Montreal, proteste per rimozione crocefisso da sala consiliare

IL "Cittadino canadese" contro la scelta

APR 15, 2019 -

Roma, 15 apr. (askanews) – La decisione delle autorità di Montreal di rimuovere il crocefisso dalla sala del consiglio comunale suscita la protesta del “Cittadino canadese”, espressione della comunità italiana in Canada. Ne scrive in un editoriale il direttore Vittorio Giardino.

La Storia non si cambia, non si sceglie e non si rinnega: si studia, semmai, per interpretare il presente e anticipare, nei limiti del possibile, il futuro. Con spirito critico, certo, ma sempre con ossequioso rispetto. Perché la storia resta “magistra vitae”. In Québec, invece, terra in declino spirituale dopo la Rivoluzione Tranquilla degli anni ’70, da qualche settimana assistiamo ad una nuova spinta laicista di cui nessuno sentiva la necessità (il tema ‘agita’ i politici, non le piazze) e che mira a trasformare la Belle Province da storica roccaforte cattolica ad avanguardia del laicismo più relativista e fondamentalista. Se ne parla da una decina d’anni, è vero, ma nessuno si era ancora stracciato le vesti per accelerare un’ulteriore svolta post-secolare. Nemmeno gli immigrati più fanatici che professano altre religioni. Ad avere fretta, chissà perché, sono solo i nostri politici, il Comune e il governo provinciale. E così, sull’onda del sentimento anti-cristiano che investe i nostri tempi, complici le odiose denunce di pedofilia che si moltiplicano anche nella Belle Province (un crimine orribile che noi condanniamo ‘senza se e senza ma’), a fare da apripista è stata la Sindaca di Montréal, Valérie Plante, che ha annunciato l’intenzione di staccare la Croce dal muro della Sala consiliare. A ruota, le si è accodato il Primo Ministro del Québec, François Legault, che, rassicurato dal voto unanime dell’Assemblea Nazionale e in scia al progetto di legge sulla laicità dello Stato, ha fatto sapere che anche il Crocifisso che pende sulla parete del Salone Blu sarà rimosso. “Incompatibile con una società laica e moderna”, la giustificazione di entrambi. Croci cristiane al bando dagli edifici pubblici, dunque: per essere più “politically correct” e ‘accontentare’ i nuovi arrivati, si sacrifica la propria religione, la propria storia, la propria identità e il proprio patrimonio culturale sull’altare di una laicità dominata da un multiculturalismo oscurantista e repressivo. Fino al punto di calpestare e rinnegare la propria secolare Identità Cristiana. Da 400 anni, infatti, la Belle Province si fonda su due pilastri-cardine sintetizzati dalla ‘vituperata’ Croce Cristiana: la cultura francese e la religione cattolica, che formano l’armatura di base che ha permesso di integrare le altre componenti della sua attuale identità pluralista. La Croce non è merce di scambio e non può essere ridotta a folklore popolare o a fenomeno di costume. La Croce non è una bomboniera, un soprammobile o un cimelio da appendere al muro, così come non è solo la raffigurazione plastica del mistero della Resurrezione: la Croce è un simbolo storico intriso dei valori caratterizzanti la civiltà occidentale che per secoli hanno forgiato l’identità spirituale e culturale del popolo quebecchese. In Québec, tutte le religioni sono benvenute e uguali davanti alla legge, ma non tutte hanno lo stesso peso davanti alla Memoria. Ripudiare le nostre origini cristiane significa fare ‘tabula rasa’ dei nostri princìpi e delle nostre convinzioni più radicate. Princìpi e convinzioni che proprio quella Croce appesa al muro, anche negli uffici pubblici, ci aiuta a ricordare e a rispettare. Stelle polari imprescindibili in una società sempre più globalizzata, che vive in un eterno presente.