Boom di turisti, ma il Garda scoppia

di Alessandro Gatta
Un momento del Congresso nazionale sul turismo di Sirmione
Un momento del Congresso nazionale sul turismo di Sirmione
Un momento del Congresso nazionale sul turismo di Sirmione
Un momento del Congresso nazionale sul turismo di Sirmione

È mancata solo la ciliegina, ovvero il ministro Gian Marco Centinaio. Era atteso a Sirmione ieri mattina, ma non si è visto. Pare sia rimasto impantanato, in senso buono, al Salone del mobile di Milano. Ma va bene lo stesso: si è parlato eccome della «torta», il turismo sul lago di Garda, indotto e fatturato, sfide di oggi e di domani, nelle quasi otto ore di dibattito della prima edizione del Congresso nazionale del turismo, con una ventina di relatori tra assessori regionali, amministratori, professori e operatori. IL CONVEGNO, organizzato dal Consorzio Garda Lombardia, come anticipato dal presidente (e albergatore) Franco Cerini è servito «per fermarsi un attimo e riflettere, sul futuro del nostro lago»: un modello efficace, che ha funzionato e che funziona ancora, ma che inevitabilmente deve affrontare il segno dei tempi, dal «rischio del troppo», del sovraccarico di presenze. Certo la «torta» fa venire l’acquolina in bocca, agli addetti ai lavori e non solo: 25 milioni di presenze (i pernottamenti) in un anno sulle tre sponde del lago, di questi poco meno di 8 milioni solo sul Garda bresciano dove si contano quasi 2 milioni di arrivi (i turisti). E un giro d’affari che tra Lombardia, Veneto e Trentino vale più di 4 miliardi di euro l’anno, e senza l’indotto, e quasi 1,3 miliardi di euro solo nella nostra provincia, dove il Garda, da solo, fa circa il 75% delle presenze e il 65% degli arrivi. «Certo avremmo bisogno di altri indicatori, di andare oltre gli arrivi e le presenze per analizzare la qualità della nostra accoglienza – ha affermato Marco Benedetti, presidente del Consorzio Garda Unico – ad esempio gli investimenti: non è possibile che il Consorzio abbia un budget da 130 mila euro, quando il lago di Costanza, competitor diretto, abbia a disposizione più di 2 milioni e mezzo. Altro problema, la formazione: abbiamo bisogno di quadri del turismo, c’è ancora molto da lavorare, forse finora ci siamo accontentati un pò troppo». Entro il 2030 ci saranno 1 miliardo e 800 milioni di turisti internazionali: tanti di loro, tantissimi, saranno cinesi, «un mercato che vale il doppio di quello statunitense». Lo ha ribadito Roberta Milano, esperta di marketing: «C’è da chiedersi chi oggi è pronto ad affrontare e approcciarsi al turismo 4.0 – ha detto – e alla quarta rivoluzione industriale che volente o nolente, riguarda tutti». Qualche esempio: i pagamenti con Qr-Code, quindi da smartphone senza né contanti né carte di credito, modalità con cui già nel 2017 i viaggiatori cinesi concludono più del 50% dei loro pagamenti. La digital key: la chiave digitale per aprire le porte delle camere d’albergo e degli appartamenti vacanza, sempre su smartphone, senza serrature o tessere magnetiche. E ancora, il «Voice First»: da qui al prossimo anno il 50% delle ricerche web saranno vocali, e Google sta già testando un «Voice assistant» in grado di prenotare ristoranti in autonomia. Infine, il mobile addicted: il 68% delle ricerche e degli acquisti di biglietti aereo si fa su smartphone, nemmeno su pc, stessa percentuale (68%) anche per prenotare gli hotel o le auto a noleggio. Dunque la domanda è d’obbligo: quanti degli 800 alberghi e dei 1000 ristoranti (solo nel Bresciano) sono pronti a tutto questo?. •

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