Migranti Diciotti: 140 accolti, pochi giorni e già 50 clandestini

di Lucio Fero
Pubblicato il 6 Settembre 2018 - 09:57 OLTRE 6 MESI FA
Migranti Diciotti: 140 accolti, pochi giorni e già 50 clandestini

Migranti Diciotti: 140 accolti, pochi giorni e già 50 clandestini

ROMA – Migranti Diciotti: 140 accolti, fatti sbarcare dopo lunghissimo e intollerabile blocco a bordo della nave della Guardia Costiera. Migranti 140, anzi tutti rifugiati e profughi e per questo fatti alla fine faticosamente sbarcare e accolti. Accolti un centinaio a carico della Cei, i vescovi italiani, la Chiesa cattolica. E venti destinati all’Irlanda, Irlanda che li prendeva per fare atto di omaggio al Papa in visita. E una ventina destinati all’Albania che se li prendeva per fare atto di omaggio all’Italia (in realtà in Albania non avrebbero potuto essere mandati se non di loro volontà perché Albania non è Ue).

Faticosamente, di mala voglia da parte dell’Italia, dopo una settimana costretti e bloccati in porto, ma finalmente accolti. Migranti 140, profughi 140. E dopo pochi, pochissimi giorni dall’accoglimento già 50 clandestini. Già, dei 140 una cinquantina non sono più dove erano stati destinati. Sono letteralmente, tecnicamente irreperibili. Uno su tre degli accolti.

Non sono fuggiti, scappati. Non c’era nulla da fuggire, nulla da cui scappare. Non erano prigionieri né in stato di detenzione. Erano appunto accolti in strutture di accoglimento. Strutture dello Stato italiano e della Chiesa cattolica. Strutture d’accoglienza. Ma uno su tre di loro, uno su tre degli accolti, ha preferito trasformarsi in clandestino.

E’ una brutta storia. Che contiene ed evidenzia verità brutte per tutte. Brutte verità soprattutto per le opposte e imperanti, soffocanti retoriche. Una storia che è la brutta parabola degli eccessi della retorica dell’accoglienza. Come hanno buon gioco a far rilevare gli anti migranti senza se e senza ma, i 140 non erano tutti allo stremo delle forze e in condizioni sanitarie gravi se non gravissime. Soprattutto, non erano tutti intenzionati e smaniosi di chiedere asilo politico e protezione umanitaria in Italia. La retorica dell’accoglienza non distingue. E quindi non comprende, non capisce e non fa capire chi, perché, come viaggia, s’imbarca, sbarca, talvolta affoga.

La prima verità della brutta storia è che l’immigrazione è in grande e buona parte immigrazione economica. Vengono qui per lavorare, vivere meglio. La fuga da guerre e persecuzioni riguarda una parte, spesso la minoranza dei migranti. Ma questo la retorica dell’accoglienza non lo vede.

Altrettanto cieca è la retorica del sono troppi, basta, non ne vogliamo più. La retorica del basta negri non vede come mostra la storia del 140 della navi Diciotti che molti non sbarcano per restare in Italia. Che anzi dall’Italia cercano come possono di uscire. La retorica del basta negri non vede la verità e la sostanza: non sono troppi in relazione alla popolazione, non in Italia almeno. Non vede che dall’Italia tentano di uscire. Non vede, non vuol vedere che un’immigrazione di natura economica dovrebbe essere lecita, organizzata, legale, favorita perché utile necessaria. Invece la retorica del basta negri ha stabilito come dogma perfino di governo che l’immigrazione economica è peccato e catastrofe.

Altre cose ci dice con chiarezza la brutta storia, la brutale storia dei 140 migranti di nave Diciotti. Ci dice che in Italia le opposte retoriche e gli opposti governi hanno negli anni sovrapposto leggi di Stato e umori di popolo il cui risultato sommandoli tutti è che l’immigrazione in Italia ha di fatto una sola via, un solo sbocco cui la indirizzano appunto leggi e umori. Quella via è la clandestinità.

Bloccati di fatto gli ingressi legali, sbarrata la porta all’immigrazione economica, quelli che migrano le frontiere le passano lo stesso. Via mare e via terra. Respingerli, rimandarli indietro è complesso e costoso. Ci vogliono soldi, accordi internazionali, risorse, tempo. Più semplici intimare di lasciare il paese. Pratica assolta, migrante illegale espulso, carta canta. Ma l’espulso non se ne va, diventa clandestino.

E da clandestino lavora e vive. Non di rado lavora e vive in un piccolo o neanche tanto piccolo racket. L’elemosina, il parcheggio, lo spaccio. Oppure il racket lo arruola, il racket indigeno, italiano: nei campi, in agricoltura, nei servizi, nei bar e ristoranti, talvolta in edilizia. Da clandestino vive e lavora in nero. E da clandestino ovviamente più facilmente delinque e finisce in galera. Magari per poi uscito di galera essere espulso e ricominciare il giro, ripartire da clandestino.

La brutta storia dei 140 migranti di Nave Diciotti, 140 accolti e subito 50 clandestini dice, dimostra che cosiddetti buonisti e dall’altra parte pure i cattivisti protetti e accecati dalle rispettive retoriche hanno fornito i materiali per una efficiente fabbrica di clandestini. Il peggiore dei risultati, quello della fabbrica di clandestini, sia per le buone ragioni, economiche ed umanitarie, di chi non demonizza l’immigrazione, sia per le buone ragioni, di sicurezza e ordine, di chi vuole un’immigrazione limitata e controllata.