sabato 22 settembre 2018
Il killer ha pregato per la sua vittima, una delle innumerevoli vittime della sua ferocia, e per la famiglia ferita, nel giorno del 25esimo anniversario dell’omicidio
Il killer ha pregato per la sua vittima, una delle innumerevoli vittime della sua ferocia, e per la famiglia ferita, nel giorno del 25esimo anniversario dell’omicidio

Il killer ha pregato per la sua vittima, una delle innumerevoli vittime della sua ferocia, e per la famiglia ferita, nel giorno del 25esimo anniversario dell’omicidio

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Il killer ha pregato per la sua vittima, una delle innumerevoli vittime della sua ferocia, e per la famiglia ferita, nel giorno del 25esimo anniversario dell’omicidio. L’assassino è Gaspare Spatuzza, soprannominato 'u Tignusu' (il calvo), uno dei più sanguinari boss di Cosa nostra, da dieci anni collaboratore di giustizia; la vittima è il beato padre Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, il martire sulle cui orme ha camminato papa Francesco nella recente visita pastorale a Palermo. «Spatuzza si è fatto vivo qualche giorno prima del 25esimo anniversario, per far sapere ai familiari di don Pino che il 15 settembre, mentre la città sarebbe stata in festa per accogliere il Papa, lui avrebbe trascorso la giornata a pregare per padre Puglisi e per la sua famiglia».

Lo ha rivelato Maurizio Artale, presidente del Centro Padre Nostro fondato dal sacerdote martire durante un incontro pubblico (la presentazione del libro di Fulvio Scaglione) alla presenza dei fratelli di don Pino, Gaetano e Franco, e dell’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice. Poche parole, nulla di più, ma che assumono un significato particolare in considerazione del cammino di collaborazione, dissociazione e conversione che, come attestato da più parti ormai da anni, il pluriergastolano Gaspare Spatuzza sta compiendo, e alla luce dell’appello alla conversione pronunciato da papa Francesco durante l’omelia di sabato scorso al Foro Italico di Palermo. Spatuzza, affiliato sin da giovanissimo alla cosca di Brancaccio guidata dai fratelli Filippo e Giuseppe Graviano (mandanti dell’omicidio di padre Puglisi) è un personaggio controverso, passato ai 'raggi x' da inquirenti e giudici, analizzato da sociologi e storici del fenomeno mafioso. Assieme a Salvatore Grigoli, fa parte del commando incaricato di uccidere quel parroco, che in tre anni cerca di cambiare la storia di un quartiere di periferia. Spatuzza e Grigoli (anche lui reo confesso) lo affiancano, la sera del suo 56esimo compleanno.

'U tignusu' inscena la rapina, strappa il borsello a don Puglisi, ma incrocia il suo sguardo e il sorriso con cui dice «Me l’aspettavo». Spatuzza è anche l’uomo-chiave della svolta nelle indagini sulle stragi del 1992 poiché svela i depistaggi dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Della sua vera conversione sono convinti i cappellani che nelle carceri di mezza Italia hanno frequenti colloqui con lui, lo accompagnano in un percorso di ricerca interiore, agli studi di teologia. Racconta nel dettaglio tutti i passaggi un libro della sociologa Alessandra Dino ('A colloquio con Gaspare Spatuzza', Il Mulino), che lo ha incontrato nove volte tra la fine del 2012 e l’ottobre 2013, in carcere. Di «pentimento nel senso cristiano» parla il presidente del Centro Padre Nostro nella sua tesi di teologia, dedicata agli scritti del sacerdote martire: «Il beato Giuseppe Puglisi ha saputo fare breccia nei cuori di queste due persone, così lontane da Dio». E riporta la lunga lettera scritta da Spatuzza nel giugno 2014, indirizzata ai fratelli Puglisi e a quanti ne continuano l’opera, chiedendo perdono. Parola questa, su cui la famiglia di don Pino è sempre stata molto cauta. Ma nell’ultimo libro di Scaglione, il fratello Franco Puglisi lascia una porta aperta: «Se ciò che Spatuzza racconta di sé è vero, io lo posso perdonare».

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