Le smart city ‘parlano’ cinese, e l’Italia deve cogliere l’opportunità ‘agganciandosi’ ai progressi della Cina con il proprio know how. La considerazione è emersa dal convegno ‘Smart Cities and Digital Trasformation Dialogue, Italy and China’. “Uno dei problemi più importanti nelle applicazioni delle nuove tecnologie – ha affermato Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University che ha organizzato l’evento insieme a ChinaEu – è la smart city, come rendere le città più umane. La Cina è già avanzata e in pochi anni ha ottenuto risultati positivi, bisogna mettere in discussione le due esperienze, vedendo tutte le sfide e le opportunità e i rischi connessi, trovando il modo per avere uno scambio di informazioni, una cooperazione industriale e in campo di ricerca”. Nei prossimi anni, ha spiegato Luigi Paganetto, vicepresidente di Cdp, in Cina 350 milioni di persone si trasferiranno in aree urbane, e il paese ha 500 progetti di smart city, oltre metà di quelli previsti nel mondo. “Le città – ha sottolineato – sono lo strumento che ci può portare verso un’innovazione giusta”.

L’occasione cinese, ha sottolineato il presidente della Fondazione Italianieuropei Massimo D’Alema, deve essere colta.

“La Cina è una sfida a fare meglio, non a chiudere i nostri confini – ha affermato – Ci sono molte opportunità di collaborazione. Noi siamo molto rispettati dalla Cina, vorrei che fossimo più all’altezza della nostra storia. Il tema fondamentale deve essere la reciprocità”.