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Adolescente degli anni 2000

Francesca, ragazza bergamasca convertita all’Islam: “Con il velo sono felice”

Una donna rilassata, soddisfatta, tranquilla, convertita all’Islam, disponibile a raccontarci la sua storia

Anni fa ho conosciuto Francesca: una ragazza irrequieta, un po’ nervosa e irruente, chiusa nei suoi difficili problemi, atea convinta. Per alcuni anni non l’ho più vista, così qualche giorno fa le ho proposto di trovarci per un tè. Sono uscita convinta di incontrare la persona che era un tempo, per quanto cresciuta, ma ho avuto la piacevole occasione di conoscere Amal: una donna rilassata, soddisfatta, tranquilla, convertita all’Islam, disponibile a raccontarmi la sua storia.

Ci conoscevamo già prima del 2014, ma quello è stato un anno importante in cui l’intero sistema dei media cominciava a parlare incessantemente di un fenomeno in espansione, che spaventava la comunità mondiale e che, in parte, la coglieva impreparata: l’ISIS. Mentre il fondamentalismo musulmano si diffondeva e progettava di colpire gli stati europei, la tumultuosa quotidianità di Francesca proseguiva incessante in una scuola cattolica della provincia di Bergamo. Tra una lezione e una preghiera di accoglienza del mattino, la sua spiccata attenzione per la realtà circostante suscitò in lei una domanda spaventata: “Come possono milioni di persone nel mondo professare una fede che culmina in stragi di uomini?” Era il periodo tra la quarta e la quinta superiore e i dubbi spirituali le attanagliavano i pensieri già da qualche anno, a causa di gravi problemi in famiglia e per la pressione di un’istituzione scolastica a tratti opprimente.

“Come può esistere Dio se accade tutto questo?”: un altro interrogativo, comune a molti atei, ma in lei tanto insistente da sembrarle quasi una richiesta di aiuto, lungo l’impervio cammino della sua crescita esistenziale. Accolte le sue difficoltà, si decise quindi ad approfondire la conoscenza dell’Islam, sperando in una risposta per l’umanità di fedeli che sceglie di praticare questa religione e forse, nel suo inconscio, anche in una per la sua tormentata inquietudine profonda. Provò a trovare delle spiegazioni con Google e, navigando di sito in sito, approdò su Youtube. Dopo essersi barcamenata tra le informazioni sui musulmani e aver sfatato alcuni falsi miti, qui sperò di poter ormeggiare i pregiudizi e scendere nella conoscenza, ascoltando la recita di una sura. Improvvisamente un’ondata di emozione la travolse, sommergendola nelle sue stesse lacrime che iniziarono a scorrerle sulle guance, lasciandola fluttuare tra il sollievo e il benessere interiore.

Un’esperienza mistica che culminò nella scoperta del titolo del capitolo del Corano appena ascoltato: “Ar-Rahman” ossia “Il Misericordioso”, uno dei 99 nomi di Dio. Le acque spirituali in cui nuotavano le sue perplessità si calmarono improvvisamente, lasciandola galleggiare nella consapevolezza che, finalmente, il suo fondale interiore era pronto a permetterle di ancorarsi ad una solida certezza: la fede in Allah sarebbe stata in grado di completarla. Mi ha raccontato questa sua intensa vicenda personale con il sorriso sulle labbra e il velo in testa. Fin dall’inizio, mi ha incuriosito il suo orgoglio nell’indossare un accessorio così criticato, considerato da molte donne come una forma di oppressione, ma mi ha spiegato:

“Il velo non è un obbligo e non deve essere imposto con la violenza, è un precetto del Corano che alcune persone scelgono di seguire. Io lo metto quando mi sento di farlo in piena libertà.”

In famiglia come hanno preso questa tua decisione? Sia la questione del velo, sia la tua conversione in senso generale…

“In famiglia hanno accettato, anche se con alcuni timori. Mia mamma inizialmente temeva che fossi stata in qualche modo traviata da qualcuno, magari un uomo, poi ha capito che così sono felice quindi ora lo è anche lei; mia sorella è più titubante e a volte mi provoca su alcune questioni, ma abbiamo sempre avuto un rapporto vivace. Mia nonna, invece, è l’unica che non è a conoscenza del fatto perché temo possa faticare a comprendere le mie ragioni e che magari possa starci male; non voglio rischiare dato che è anziana e cattolica convinta. Per questo motivo, quando c’è lei non indosso il velo e così anche nel mio paese per non rischiare che qualcuno le riferisca qualcosa.”

In giro, invece, ti è mai capitato di sentirti giudicata?

“Mi è capitato che le persone mi guardassero male purtroppo, o che pensassero fossi straniera. Quando sono sui mezzi pubblici e noto che gli altri non mi si avvicinano, magari tento di far capire le mie buone intenzioni rivolgendo un sorriso; altrimenti dico qualche parola in italiano o in dialetto come dimostrazione del fatto che sono italiana. Le situazioni peggiori, comunque, accadono sui social dove sono stata anche insultata e minacciata pesantemente, trovandomi costretta ad auto-censurarmi in alcuni casi.”

Come funziona la preghiera? Frequenti la moschea?

“Si dovrebbe pregare 5 volte al giorno, ma non sempre è possibile. Ho il mio tappeto per farlo e in università, dove trascorro molte ore, abbiamo ricavato un posticino in un sottoscala. Sui mezzi pubblici cerco di evitare anche di tenere in mano il Corano perché a volte mi è capitato di essere presa di mira o di ricevere gli insulti di altri viaggiatori per le mie letture. Frequento la moschea di Sesto San Giovanni che è quella ufficiale; l’imam è molto bravo, disponibile e soprattutto vuole essere trasparente per questo pubblica sui social tutti i suoi discorsi, anche in italiano. Ci tengo che le moschee illegali vengano perseguitate e desidero che sia tutto controllato perché voglio essere al sicuro e poi penso che non ci sia nulla da nascondere.”

Nel cristianesimo il battesimo sancisce l’ingresso nella comunità dei fedeli, esiste un rito analogo anche per la religione musulmana?

“Sì, esiste, ma ho preferito mantenere privatamente la mia conversione perché, nella situazione attuale in cui mi trovo e in cui vengono stigmatizzati i musulmani, preferisco sia così. Ho scelto però un nome nuovo che, seppur non scritto nei documenti ufficiali, i miei amici, parenti e conoscenti possono utilizzare per chiamarmi: Amal, vuol dire speranza, come quella che l’Islam mi ha dato. A differenza di ciò che ho sempre detto, infatti, penso di non essere mai stata atea, piuttosto agnostica: cercavo spiegazioni su quello che accadeva nel mondo e su Dio, ma non ho mai veramente creduto nella sua assenza.”

Grazie, Amal.

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