delpini: costruiamo con migranti un “nuovo noi” per futuro Italia

Arcivescovo di Milano: su migrazioni si fa volutamente confusione

APR 5, 2019 -

Milano, 5 apr. (askanews) – “Mi pare che sul fenomeno migratorio si faccia volutamente troppa confusione che genera solo delle emozioni. In questo modo risulta difficile poter affrontare questo tema all’interno di una visone complessiva capace di guardare ad un futuro promettente dell’Italia e dell’Europa. Le migrazioni sono un fenomeno complesso che fa riferimento a diverse dimensioni: quella del sogno, della fuga, della missione, della temporaneità, della progettualità di vita definitiva o sperimentale o dello sfruttamento. Tutto questo domanda un pensiero comprensivo e articolato, pacato e lungimirante. Oltre al soccorso immediato dei migranti dobbiamo chiederci che tipo di società vogliamo costruire con loro in Italia e in Europa: la Chiesa ambrosiana, con il sinodo Chiesa dalle genti, ha riconosciuto di essere fatta di fratelli e sorelle di culture diverse ma sento anche il bisogno che tutti insieme costruiamo un ‘nuovo noi insieme con loro'”. Lo ha detto l’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, intervenendo al convegno “Non per mare”, promosso da Caritas Italiana e Caritas Ambrosiana all’Università Cattolica di Milano, per presentare il rapporto sui corridoi umanitari.

“Dobbiamo chiederci che comunità vogliamo costruire: una comunità che si basa sui muri e i porti chiusi o una che costruisce le condizione affinché gli altri, i migranti, gli stranieri, non diventino come noi ma parte di noi” ha affermato il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, sottolineando che “questa è la sfida culturale che abbiamo voluto cogliere aderendo alla proposta dei corridoi umanitari fattaci del Caritas italiana”.

Caritas Ambrosiana ha spiegato che il programma umanitario, avviato in virtù di un protocollo d’intesa sottoscritto nel 2017 tra la Cei e i ministeri degli Affari esteri e dell’Interno insieme con la Comunità di Sant’Egidio, ha consentito fino ad ora l’arrivo in sicurezza in Italia di 500 richiedenti protezione internazionale che vivevano nei campi profughi dell’Etiopia, Giordania e Turchia. Individuati tra i più vulnerabili, i beneficiari sono stati complessivamente 106 famiglie, nelle quali sono inseriti 200 minori, il 58% dei quali bambini sotto i 10 anni. Giunti in Italia, hanno trovato accoglienza in 47 Caritas diocesane di 17 regioni, in strutture, per lo più appartamenti di parrocchie, istituti religiosi o privati cittadini, presenti in 87 comuni, secondo un modello già sperimentato nella rete diocesana (attraverso il progetto “Protetto. Rifugiato a casa mia” lanciato dopo l’appello del Papa nel 2015), e volto a coinvolgere nell’accoglienza le diocesi, le famiglie, singoli cittadini, le comunità locali, attraverso la messa a disposizione di vitto, alloggio, corsi di lingua, iscrizione scolastica, dei minori, assistenza sanitaria e psicologica nei casi di vulnerabilità rilevati, assistenza legale/amministrativa, avviamento all’inserimento lavorativo.

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