Vendite giornali febbraio 2018: continuando così in 10 anni saranno estinti

di Sergio Carli
Pubblicato il 20 Aprile 2018 - 14:00 OLTRE 6 MESI FA
Vendite giornali febbraio 2018: continuando così in 10 anni saranno estinti

Vendite giornali febbraio 2018: continuando così in 10 anni saranno estinti

ROMA – Giornali quotidiani, le vendite in edicola nel mese di febbraio 2018 confermano la tendenza generale verso l’estinzione, con alcune eccezioni. Lo certifica la Ads (accertamento diffusione stampa) nel suo ultimo bollettino. Tolti alcuni giornali locali, che potete individuare da soli studiando un po’ la tabella qua sotto, il grosso dei quotidiani italiani, se continuerà a perdere copie al ritmo ormai consolidato da qualche anno, tirerà le ultime mille copie fra dieci anni.

Li avrà preceduti, fra 5 anni, Repubblica, ultimo o quasi arrivato nel 1976, dolorosamente primo a uscire. Senza grandi radicamenti locali, con un pubblico allo sbando, sembra imitare da sinistra il destino dell’inglese Independent, con cui fu imparentata per un periodo nei primi anni ’90.

Tutte le notizie di Blitzquotidiano in questa App per Android. Scaricatela qui

Tutte le notizie di Ladyblitz in questa App per Android. Scaricatela qui

Le vendite in edicola di Repubblica calano al ritmo di 30-35 mila all’anno. Ne ha venduto un po’ più di 150 mila sia in gennaio sia in febbraio. Dividete 150 per 30, il risultato è 5. Potete rifare il calcolo per i giornali della tabella, facendo la differenza fra le vendite di febbraio 2018 e 2017, per poi dividere, con quella differenza, il dato del 2018.

Vedrete che la maggior parte si estinguerà in dieci anni. Alcuni, se non cambia qualcosa in peggio, sopravviveranno. Gli altri, o cambiano direttore, o rivedono la loro presenza su internet (uno dei giornali con il sito più ricco e completo, il Gazzettino di Venezia, è fra quelli che perdono più copie; erano 54.782  nel 2015, 51.171 nel 2016, 47.199 nel 2017, sono state42.055 nel 2018, in accelerazione), o riescono a farsi pagare gli accessi al sito o le copie virtuali. Lo fanno in America in varia misura, dal Denver Post, al New York Times, al New Yorker e chissà quanti altri. O un po’ di tutto e altro ancora.

L’orizzonte è cupo da paura. Una volta vendite dei giornali e squadre di calcio o politica andavano abbastanza a braccetto. Vinceva lo scudetto la Juventus e la Stampa e Tuttosport registravano tirature monstre. Oggi tutto si scioglie nell’indifferenza. Sull’onda dell’avanzata comunista il Corriere della Sera diretto da Piero Ottone dilagava e poi spinta dalle mutazioni del Pci Repubblica superava tutti. Fino a quando un vecchio sindacalista comunista confidò a un mio amico: “Una volta, per sapere quel che succede nel mio partito, leggevo Repubblica, mo’ me conviene de legge l’Unità”.
Nel frattempo però l’Unità, sempre meno credibile, era praticamente morta. Questo può aiutare a capire perché il M5s sia il primo partito e il suo organo fiancheggiatore, il Fatto, prosegua sul piano inclinato, avendo venduto 32 mila copie, tre mila in meno di un anno fa. Marco Travaglio non è Scalfari e neppure Ottone, non vuole che si diffonda il suo verbo su internet e scrive letterine stizzite. Forse è un problema di quid, di come, pur avendo ragione, scegli e racconti le notizie.
Genova e Torino erano, nel 1945, città piene di operai, il cui numero è cresciuto in modo quasi esponenziale negli anni successivi. Mercato ideale per l’Unità, che aveva in quelle città edizioni locali con professionisti di prima grandezza. Eppure le due Unità hanno chiuso. E ha chiuso anche la Gazzetta del Popolo, hub dell’odio anti Fiat con Donat Cattin editore ombra. Torino sembrava un mercato propizio per Repubblica. Ma fecero una edizione torinese che parlava solo di Fiat e l’iniziativa si afflosciò. Gli operai ne avevano abbastanza di Fiat nelle 40 ore passate dentro la Feroce, i dirigenti le notizie le sapevano già, per i torinesi della Crocetta, core della nuova sinistra deoperaizzata, era solo fastidioso, un po’ come ricordare di continuo a uno che ha la moglie ricca.

Il macabro gioco che vi propongo è appunto un gioco, perché sono certo che a un certo punto la discesa si attenuerà fino a arrestarsi. Il problema saranno i conti. Resteranno i siti internet dei giornali, con la forza del rapporto fiduciario con i loro lettori.

Ma i ricavi pubblicitari da internet, dove la concorrenza si moltiplica all’infinito e dove nuovi concorrenti si affacciano quasi ogni giorno, sono una frazione di quanto rende l’oligopolio carta-tv. E la tv, in tempi burrascosi come gli attuali, completa l’opera iniziata con l’avvento di Berlusconi e dell’era del Biscione.

C’è un mio amico che ha una scrivania del primo ‘800, già di un notaio milanese. Sul davanti un intarsio raffigura l’aquila napoleonica che artiglia il biscione visconteo e milanese.
Ma fra gli editori, l’unico che tenne testa a Berlusconi fu Giovanni Giovannini e fra i politici l’allora ministro demitiano Sergio Mattarella e pochi eroi.
Poi Berlusconi, per cause che è penoso rievocare, umiliano la Sinistra e alcuni suoi uomini diciamo illustri e esulano da questo bollettino di guerra, si è preso tutto il Governo, ha resistito altri dieci anni da fuorilegge e ha sbaragliato tutti.
Poi arrivò Mario Monti con la sua visione della Rai che ha dato il colpo di grazia. In mezzo la Sky di Murdoch, che per vendicarsi di Berlusconi, ha tolto dal mercato il fatturato equivalente del Corriere della Sera nazionale. In Italia, persino internet arranca.
Questa digressione aggiunge gloom ai colori del quadro. La pubblicità evapora, se i ricavi dalla vendita delle copie in edicola si assottigliano, resta la strada dei tagli. E i tagli per amore dei tagli sappiamo dove portano. La strage alla Thyssen di Torino è figlia del taglio per amore del taglio, l’art pour l’art versione punto zero.
Ecco perché insisto a concentrare le mie meste note sulla copie vendute in edicola. Sono le uniche a prezzo pieno, l’unica fonte di ricavi che possa compensare la crisi della pubblicità. Non è una mia grande scoperta. Quelli del New York Times lo dicono. In passato, il rapporto fra vendite copie e pubblicità era 30 a 70. Ora è quasi capovolto: 60 a 40. Fino a quando qualcuno non sarà stato capace di valorizzare pubblicitariamente la versione digitale del giornale stampato (un’altra volta vi ammorberò con la differenza rispetto al sito internet), le copie vendute in edicola saranno cruciali per la sopravvivenza dei giornali.

Questo il quadro complessivo dei giornali a diffusione nazionale:

Quotidiani
nazionali
Vendite  febbraio 2018 Vendite  gennaio 2018 Vendite
febbraio 2017
Il Corriere della Sera 189.345 188.628 199.120
La Repubblica 152.863 151.214 187.945
La Stampa 115.637 116.342 120.503
Il Giornale 52.891 53.041 58.264
Il Sole 24 Ore 48.798 49.357 57.098
Il Fatto Quotidiano 32.563 32.045 35.606
Italia Oggi 17.932 24.027 29.680
Libero 23.003 22.666 24.537
Avvenire 21.174 24.232 18.926
Il Manifesto 7.834 7.566 8.430
La Verità  20.465 20.329 23.639

Hanno dimezzato le copie, rispetto al 2007, anche i giornali locali. Che comunque hanno retto l’urto della crisi e dell’avvento delle news online meglio dei giornali a diffusione nazionale. Nella tabella che segue li ordiniamo per numero di copie vendute.

Quotidiani
locali
Vendite  febbraio 2018 Vendite  gennaio 2018 Vendite  febbraio 2017
Il Resto del Carlino 88.144 89.048 93.098
Il Messaggero 79.042 81.110 88.729
La Nazione 64.670 64.606 68.898
Il Gazzettino  42.055 42.416  47.199
Il Secolo XIX  38.843 38.604  41.488
Il Tirreno  35.854 35.776  39.033
L’Unione Sarda  34.420 34.148  36.962
Messaggero Veneto  36.350 36.547  37.475
Il Giorno  40.565 41.333  39.678
Nuova Sardegna  30.472 29.892  33.106
Il Mattino  28.153 28.654  31.896
L’Arena di Verona  21.639 21.535  23.196
L’Eco di Bergamo  21.740 22.086  23.525
La Gazzetta del Sud  19.592 19.864  21.259
Il Giornale di Vicenza  20.201 20.374  21.886
Il Piccolo  19.281 19.683  20.883
La Provincia (Co-Lc-So)  17.877 17.824  19.150
Il Giornale di Brescia  18.261 18.231  19.214
Gazzetta del Mezzogiorno  17.819 18.006  19.130
Libertà  17.146 17.378  18.762
La Gazzetta di Parma  16.563 16.868  18.015
Il Mattino di Padova  16.745 17.094  18.180
La Gazzetta di Mantova  16.101 16.421  17.182
Il Giornale di Sicilia  13.371 13.611  14.528
La Sicilia  14.788 14.108  16.181
La Provincia di Cremona  12.429 12.523  13.133
Il Centro  11.428 11.560  12.470
Il Tempo  14.364 14.334  14.761
La Provincia Pavese  11.033 11.118  12.071
Alto Adige-Trentino  9.597 9.677  11.657
L’Adige  11.921 11.905  12.313
La Nuova Venezia  7.726 7.774  7.667
La Tribuna di Treviso  10.056 10.231  10.231
Nuovo Quot. di Puglia  9.135 9.238  9.966
Corriere Adriatico  12.316 12.543  13.567
Corriere dell’Umbria  9.810 9.959  9.598
La Gazzetta di Reggio  8.241 8.322  8.829
La Gazzetta di Modena  7.211 7.236  7.684
La Nuova Ferrara  6.025 6.061  6.355
Quotidiano del Sud  5.502 5.492  6.181
Corriere delle Alpi  4.721 4.722  4.805
Quotidiano di Sicilia  6.371 6.149  3.954
Il Telegrafo  1.265 1.266  ———

Nell’ultima tabella mettiamo insieme i dati di vendita (sempre in edicola) dei quotidiani sportivi, separando i risultati dell’edizione del lunedì, che è sempre quella più venduta.

Quotidiani
sportivi
Vendite  febbraio 2018 Vendite gennaio 2018 Vendite
febbraio 2017
Gazzetta dello Sport Lunedì 149.045 143.715 160.957
Gazzetta dello Sport 136.731 133.652 142.723
Corriere dello Sport Lunedì 79.543 80.483 100.927
Corriere dello Sport 69.536 70.737 85.673
Tuttosport Lunedì 50.976 46.815 63.314
Tuttosport 43.651 46.464 53.163

Perché insistiamo sulle vendite in edicola e teniamo distinte le copie digitali? Per una serie di ragioni che è opportuno riassumere.

1. I dati di diffusione come quelli di lettura hanno uno scopo ben preciso, quello di informare gli inserzionisti pubblicitari di quanta gente vede la loro pubblicità. Non sono finalizzate a molcire l’Io dei direttori, che del resto non ne hanno bisogno.

2. Le vendite di copie digitali possono valere o no in termini di conto economico, secondo quanto sono fatte pagare. Alcuni dicono che le fanno pagare come quelle in edicola ma se lo fanno è una cosa ingiusta, perché almeno i costi di carta, stampa e distribuzione, che fanno almeno metà del costo di una copia, li dovreste togliere. Infatti il Corriere della Sera fa pagare, per un anno, un pelo meno di 200 euro, rispetto ai 450 euro della copia in edicola; lo stesso fa Repubblica.

3. Ai fini della pubblicità, solo le vendite delle copie su carta offrono la resa per cui gli inserzionisti pagano. Provate a vedere un annuncio sulla copia digitale, dove occupa un quarto dello spazio rispetto a quella di carta.

Il confronto che è stato fatto fra Ads e Audipress da una parte e Auditel dall’altra non sta in piedi. Auditel si riferisce a un prodotto omogeneo: lo spot, il programma. Le copie digitali offrono un prodotto radicalmente diverso ai fini della pubblicità.