Operazione Jonny, per Riccio non valgono prese di posizione a metà

Il consigliere plaude alla decisione dell'assise ma chiede che venga approvato un protocollo di legalità firmato da tutte le istitituzioni che obblighi il Comune ad agire anche contro chi non espelle associati che in maniera circolarmente complice alimentano il sistema cedendo alle richieste estortive

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    Riceviamo e pubblichiamo la nota del consigliere comunale Riccio a proposito dell’ultima seduta di assise consiliare in cui è stato approvata la costituzione di parte civile del Comune in tutti i processi di mafia. 

    “Il consiglio comunale di Catanzaro ha certamente dato un segnale importante nell’approvare la delibera che impegna l’amministrazione a costituirsi parte civile in tutti i processi di mafia. Ciò che ne esce mortificato a mio avviso è il contributo civile che l’assise comunale avrebbe potuto dare al dibattito. Un contributo che ho sollecitato a gran voce e che secondo me resta fondamentale affinchè la delibera non resti solo una medaglia da appuntarsi al petto.

    C’è un prima ed un dopo in questa città rispetto alla linea di confine tracciata dall’operazione Jonny. Il prima è quel “tutti sapevano ma tutti tacevano”, quelle bottiglie incendiarie scoppiate a ripetizione davanti ad attività imprenditoriali, quei sequestri di droga (perché malavita vorrei ricordare che è anche e soprattutto un fiorente mercato della droga) che coinvolgevano professionisti della città i cui nomi, al pari di quelli citati nel fermo di Jonny, si ritrovano nelle informative di polizia.

    E c’è il dopo Jonny. Sempre un fermo in cui un collaboratore di giustizia svela un sistema di sudditanza della malavita catanzarese rispetto a quella del Crotonese o del reggino. Fatti gravissimi si intende, alcuni dei quali aspettano di trovare riscontri, ma che volendoli leggere con la giusta laicità e non con l’animo da ‘ultras’ , mettono in ordine un sistema in cui le responsabilità sono ben definite, quantunque ancora debbano essere accertate da un tribunale. Bene, se dunque vale il principio per il quale, in base a ciò che abbiamo letto in un fermo il Comune di Catanzaro debba costituirsi parte civile nei processi di Mafia, mi chiedo perché lo stesso principio non debba valere per Regione, Confindustria, associazioni di categoria ( i cui iscritti se vogliamo hanno subito i danni peggiori da questo sistema estortivo portato avanti dalla delinquenza catanzarese). Abbandonando dunque il campo del ‘diritto’ e ribadendo la legittimità e la giustezza della scelta del Comune, mi chiedo, in punta di propaganda politica che qualcuno ha voluto esacerbare in questa situazione, perché non pretendere che a ruota, sugli stessi presupposti e sulla base delle stesse carte che hanno portato l’amministrazione a scegliere un percorso, anche le altre istituzioni seguano la stessa strada e diano corso ai loro stessi deliberati e ai loro stessi codici etici, quanto meno sospendendo gli imprenditori lambiti dal solo sospetto di aver contribuito alla costruzione di un sistema criminoso. Perché se da un lato ci sono le “richieste” della malavita dall’altro c’è chi le richieste le ha soddisfatte, stando sempre a ciò che un collaboratore di giustizia ha raccontato agli inquirenti. E’ dunque un sistema circolarmente complice in cui tutti hanno delle responsabilità documentate. Allora, giusto sollecitare l’amministrazione comunale a prendere posizione, giusto contribuire a creare una coscienza critica e civile. Ma la propaganda è una cosa e il diritto applicato è un’altra. Se davvero si vuole oltrepassare il confine della propaganda ed essere credibili, allora bisogna applicare il diritto ed avere il coraggio, pur perdendo magari in popolarità in alcuni ambienti, di chiedere la stessa cosa alle alte istituzioni che più dell’amministrazione Comunale sono coinvolte. Allora vado oltre. Fino in fondo. Il consiglio comunale adotti un protocollo di intesa da far firmare a tutte le istituzioni, Confindustria, Camera di Commercio, Associazioni di categoria, Regione Calabria. Un protocollo di legalità in cui si specifichi che il Comune farà la sua parte costituendosi in giudizio, si impegnerà a verificare prima dell’assegnazione delle gare i requisiti dei partecipanti come previsto per legge, ma nello stesso tempo procederà anche contro chi, consapevole di comportamenti scorretti dei propri associati, sia rimasto inerme ed inerte. L’antimafia è una palestra di vita quotidiana, non un esercizio letterario o propagandistico. La legalità è un comportamento, non un proclama”

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