Grillo: Noi puri mai con nessuno. Delrio: Noi mai con la destra. Berlusconi: Mai col Pd…

di Riccardo Galli
Pubblicato il 19 Gennaio 2018 - 12:55 OLTRE 6 MESI FA
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Grillo: Noi puri mai con nessuno. Delrio: Noi mai con la destra. Berlusconi: Mai col Pd…

ROMA -Grillo: Noi, i puri, mai con nessuno. Delrio: Noi, il Pd, mai con la Destra. Berlusconi: Noi mai col Pd. E’ la campagna elettorale del mai con (oltre che dell’aboliamo tutto). E allora, se mai Tizio si allea con Caio e mai Caio si allea con Sempronio e Sempronio non si allea con Tizio, dopo aver votato che si fa? Si continua a far la “conta” all’infinito come ragazzini che non ci stanno?

A prenderla sul serio la campagna elettorale (e occorre dirlo anche le aspettative di gran parte dei rispettivi elettorati) portano a questo risultato: votare in eterno o giù di lì. Dimenticandosi tutti in suprema incoscienza di aver voluto legge elettorale proporzionale che ha come prole naturale i governi di alleanze. Tutti hanno voluto la legge elettorale proporzionale, primi tra tutti quelli che hanno votato No al referendum 4 dicembre 2016 per fermare Renzi, cancelare il maggioritario Italicum.

“Come se un panda mangiasse carne cruda”. Con la consueta eleganza dialettica Beppe Grillo, ultimo solo in ordine di tempo, ha confermato che il Movimento5Stelle dopo il voto non si alleerà con nessuno. Punto e basta. Prima di lui Graziano Delrio e lo stesso Matteo Renzi avevano detto che il Pd mai si sarebbe messo col centrodestra e, quello stesso centrodestra, per bocca di Silvio Berlusconi aveva assicurato che l’idea della “grande coalizione” era da escludere. E’ evidente che qualcuno mente. Che qualcuno come si dice ci fa, o altrimenti c’è, e sarebbe forse peggio.

A suggerire queste apparentemente drastiche conclusioni è la matematica. Il sistema con cui andremo al voto il prossimo 4 marzo è sostanzialmente proporzionale. E’ vero che esiste una quota maggioritaria e che questa avrà un gran peso su chi avrà alla fine più parlamentari. Ma nonostante questo rimane una legge proporzionale. Stando così le cose le stime dicono che per avere una maggioranza in Parlamento si deve raccogliere più o meno il 40% dei consensi. Dato che può avere una forbice variabile in funzione della distribuzione nei vari collegi dei consensi stessi. E seppure vogliamo considerare poco affidabili i sondaggi, sappiamo che comunque nessuna delle forze politiche citate, partiti o movimenti che siano, è vicina a quel traguardo.

Non lo è il Pd di Renzi per cui il 40% è un ricordo ormai lontanissimo e diventato ormai quasi mitico. Non lo è perché quel Pd si è spaccato e pagherà dazio nei confronti di Liberi e Uguali che gli sottrarrà voti e non lo è perché lo stesso Renzi, che al tempo delle europee calamitava speranze e voti, oggi rappresenta quasi una zavorra in termini di consenso. Ed è lontanissimo dal 40% anche il Movimento di Grillo. Movimento che è sicuramente la prima forza politica del Paese ma che, proprio in virtù della sua contrarietà, anzi vera e propria ostilità nei confronti delle alleanze politiche, difficilmente può vantare ambizioni di governo se non a parole.

Come è lontanissimo dal traguardo del 40% il redivivo centrodestra del redivivo Silvio Berlusconi. Lui, l’ex cavaliere, rimane tecnicamente incandidabile al momento. Ma il suo nome è un richiamo talmente forte per gli elettori che sarà comunque speso in lungo e in largo e sarà, verosimilmente, il primo partito e il traino degli alleati Lega e FdI. E allora? Allora per avere una maggioranza e fare un governo qualcuno dovrà smentire le promesse fatte. Berlusconi, Salvini e Meloni sono quelli, ad oggi, che più possono sperare di avere i numeri in Parlamento. Ma il margine è talmente stretto che non è affatto detto non abbiano bisogno se non di un’alleanza almeno di una ‘campagna acquisti’. Ma se le cose gli andassero peggio di come sembra ora, e per formare una maggioranza servisse molto più di una campagna acquisti, è credibile pensare che il modello ‘grande coalizione’, tornato in auge anche nella Germania che ha fatto di tutto per mandarlo in soffitta, non venga riproposto anche da noi? E a quel punto ‘mai col Pd’ diverrebbe un ricordo. Condizione speculare per il Pd che, ad onor del vero, di ambizioni di governo ne ha pochine. Più facile quindi mantenere la promessa ma se si realizzassero le condizioni per cui una maggioranza fosse di fatto impossibile senza un accordo centrodestra-centrosinitra, il Pd si assumerebbe la responsabilità di rimandare il Paese al voto?

Improbabile anche se i mercati preferirebbero probabilmente questo ad un governo pentastellato. Governo che potrebbe facilmente nascere e che gli uomini di Grillo come singola forza politica meriterebbero, almeno in termini numerici. Potrebbe nascere però solo considerando l’escursione sull’alimentazione dei panda di Grillo come una simpatica bugia. “Non siamo come loro” dice l’ex comico marcando la distanza da chiunque non sia sulla sua barca, ma per avere una maggioranza parlamentare ai 5Stelle, anche se andranno benissimo, servirà comunque un aiuto. C’è chi dice dalla Lega o da Grasso e i suoi. Poco importa, potrebbe essere anche dal Pd o da Casapound, quel che è certo è che senza alleanze i 5Stelle non avranno i numeri.

E’ infine significativo che Matteo Renzi, l’uomo che oggi rappresenta come detto un peso per il Pd con un ampia fetta di campagna elettorale impostata proprio sull’antirenzismo, sia l’unico che si è speso per il ‘Sì’ nell’ultimo referendum. Quella consultazione, è vero insieme a molte e forse più importanti questioni, avrebbe aperto la porta ad un sistema realmente maggioritario dove un partito come i 5Stelle, che raccoglieranno oltre il 30% dei voti, avrebbero potuto fare un governo da solo.