L’apporto di umanità delle religioni
martedì 5 febbraio 2019

Il fatto che il Vescovo di Roma partecipi, in una terra di cultura islamica, a un importante evento di dialogo interreligioso a tutto campo, è certamente un segno da leggere, interpretare e vivere con simpatetica partecipazione. Che non siano gli islamici a recarsi ad Assisi per il dialogo interreligioso, ma il Papa ad andare "fuori" dal proprio ambiente culturale e religioso non è irrilevante, né da considerarsi in termini meramente propagandistici o alternativi rispetto ad altri momenti singolari ed eccentrici rispetto alla nostra tradizione. Il raccoglimento di papa Benedetto XVI nella moschea blu di Istanbul nel 2006 è un precedente indimenticabile.

Il gesto/segno e l’evento che stiamo seguendo con attenzione e pathos hanno qualcosa da dire al mondo intero, e all’Occidente in particolare: le religioni hanno un messaggio da lanciare a questa società che rischia la perdita dell’umano e l’abisso della dispersione: c’è un unico Dio, in una dimensione di trascendenza assoluta, che ci porta a relativizzare il nostro assolutismo antropocentrico ed etnocentrico.

In particolare le religioni abramitiche non possono non allearsi in questo contesto conflittuale: le stesse radici veterotestamentarie e cristiano-nestoriane della religione coranica affermano qualcosa di decisivo. La moschea dedicata alla madre di Gesù, che richiama la sura XIX del Corano è un simbolo significativo per tutti. Lo dobbiamo abitare e sperimentare per poterlo esprimere nell’oggi della nostra storia. Da soli non andiamo da nessuna parte e siamo tutti destinati al declino e alla sconfitta.

E se l’Europa, terra di antica cultura cristiana, appare in difficoltà nel confronto con l’islam , questo avviene - come ha sottolineato giustamente il vescovo Camillo Ballin, vicario apostolico in Arabia - «perché l’Europa non fa figli». Non fa figli – e non solo in senso biologico, ma di fatto non genera persone strutturate – e non custodisce e trasmette le proprie radici ebraico-cristiane, in nome di un laicismo deteriore, che nulla ha a che fare con l’autentica laicità, che invece denomina l’appartenenza a un popolo. Del resto senza l’ebraismo e il cristianesimo l’islam risulterebbe del tutto incomprensibile.

In rapporto poi alle esperienze religiose che fanno riferimento alla natura e propongono modelli olistici di integrazione dell’uomo con l’universo degli esseri, non possiamo solo proporci in direzione alternativa e critica, bensì siamo chiamati a recuperare ed elaborare, anche teologicamente, quella che oggi denominiamo la dimensione cosmicoantropologica della rivelazione, dove il peccato ha rotto l’armonia dell’uomo con Dio e con gli altri, e ha anche lacerato la relazione uomo-natura.

Questo è un orizzonte significativo e fecondo per l’alleanza di tutte le esperienze religiose che in questi giorni si stanno incontrando negli Emirati Arabi Uniti. Il tema della creatività, che la sfida della tecnica propone e ripropone in ogni passaggio epocale, non può mettere in ombra il legame creaturale e il senso del limite, da cui ogni esperienza religiosa trae origine. Ciascuno è chiamato a guardare e andare oltre, accompagnando questo evento e quelli che seguiranno con la riflessione e l’orazione, ma soprattutto declinando la parola chiave, che lo guida e lo anima: pace.

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