martedì 5 dicembre 2017
La XV edizione del Premio San Bernardino per la pubblicità socialmente responsabile è andata a un video sulle diseguaglianze di genere e a un altro sulle persone affette da Sindrome di Down
Indesit e Coordown: ecco le pubblicità vincitrici del Premio San Bernardino
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Sono stati Indesit UK e Coordown ad aggiudicarsi la XV edizione del Premio San Bernardino per la pubblicità socialmente responsabile. Il riconoscimento è stato assegnato questa mattina nell’Aula Magna della Lumsa di Roma.

I vincitori: Indesit Uk

Indesit ha lanciato una campagna #DoItTogether che punta i riflettori sulla tematica della parità di genere e in particolare sulle faccende domestiche che ancora sono svolte dalle donne in misura più consistente rispetto agli uomini.

La campagna #DoItTogether, realizzata dall’agenzia J. Walter Thompson Milano, ha vinto nella categoria delle aziende “profit”. “È stata scelta la strategia dell’ironia - ha affermato Giuseppe Salinari, General Manager della J. Walter Thompson – la campagna gioca con il clichè della casalinga raccontando la gender equality, uno dei temi più attuali del momento. Abbiamo voluto affermare con forza attraverso un linguaggio comune e leggero che gli stereotipi di genere si possono superare”.

Tra i finalisti della sezione profit ha ottenuto apprezzamento anche la campagna sociale Moms don't quit della agenzia Fcb Milan, un'iniziativa contro quei pregiudizi che spingono ogni anno migliaia di donne a scrivere la loro lettera di dimissioni, costrette a scegliere tra maternità e lavoro.

I vincitori: Coordown

Per la categoria “non profit” il riconoscimento è stato assegnato al video #NotSpecialNeeds, realizzato dall’agenzia pubblicitaria Publicis New York, per la campagna lanciata dall’Associazione Coordown in occasione del World Down Syndrome Day, che si celebra ogni 21 marzo, con una grande domanda: quali sono i bisogni speciali delle persone con la sindrome di down? Erano presenti alla premiazione il presidente Antonella Falugiani e Irene Galli, la giovane che ha emozionato la platea dell’ONU con il suo discorso lo scorso marzo a New York.

“La campagna parte da un modo di dire inglese ‘special needs’, che indica le persone con disabilità, – ha affermato Oreste Torre, addetto stampa di Coordown – lo spot vuole far vedere come le persone con sindrome di down hanno gli stessi bisogni di tutti. Siamo partiti da un’espressione socialmente accettabile per stigmatizzarla, usando un tono ironico perché secondo noi, questa espressione è poco inclusiva, fa riferimento a due mondi che possono parlarsi, incontrarsi ma restano distinti, così abbiamo fatto riferimento ironicamente a situazioni paradossali: farsi massaggiare da un gatto, vestire una pesante armatura o mangiare uova di dinosauro, queste sono esigenze speciali. I ragazzi con sindrome di down possono avere bisogno di un sostegno, di un aiuto ma ciò non cambia la natura dei loro bisogni… umani”.

Gli altri premi

Il Premio Giovane Pubblicitario 2017 è stato assegnato a Na Cheng, dell’Istituto Confalonieri di Roma, indirizzo grafico pubblicitario, per il progetto assegnato da D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza. Il riconoscimento è stato conferito, come si afferma nella motivazione letta da Gianna Ulizio, dell’Associazione Di.Re, per “la capacità di elaborare in modo creativo il messaggio sulla violenza contro le donne per la prossima campagna sui social network dell’associazione”. La studentessa svolgerà uno stage presso una prestigiosa agenzia pubblicitaria.

“Il Premio S. Bernardino si conferma un appuntamento importante per il mondo della pubblicità in Italia – ha affermato Egidio Maggioni, presidente dell’agenzia di comunicazione MAB.q che fin dall’inizio ha organizzato il premio – e sta sviluppando anche a livello internazionale. La formazione etica dei giovani pubblicitari è da sempre tra gli obiettivi di questo riconoscimento dedicato al ‘genio della comunicazione’ che è stato san Bernardino”.

Il dibattito

Si guarda anche distrattamente le pubblicità, eppure i media hanno modificato la narrazione pubblicitaria. E dunque anche il modo con cui gli spot influenzano il pensiero delle persone. Ed è dunque il passaggio dallo storytelling allo storyselling - cioè come, attraverso un racconto, le aziende cerchino oggi di raggiungere la maggior visibilità del prodotto inserendolo in un meccanismo narrativo - il cuore del ragionamento nel pomeriggio di studio organizzato oggi alla Lumsa all'interno del premio San Bernardino alla pubblicità etica. L'università è cambiata come la società, dice nel suo messaggio di saluto il rettore dell'università Francesco Bonini, aggiungendo che «ciò ha fatto emergere la necessità e l'importanza delle relazioni, visto che l'università si fa con relazioni di qualità».


Anche la pubblicità innesca delle relazioni, che è quindi importante riconoscere. «Raccontare è innanzitutto far vedere - premette il prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, monsignor Dario Edoardo Viganò - e sarà sempre un racconto a costituire la memoria del modello», sfatando la teoria tecnocentrica per cui è la tecnica del mezzo di comunicazione a fare i contenuti. Perciò in un contesto comunicativo di iper-esposizione e iper-condivisione, «il ruolo strategico nella pubblicità lo avrà sempre la buona storia», perciò chi si occupa di advertising avrà «la responsabilità formativa perché la pubblicità aiuta a costruire un bagaglio memorabile e ad aprire orizzonti».

La via giusta, secondo il presidente della fondazione Pubblicità progresso Alberto Contri, è «tornare a fare come i cantastorie, per catturare l'attenzione dello spettatore che cerca sempre più storie interessanti». La modernità infatti ci fa illudere di essere multitasking, ricorda il docente di Comunicazione sociale alla IULM, «così affrontiamo la complicazione antropologica di vivere di frammenti» e «l'economia della costante attenzione parziale». Ecco perché torna di moda la "tradizionale" logica in pubblicità di raccontare una buona storia.




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