Il primo giugno del 2018 prestava giuramento il governo Conte. Dopo la più lunga attesa post elettorale che il paese avesse mai avuto, il contratto di governo firmato da Movimento 5 stelle e Lega ha dato il via all’esecutivo giallo-verde. Un’alleanza inedita e inaspettata, che di fatto ha sbloccato un’impasse politico causato da una tornata elettorale senza un chiaro vincitore. Tante cose sono successe in questi primi mesi di governo, e per cercare di capirle meglio nel report che segue verranno fatte una serie di analisi sulla attività legislativa e politica dell’esecutivo Conte, confrontandola con quanto fatto dai 3 governi della XVII legislatura nei loro primi 100 giorni: Letta (2013-2014), Renzi (2014-2016) e Gentiloni (2016-2018).

La novità al governo

Il primo e forse più significativo elemento caratterizzante del governo Conte riguarda la sua composizione. Tra gli esecutivi politici che si sono susseguiti dal 1948 ad oggi, mai la percentuale di esordienti era stata così alta. L’89,50% dei ministri indicati da Giuseppe Conte non aveva infatti mai svolto quell’incarico prima, con solo Savona e Moavero Milanesi che avevano nel proprio curriculum precedenti ruoli da ministro.

La novità apportata dal governo giallo-verde è anche anagrafica. Con un’età media sotto ai 50 anni, per la precisione 46 anni, la squadra capitanata da Giuseppe Conte ha segnato una forte linea di demarcazione rispetto agli esecutivi che lo hanno preceduto. Da Letta a Gentiloni, passando per Renzi, le 3 squadre di governo che avevano caratterizzato la XVII legislatura superavano tutte i 50 anni di età media.

In controtendenza invece sono i numeri sulla parità di genere. Con sole 11 donne tra i ministri, viceministri e sottosegretari, si è registrato di gran lunga il dato più basso dal 2013 a oggi. Il ricambio politico e generazionale testimoniato è stato dovuto principalmente alla novità assoluta dell’alleanza al potere: è infatti la prima volta che il Movimento 5 stelle sale alla guida del paese e, rispetto all’ultima volta che faceva parte di un esecutivo, la Lega ha apportato una vera e propria rivoluzione interna con il passaggio di leadership da Umberto Bossi a Matteo Salvini. Elementi che, come vedremo, hanno avuto il loro peso nello sviluppo di questi primi 100 giorni di governo.

L’importanza dei primi 100 giorni

Se in passato i primi 100 giorni sono stati il momento per la presentazione dei provvedimenti simbolo dei vari esecutivi, dall’abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti del governo Letta alla riforma costituzionale del governo Renzi, lo stesso non si può dire per il governo Conte.

Molto tempo è stato impiegato per trovare una quadra tra due forze politiche fortemente differenti. Non solo nella stesura del contratto di governo e nell’individuazione dei ministri, ma anche in altri momenti centrali per le dinamiche politiche e legislative del paese, come la costituzione delle commissioni permanenti. Quello che risulta però, è che anche una volta partito l’attuale esecutivo non sembra aver avuto la stessa forza propositiva dai governi precedenti. Sicuramente l’imminente discussione sulla legge di bilancio sarà quindi il primo e vero banco di prova per l’alleanza di governo.

Cosa sarà analizzato

L’esecutivo Conte non nasce con solidi numeri parlamentari e questo, assieme alla diversa natura dei 2 partiti in questione, sia ideologica che storica, ha fortemente influenzato questi primi 100 giorni. Le proposte politiche in parlamento sono state poche, e quelle poche che sono finite all’attenzione di camera e senato hanno avuto delle approvazioni fuori dalla norma.

Entrambi questi elementi saranno analizzati nel corso del report, ed emergeranno attraverso: l’analisi dei numeri a sostegno dell’esecutivo a Montecitorio e Palazzo Madama, l’esito delle votazioni finali sui provvedimenti del governo, e su quanto deliberato in consiglio dei ministri.

Le nomine mancanti

Nel concludere questa panoramica introduttiva sul governo, non si può ignorare l’anomalia delle nomine mancanti, o quanto meno messe in sospeso. Nonostante siano passati 100 giorni dal giuramento dell’esecutivo Conte, la squadra di governo risulta ancora incompleta. Una situazione particolare, senza casi analoghi nella scorsa legislatura.

1 su 6 i viceministri nominati. Nonostante ne fossero stati preannunciati 6, solamente Emanuela Del Re ha ufficialmente ottenuto la nomina.

La nomina ufficiale dei viceministri, annunciati come 6 nei giorni dell’insediamento del governo, sta andando a rilento. Ad oggi solamente Emanuela Del Re è stata nominata viceministro (alla cooperazione presso il ministero degli affari esteri), mentre le altre 5 caselle risultano ufficialmente vuote. Nomina che tra le altre cose era dovuta, essendo un obbligo di legge la presenza di un viceministro alla cooperazione. La situazione è atipica, visto che i precedenti governi, al momento della nomina dei sottosegretari, avevano allo stesso tempo proceduto con l’individuazione dei viceministri.

Un discorso analogo vale anche per le deleghe dei sottosegretari. Ricostruendo la questione sui siti ufficiali dei ministeri, solamente 6 dei 13 ministeri con portafoglio hanno assegnato le deleghe ai sottosegretari. Più precisamente sono state assegnate le mansioni ai sottosegretari del ministero dell’agricoltura, della cultura, degli esteri, della giustizia, dell’interno, della salute e dello sviluppo economico. Circostanza che, come denunciato da alcuni dei sottosegretari stessi, limita la loro capacità di pienamente svolgere le loro mansioni.

Il sostegno in Parlamento

Per la quarta volta consecutiva, dopo l’esecutivo tecnico di Mario Monti, è stato stipulato un accordo di governo tra forze politiche che non erano alleate durante la competizione elettorale.
Dopo l’alleanza Partito democratico, Popolo delle libertà e Scelta civica del governo Letta, e quelle tra Partito democratico e il Nuovo centrodestra (poi Alternativa popolare) dei governi Renzi e Gentiloni, a Palazzo Chigi è salito un esecutivo targato Movimento 5 stelle-Lega, avversari politici fino a pochi mesi prima.

Queste alleanze atipiche hanno creato, almeno in parlamento, dei governi non particolarmente stabili dal punto di vista numerico. Alla sua nascita, soprattutto al senato, il governo Conte non poteva contare su una maggioranza solida. I gruppi M5s e Lega a Palazzo Madama a inizio legislatura erano composti da 167 senatori, solamente 6 unità sopra la soglia di maggioranza (161). Anche per questo motivo, il Movimento associativo italiani all’estero (Maie) è stato fatto entrare nella squadra di governo, con la nomina di Ricardo Merlo, senatore e fondatore del partito, a sottosegretario. Questa mossa, come anche il sostegno annunciato da vari senatori espulsi dal M5s, ha portato lo scarto al senato da +6 a +10.

Ciò nonostante il governo Conte, come i precedenti esecutivi Renzi e Gentiloni, sta basando la sua attività parlamentare su dei numeri tutt’altro che tranquillizzanti.
Il giorno della fiducia a Montecitorio il governo ha ottenuto 350 voti favorevoli, solamente 34 oltre la soglia di maggioranza (quota 316). Si tratta del peggior risultato per un governo al suo insediamento dall’esecutivo Letta ad oggi.

L’entrata del Maie nella squadra di governo ha rafforzato i numeri della maggioranza che, specialmente al senato, continuano a non essere dei più solidi.

Anche a Palazzo Madama le cose non sono andate meglio e, anche se non è stato fatto registrare il peggior risultato dal 2013 a oggi, parliamo comunque di cifre molto basse. I senatori a sostegno dell’esecutivo sono stati 171, solamente 10 oltre quota 161 della maggioranza assoluta. Avevano fatto peggio gli esecutivi Renzi e Gentiloni, entrambi con 8 voti di scarto.

Fonte Agi