sabato 3 marzo 2018
La Corte Suprema dà ragione ai latifondisti: il nuovo codice che aumenta anche l'area coltivabile, è legittimo. Solo tra il 2015 e il 2016 sono stati distrutti 8mila metri quadrati di foresta
Il Brasile condona chi disbosca. Scoppia la protesta
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Il codice forestale è «costituzionale». Inclusi i due punti più controversi: l’aumento dell’area coltivabile in Amazzonia e l’amnista per quanti, prima del 2018, abbiano illegalmente abbattuto gli alberi della foresta. La legge è entrata in vigore nel 2012. All’epoca, al governo c’era Dilma Rousseff, che la dovette firmare per non perdere il consenso dei parlamentari latifondisti, la cosiddetta “bancada ruralista”. Un “pacchetto chiave” di voti al Congresso: del gruppo fanno parte 231 deputati e 25 senatori. La presidente si limitò a porre il veto a 9 articoli, i più permissivi.

Una raffica di ricorsi – presentati da Procura e opposizione – sono riusciti, successivamente, a portare il caso di fronte alla Corte suprema. Che, dopo 5 anni di discussioni, ne ha confermato la legittimità. Nel frattempo, al Palazzo di governo di Planalto, c’è stato il cambio della guardia tra Rousseff – sottoposta a impeachment nel 2016 – e Michel Temer, da sempre vicino ai proprietari terrieri. Non a caso, l’attuale leader ha più volte difeso il nuovo codice. Quello precedente, del 1965 – approvato durante la dittatura, non proprio attenta alla difesa dell’ambiente – imponeva ai proprietari agricoli di preservare il territorio, lasciando incolta una quota tra il 20 e l’80 per cento della superficie posseduta. Ora tale vincolo è stato “allentato”: la quantità di terra non coltivata è stata fissata a 290mila chilometri quadrati.

Vengono cancellate, inoltre, le multe per chi ha disboscato in Amazzonia, prima del 2008. La cifra condonata, secondo una recente inchiesta del quotidiano Folha de São Paulo, ammonterebbe a più di due miliardi di euro. La lobby latifondista sostiene che la maggior flessibilità favorirà la crescita del settore agricolo, uno dei pilastri dell’economia brasiliana. Gli ambientalisti, però, sono insorti. «Siamo molto preoccupati», spiega ad Avvenire Cleber Buzatto, segretario esecutivo del Consiglio indigenista missionario (Cimi), organismo legato alla Conferenza episcopale brasiliana. Questa legge «sta già avendo un impatto terribile sia sulla foresta sia sui popoli che la abitano », aggiunge. Secondo l’Istituto dell’uomo e dell’ambiente dell’Amazzonia, dal 2012 – anno in cui ha raggiunto uno dei minimi storici – la deforestazione è cresciuta del 75%. Con quasi 8mila chilometri quadrati di foresta distrutti tra l’agosto 2015 e il luglio 2016.

Al contempo, si è fatta più intensa la violenza contro i popoli indigeni, come rivela l’ultimo rapporto del Cimi: nel 2016, ogni tre giorni, è stato assassinato un nativo. «L’amnistia, ribadita dalla Corte, assicura l’impunità a chi viola le norme ambientali. E incentiverà i latifondisti ad incrementare la pressione per espandere le coltivazioni», conclude Buzatto.

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