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Gino Arcangeli, il pugile-falegname assessore nella Rimini del boom


9 Dicembre 2018 / Paolo Zaghini

Per raccontare questa storia devo necessariamente partire dal luogo di nascita dei tre fratelli Arcangeli: la Castellaccia, in dialetto “la Castlaza”. E’ l’antico nucleo del Rione Ducale, fra il Corso d’Augusto, il vecchio Ospedale, Via XXIII settembre 1845 e il fiume Marecchia. Dall’altra parte del fiume, il Borgo San Giuliano.

Un rione malfamato, noto per le sue cinque “case chiuse” in Via Clodia, le sue bettole animate, il dormitorio comunale rifugio di una umanità derelitta. Ma qui era anche l’Ospedale (oggi sede dei Musei Comunali), ricavato dal grande ex convento dei Gesuiti. Qui viveva fra i suoi abitanti una forte tradizione antifascista, che portò numerosi suoi giovani ad essere combattenti partigiani.

Un’umanità fatta di tantissimi piccoli artigiani e ambulanti commercianti. Ma anche di laboratori di falegnameria, con artigiani di valore.

1 – 8 settembre 1947. Gino Arcangeli riceve il Diploma di medaglia garibaldina firmato da Pietro Secchia e Luigi Longo

Guglielmo (nato nel 1924), Gino (nato nel 1926) e Alfredo (nato nel 1929) erano i figli di Salvatore Arcangeli (1897-1971) e Augusta Violani (1895-1981). Il padre, ex carabiniere, svolse poi mansioni presso la pesa comunale e il dormitorio. Lui accanito frequentatore delle osterie, la crescita dei figli si deve soprattutto alla madre, donna profondamente religiosa: si preoccupò di far frequentare la scuola ai ragazzi sino alla quinta elementare e poi via verso l’apprendistato e al lavoro. Guglielmo presso un idraulico, Gino e Alfredo presso i falegnami.

La famiglia Arcangeli alla fine del 1943, per sfuggire ai giornalieri bombardamenti sulla Città, sfollò a Misano, presso una piccola proprietà dei familiari della moglie. Qui Gino, poco più che diciassettenne (era nato l’1 agosto 1926), decise di unirsi ai primi nuclei partigiani.

1949. Nel laboratorio da falegname presso il Canavone nella “Castlaza”. Da sin. Alfredo Arcangeli, Puccio Tosi, Bianchini, Gino Arcangeli, Pinein, Franco Pecci

Fece parte del IV Distaccamento della Brigata SAP di Riccione, al comando di Francesco Bianchi. Tra la fine del 1943 e il settembre 1944 operò a Riccione e in Valconca, in diverse occasioni con Gianni Quondamatteo. Alla fine di giugno del 1944 si impossessarono nella caserma della milizia fascista di 2 mitragliatrici, 6 casse di munizioni, 2 mitra, 2 moschetti. A luglio Gino con altri partigiani disarmavano un soldato tedesco, tagliavano i fili del telefono e del telegrafo dei tedeschi, distribuirono numeroso materiale antifascista a Riccione e nelle frazioni limitrofe.

Dopo il 25 luglio 1944 gruppi di partigiani riccionesi si trasferirono in Valconca. Qui, per ordine del CLN, ottennero dal pastificio Ghigi di Morciano 10 quintali di pasta e da un magazzino alimentare 400 scatole di carne, che vennero distribuiti fra le varie squadre partigiane operanti sul territorio. Ai primi di settembre del 1944, all’arrivo delle truppe canadesi a Riccione, i partigiani si affiancarono a loro prestando numerosi servizi di informazione.

Il Presidente del CLN di Riccione, Adelmo Vivarelli, scriveva il 20 marzo 1945 alla Presidenza del Consiglio sull’attività svolta dal Tenente Colonnello Sante De Pasquale che comandò dall’estate 1944 la squadra partigiana riccionese, di cui faceva parte anche Gino Arcangeli: “La predetta banda, nonostante avesse avuto il desiderio di portarsi in montagna e malgrado avesse tentato più volte in piccoli gruppi di recarvisi, mai vi è riuscita perché tutti gli accessi ai monti di questa regione, erano scrupolosamente sorvegliati. Per tale motivo molti di essi, pur stando in Riccione, dormivano nelle località più disparate onde non essere sorpresi di notte dai tedeschi (…). A parere di questo CLN la banda di cui trattasi è da tenere in considerazione anche perché date le particolari condizioni in cui si è trovata, non solo ha reso il massimo, ma ha contribuito notevolmente con propaganda, atti di sabotaggio e azioni di salvataggio per cittadini catturati dai tedeschi. Ciò posto, questo CLN considera che la banda in oggetto ha preso parte attiva alla lotta per la liberazione della patria, alla lotta contro il nazifascismo ed alla causa degli Alleati per la vittoria della democrazia”.

1950 ca. Gino Arcangeli svolse attività sportiva come pugile dal 1944 al 1953

Il fratello Alfredo, neanche quindicenne, tentò di raggiungere il fratello nell’estate del 1944 in Valconca. Non ci riuscì, ma per un paio di mesi svolse attività di staffetta partigiana. Quando finalmente incontrò il fratello Gino, questi lo rimandò a casa.

Gino l’8 settembre 1947 ottenne il diploma di medaglia garibaldina “in riconoscimento del valore militare e del grande amore di patria dimostrati combattendo nelle Brigate d’assalto “Garibaldi”, la guerra di liberazione nazionale contro i tedeschi e contro i fascisti”. Firmato dal Commissario Generale Pietro Secchia e dal Comandante Generale Luigi Longo. Alfredo per l’attività di staffetta ottenne invece il riconoscimento di “patriota”.

14 ottobre 1950. Matrimonio di Gino Arcangeli con Leonilde Pecci

Terminata la guerra la famiglia Arcangeli rientrò a Rimini. Gino entrò a lavorare in una falegnameria e poi si mise in attività da solo. Anni dedicati interamente al lavoro e alla sua grande passione: la boxe. Gino iniziò a combattere su ring improvvisati, molte volte contro atleti delle varie forze militari alleate presenti a Rimini, per poi iniziare a disputare veri e propri incontri.

Nella memoria della famiglia Arcangeli (quella del fratello Alfredo e del figlio Emiliano) si racconta di 165 incontri, di cui una settantina regolari, combattuti fra la fine del 1944 e il 1953. Una passione sportiva vera, che gli rimase addosso per tutta la vita. Nel gennaio 1961, dopo una crisi nella dirigenza della Pugilistica Libertas, Gino venne eletto vice-presidente della rinnovata società (Presidente era stato eletto Guido Belardinelli). Nume titolare di questa esperienza il comm. Giovanni Amati, arbitro internazionale e componente delle commissioni giovanili nazionali. Per diversi anni Gino si occupò dello sviluppo e della crescita della società pugilistica riminese.

23 gennaio 1958. Rimini, Sala dell’Arengo. Seduta del Consiglio Comunale. Walter Ceccaroni parla dopo essere stato rieletto Sindaco di Rimini al termine della sospensione di 3 anni e dopo la vittoria elettorale del 31 marzo 1957. Da sin. Gino Arcangeli, Ruggero Diotallevi, Walter Ceccaroni. Da destra Vencislao Riccò, Giordano Gentilini, Luciano Gambini, il Segretario comunale

Ricorda Zeno Zaffagnini nel suo libro “Cara Marta … era ieri. Come sono diventato riminese” (EDUP, 2007): “Nella Castellaccia vi era una solida tradizione di falegnami, artigiani di valore, alcuni veri artisti. Gino Arcangeli, come tanti, aveva il suo laboratorio nel Canavone veneziano, altri l’avevano nei paraggi. Alcuni si sono trasformati in piccoli industriali (…). Gino come artigiano del legno non ha avuto eguali. Un vero artista, i suoi lavori di arredamento sono sparsi in tutt’Italia. La Biblioteca della Banca d’Italia, a Roma, è opera sua”.

Del laboratorio di falegnameria di Gino ne parla anche il pittore riminese Armido Della Bartola (1919-2011) in “Ricordi di vita” apparsi sul sito di “Rimini sparita” nel maggio 2004: “Qualche volta, di pomeriggio, mi prendevo un po’ di tempo e arrivavo in bicicletta in quella parte della città vecchia che in dialetto era conosciuta come la ‘Castlaza’. In questo particolarissimo rione popolare c’era un vecchio magazzino veneziano, diventato poi un laboratorio di falegnameria. Mi fermavo allora per qualche ritaglio di compensato che costava poco. Avevo la pittura e il disegno nel sangue. Un falegname, quasi coetaneo, diventò così mio amico: si chiamava Gino Arcangeli e col tempo diventò un uomo politico molto importante.
Anche lui come me conobbe l’indigenza e la fame, quella vera tanto da dover andare dalla famosa Dora [la più famosa tenutaria dei casini riminesi] a sfamarsi con le patate bollite che lei preparava per quel morto di fame. Ci siamo rivisti io e lui, e con piacere abbiamo ricordato il mondo di settanta anni fa quando le donne del rione (autentico popolino) andavano in quelle case a pietire per le scarpe e il vestito dei loro pargoli che avevano la Cresima e la Prima Comunione. Per quelle donne malfamate era un piacere grosso esaudire queste preghiere. Forse a qualcuno questo darà fastidio ma è solo la verità”.

Luglio 1958. Festa all’Embassy di Marina Centro. Gino Arcangeli con la moglie Leonilde Pecci

Anche Zaffagnini nel volume poc’anzi citato ricorda la Dora: “Personaggio generoso e cinico ad un tempo, di notevole astuzia e arguzia, era considerata da molti abitanti una loro protettrice, una specie di assistente sociale. Era sempre disponibile. La Nilde, moglie di Gino Arcangeli, raccontava, con non poca riconoscenza, come fosse stata la Dora ad allevarla togliendola dalla miseria che regnava in casa sua. Del resto il padre era il vetturino di fiducia delle ‘case’. Ogni quindici giorni con la sua carrozzella portava a spasso le ragazze della Dora”.

Gino il 14 ottobre 1950 sposò Leonilde Pecci (1928-2007), che conosceva da sempre. Stava due case più in là di quella della sua famiglia, alla “Castlaza”. Da questa unione nacque un solo figlio, Emiliano, nel 1953.

27-29 dicembre 1965. Rimini, Sala dell’Arengo. 7° Congresso della Federazione Comunista Riminese. Interviene alla tribuna Gino Arcangeli

Gino fra i partigiani era diventato comunista. E la passione politica non l’aveva più persa, anche se limitata dal lavoro e dalla passione sportiva. Walter Ceccaroni alle elezioni del 31 marzo 1957 lo volle nella lista del PCI. Furono le elezioni del duro scontro con la DC e i suoi alleati dopo l’impasse registrato l’anno precedente nella tornata elettorale del 27 maggio 1956 dove i due schieramenti (PCI e PSI da una parte, DC e i partiti laici alleati) avevano impattato: 20 consiglieri a testa per ogni alleanza.

La Città ribolliva di passioni politiche, di duri scontri verbali, di affissioni di manifesti ovunque. Il 28 marzo aveva chiuso la campagna elettorale per il PCI il Segretario Nazionale Palmiro Togliatti: una folla impressionante riempiva piazza Cavour e il Corso d’Augusto (si parlò di 20.000 persone). La posta politica in gioco era altissima.

I risultati elettorali diedero 21 seggi a PCI-PSI e 19 a DC-PRI-PSDI. I seggi furono così suddivisi: PCI 16 (+2), PSI 5 (-1); DC 16 (+1), PSDI 2 (=), PRI 1 (=). Il PLI e il MSI separati non ottennero alcun seggio (nel 1956 uniti nella lista Tricolore avevano preso 2 seggi). Nonostante tutti gli sforzi operati dalla DC del rag. Alfredo Floridi, allora segretario democristiano, l’Amministrazione Comunale riminese rimase sotto la direzione delle forze di sinistra.

1976. Cambio della Presidenza all’Azienda di Soggiorno di Rimini. Esce Tiziano Giorgetti, divenuto Assessore nella Giunta Comunale di Rimini. Subentra Gino Arcangeli. Da sin. Tiziano Giorgetti, l’Assessore regionale al Turismo Walter Ceccaroni, il Direttore dell’Azienda di Soggiorno Salvatore Polverelli, Gino Arcangeli

Sindaco divenne, in quanto Ceccaroni era ancora ineleggibile per la sospensione di tre anni inflittagli dal Presidente del Consiglio Mario Scelba, l’avv. Veniero Accreman (sino al 23 gennaio 1958 quando venne rieletto Ceccaroni, ormai uomo simbolo del PCI per il Comune di Rimini). Con queste elezioni si chiuse un lungo periodo in cui la Città fu priva di governo, proprio mentre questa era in pieno sviluppo economico e urbanistico. Ed il PCI, dopo la vittoria elettorale, si ripropose come forza dirigente e trainante dello sviluppo circondariale.

Gino entrò in Consiglio Comunale e nella Giunta guidata da Accreman. Rimase in Consiglio Comunale sino al 27 ottobre 1971 (fu rieletto nel 1961, nel 1965 e nel 1970) e in Giunta sino al giugno 1970, ininterrottamente a fianco del Sindaco Ceccaroni. Fece parte di quelli che in un’intervista alla Gazzetta di Rimini del 26 febbraio 1991, chiamai “assessori pragmatici e pratici: Gino Arcangeli, Ruggero Diotallevi, Augusto Randi, Vincenzo Mascia”.

9 febbraio 1980. Rimini, Sala della Giunta Comunale. Il Sindaco e la Giunta ricevono il Segretario Generale del PCI Enrico Berlinguer a Rimini per Conferenza d’Organizzazione Nazionale dei giovani comunisti. Renato Da sin. il Sindaco Zeno Zaffagnini, Enrico Berlinguer, il Presidente dell’Azienda di Soggiorno Gino Arcangeli, gli Assessori Gianluigi Crescentini e Giancarlo Zanuccoli

Zaffagnini lo ricorda così: “La sua passione, le sue capacità, la sua intelligenza, le dimostrò nell’attività di amministratore comunale. Conosceva Rimini come pochi, l’amava, faceva parte di quella tradizione di amministratori di cui, purtroppo, si rischia di perdere le tracce. Di lui ho ammirato il suo modo di pensare moderno, la sua capacità di interpretare il nuovo”.

Gino fu solo marginalmente negli organismi dirigenti del Partito. Venne eletto nel 5° Congresso della Federazione Comunista (dal 15 al 17 gennaio 1960) nella Commissione Federale di Controllo. Riconfermato anche al 6° Congresso (dal 16 al 18 novembre 1962) e vi rimase sino a gennaio 1966. Poi non rientrò più in alcun organismo politico provinciale, ma fece parte degli organismi del Comitato Comunale di Rimini. Sono pochissimi gli interventi pubblici di Gino Arcangeli, anche in Consiglio Comunale. Uno dei pochi (apparso sul periodico “Rimini Oggi” il 10 gennaio 1960) riguardava la decisione di abbattere lo Sferisterio per il gioco del pallone a bracciale in Via Circonvallazione Occidentale e di realizzare lì il poliambulatorio dell’INAM e la Casa della Madre e del Fanciullo da parte dell’OMNI.

Seconda metà anni ’70. Il Presidente Gino Arcangeli consegna a Sergio Zavoli una medaglia del’Azienda di Soggiorno

Gino dal 1957 al 1961 come Assessore ebbe la delega all’assistenza e alla beneficenza; dal 1961 al 1965 le deleghe a igiene e sanità, assistenza e beneficenza; dal 1965 al 1970 la delega ai Lavori Pubblici. Come Assessore Gino per quasi un quindicennio gestì gran parte delle risorse comunali: dietro alle voci assistenza e beneficenza c’era la gestione di tutti gli interventi sanitari per la popolazione quando la sanità pubblica era ancora a di là da venire; e poi la gestione della infrastrutturazione della Città e dei suoi servizi (il verde pubblico, il rifornimento idrico, la depurazione, la pubblica illuminazione, l’asfaltatura delle strade, la costruzione delle nuove scuole).

L’elenco delle opere a cui mise mano Gino è lunghissimo: mi voglio però limitare a dare alcune cifre. Il bilancio del Comune di Rimini passò da 1 miliardo e 700 milioni nel 1957 a 5 miliardi e mezzo nel 1961. Le spese per opere pubbliche passarono da 128 milioni ad oltre 2 miliardi alla fine del quadriennio. In questa prima legislatura Gino gestì dai 150 ai 200 milioni all’anno per assistenza e beneficenza (dal consuntivo redatto dal Municipio di Rimini “Uno sguardo a Rimini città proiettata ne futuro. 1957-1961” (Giusti, 1961).

Nella seconda legislatura di Gino i bilanci comunali passarono dai 4 miliardi del 1962 ai 9 miliardi del 1965. Nel quadriennio 1962-1965 furono spesi in opere pubbliche 5 miliardi e 300 milioni. Gino con le sue deleghe nel quadriennio spese 7 miliardi e 600 milioni (dal consuntivo redatto dal Municipio di Rimini “1961-1965. Questi quattro anni” (Giusti, 1965).

Seconda metà anni ’70. Rimini, Azienda di Soggiorno. Da sin. il Presidente Gino Arcangeli, il fotografo Davide Minghini

Nella terza legislatura che Gino fece i bilanci comunali passarono dai 4 miliardi del 1966 agli 8 miliardi e 600 milioni del 1970 per la parte corrente. Ma con la modifica delle leggi finanziarie che governavano i bilanci comunali si devono aggiungere 15 miliardi e mezzo per gli investimenti in conto capitale compiuti nel quadriennio. Gino gestirà questa enorme quantità di fondi per cambiare in meglio la Città, nelle sue infrastrutture e nei suoi servizi alla popolazione (i dati sono presi dal consuntivo del Municipio di Rimini “Rimini 70. Cinque anni di attività. 1965-1970” (Cosmi, 1970).

Credo che questi numero possano testimoniare al meglio dell’opera impressionante che il Sindaco Ceccaroni e i suoi assessori, fra cui Gino, compirono in quel quindicennio per ricostruire e far ripartire la Città dopo le immani distruzioni della guerra.

Gino fu tra i padri fondatori della Fiera di Rimini e sino agli ultimi anni dedicò a questa società attenzione ed interesse in quanto membro del Consiglio di Amministrazione.

20 dicembre 1980. Rimini, Azienda di Soggiorno. Cambio alla Presidenza dell’Azienda di Soggiorno: esce Gino Arcangeli e subentra Massimo Conti. Da sin. il Direttore Salvatore Polverelli, …, …, Sergio Pironi, Bianchini, Gino Arcangeli, Massimo Conti, Alfredo Arcangeli, avv. Cornacchia, Renato Ponzoni

Dopo le dimissioni dal Consiglio Comunale divenne l’1 gennaio 1972 il Presidente della nuova municipalizzata AMNU (divenuta AMIA il 18 aprile 1974). Lo rimarrà sino alla fine del 1975. In quegli anni fu tra i promotori, per conto dei Comuni della Riviera, della realizzazione del nuovo inceneritore a Raibano in Comune di Coriano, che sarà inaugurato poi nel 1976.

Nei primi mesi del 1976 Gino subentrerà a Tiziano Giorgetti, chiamato in Giunta dal Sindaco Nicola Pagliarani dopo le elezioni del 15 giugno 1975, alla Presidenza dell’Azienda di Soggiorno di Rimini. Vi rimarrà sino al dicembre 1980 quando lascerà l’incarico al socialista Massimo Conti.

E’ l’ultimo incarico pubblico di Gino che si ritirerà poi da ogni impegno politico e amministrativo. A 54 anni ritornò ad occuparsi a tempo pieno della sua attività lavorativa, che peraltro non aveva mai abbandonato nel corso degli anni dei suoi incarichi pubblici.

 Luglio 2000. Rimini, Fiera. Il Consiglio di Amministrazione e lo staff dirigenziale dell’Ente Fiera. Avanti il Presidente Lorenzo Cagnoni. Gino Arcangeli è con la camicia bianca in quarta fila

Nella primavera 1980 il fallimento della Sarila Cucine lo coinvolse pesantemente come subfornitore in quanto non venne pagato per il lavoro svolto. Dovette liquidare parte dell’azienda, quella industriale di fornitore di pezzi per marchi più grandi, per ritornare ad essere l’artigiano falegname di qualità (passando da 40 a 8 dipendenti). Questo gli fu consentito grazie all’ingresso in azienda, diventata Adria Art Arredamenti, di un socio finanziatore, Piero Balestra di Longiano, Gino lavorò sino agli ultimi anni della sua vita, quando la malattia (un tumore al pancreas) lo colpì e in poco più di un mese, il 14 agosto 2007, lo portò alla morte.

Andrea Gnassi, nel 2007 Segretario provinciale dei DS, dichiarò: “Arcangeli fu un grande amministratore. Con lui se ne va una delle figure che hanno interpretato la sinistra della ricostruzione a Rimini, nel periodo in cui lo slancio riformista era coniugato con la fatica del lavoro. Fu sicuramente uno dei protagonisti della rinascita della città”.

Paolo Zaghini