Mafia nel Metapontino, quando i delinquenti erano quelli che denunciavano

Dall'escalation alla sottovalutazione. passando per l'inerzia delle istituzioni. Gli arresti della scorsa settimana ci dicono che qualcosa sta cambiando

Quanti anni persi per la complicità della mala politica e l’incapacità delle istituzioni. Se non vogliamo cadere dalla padella alla brace, è ora che la politica buona faccia un passo avanti e rioccupi lo spazio di quella vecchia, prima che le bande armate si stabiliscano definitivamente a casa nostra e nelle nostre menti.

Nel febbraio 2015 venni convocato dalla Prefettura di Matera per il Tavolo Ordine e Sicurezza insieme alle altre Organizzazioni Professionali Agricole, ai sindaci del Metapontino, alla Regione, alla Provincia, al Comandante dei Carbinieri, della Forestale, della Finanza ed al Questore. Nei giorni precedenti era stata incendiata l’ennesima azienda agricola e io, come facevo da tempo denunciando l’intreccio fra crisi economica, usura, vendite all’asta, racket e criminalità, avevo ancora una volta chiesto conto del “perché” la procura della Repubblica di Matera, invece di perseguire i responsabili, continuava a sostenere che fossero “cortocircuiti” e a non fare indagini.  I giornali ne avevano dato, ancora una volta, ampiamente conto.

L’incontro cominciò con queste parole del Prefetto Pizzi (cito a memoria): “Ho convocato questa riunione perché sono molto preoccupato dalle notizie che riportano i giornali. Usura, racket, mafia…. Fra poco inizia la stagione turistica e quella delle fragole … che figura ci facciamo? Ne possiamo avere un danno enorme! E poi … notizie senza prove, nessuna denuncia, parole riportate da preti contro il racket e l’usura. Senza denunce e senza riscontri. Vero, Fabbris?” Gelo!

Nel pieno del tavolo istituzionale venivo apertamente accusato dal Prefetto di diffondere, insieme a “qualche prete”, notizie false che danneggiavano il territorio parlando di mafia nel Metapontino. Fu scontro col Prefetto e con alcuni sindaci (si distinse per la virulenza dell’attacco nei miei confronti l’allora sindaco di Policoro, Rocco Leone) che mi accusavano apertamente di “Demagogia e strumentalità” perché il Metapontino non era quello della crisi e dell’avanzare della Mafia che io denunciavo.
Un passaggio mi colpì particolarmente; quando ricordai al Prefetto che persino il Ministro degli interni nella sua relazione annuale al Parlamento aveva sostenuto che “l’aumento della criminalità in Basilicata e i rischi di penetrazione mafiosa erano legati a due circostanze: i ritardi con cui si elargivano gli indennizzi agli alluvionati e l’azione del trust commerciale sui prodotti agricoli”, il Prefetto alzò le spalle e disse: “Quella è politica, si sa come si fa!”.
Io, pur abituato a mille battaglie, rimasi turbato e mi interrogai su cosa stesse accadendo dal momento che percepii quella riunione come una intimidazione nei miei confronti e nei confronti di quanti come me denunciavano la situazione e di quei giornalisti liberi che ne parlavano apertamente.
Non lo sapevo ancora ma, evidentemente, il Prefetto era a conoscenza che stava per arrivare la Commissione Antimafia preoccupata per la situazione; infatti la mattina dopo fui formalmente invitato per conto della Presidente Rosy Bindi all’audizione che qualche giorno dopo  avrebbe tenuto a Matera presso la Prefettura.
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L’audizione ebbe dell’incredibile. Per le forze dell’ordine e il Prefetto stesso, tutto era sotto controllo e non c’era da preoccuparsi, la Procuratrice della Repubblica di Matera non si presentò nemmeno mandando una sua sostituta che disse “Io non mi occupo di mafia, sono qui perché ero di servizio e mi hanno chiesto di venire ma non so proprio di cosa si parla”.
Per le organizzazioni professionali agricole il problema mafia non esisteva. Coldiretti, Cia, Confagricoltura e il Distretto Agroalimentare del Metapontino sostenevano che i propri iscritti non riferivano nulla, dunque non doveva esserci nulla.
Gli unici che denunciammo l’avanzare della Mafia fummo io e Don Marcello Cozzi che intervenimmo più volte descrivendo particolari e illustrando i fatti.
Ricordo in particolare una frase che feci mettere a verbale denunciando l’assenza di indagini serie: “Se cerchi la Mafia nel Metapontino e in Basilicata come se la cercassi a Casal di Principe o a Corleone, allora due sono le possibilità: o non sai fare il tuo mestiere o non vuoi fare il tuo mestiere”.
Pagai caro quei passaggi. La dottoressa Gravina (Procuratrice della Repubblica di Matera) che io avevo avuto modo più volte di criticare, qualche mese dopo chiese il mio arresto dopo aver esibito alla Commissione Antimafia (dove fu costretta a recarsi per essere ascoltata a Roma) un dossier su di me accusandomi di essere un sovversivo e criminale.
Ma, col senno di poi ed alla luce di quanto sta accadendo con gli arresti nel Metapontino per Mafia, quattro anni dopo quelle denunce, è lecito chiedersi perché sia passato tutto questo tempo prima che la magistratura e le istituzioni intervenissero e, soprattutto, perché hanno negato prima con tanta arroganza il venire avanti del fenomeno e l’intreccio fra crisi economica e istituzionale e penetrazione della criminalità organizzata.