In Cina e Asia – I 100 nomi che hanno reso grande la Cina

In Notizie Brevi by Redazione

Per commemorare i 40 anni dall’inizio delle riforme denghiane, il People’s Daily, quotidiano ufficiale del partito, ha rilasciato una lista delle 100 persone che hanno contribuito di più a rendere la Cina la seconda potenza mondiale. Mentre 14 sono imprenditori, tra cui i fondatori di Baidu, Tencent e Alibaba, la maggior parte dei nomi citati sono riconducibili alla misteriosa categoria dei quadri di partito, alcuni impiegati nelle campagne altri presso le aziende di stato. Molti paiono aver poco a che fare con la liberalizzazione di Deng e molto invece con le campagne di Xi Jinping contro la corruzione e la povertà. Un esempio è Wang Shumao, un dirigente nella provincia meridionale dell’isola di Hainan, che si è dedicato “vigorosamente alla protezione della sovranità territoriale […] cinese e degli interessi marittimi nel Mar Cinese Meridionale”. Dall’articolo del People’s Daily emerge poi un dettaglio inedito. Jack Ma, il patron di Alibaba, è un membro del Pcc, un particolare che il colosso dell’e-commerce non ha mai rivelato probabilmente per paura di compromettere le sue operazioni a livello internazionale, ma che oggi torna comodo al governo cinese per riaffermare la sua vicinanza al settore privato.

Il Regno Unito indaga sulle confessioni forzate

L’Ofcom, l’autorità competente e regolatrice indipendente per le società di comunicazione nel Regno Unito, ha aperto un’inchiesta per accertare le accuse spiccate dall’ex investigatore privato e giornalista Peter Humphrey, secondo le quali l’emittente cinese statale avrebbe avuto un ruolo chiave nell’esecuzione della confessione estortagli dalle autorità cinesi prima ancora che fosse messo a processo.  Secondo Humphrey, condannato nel 2014 a 2 anni di carcere in un caso di corruzione, “i giornalisti della CCTV hanno collaborato con la polizia cinese per estrarre, registrare, produrre e poi trasmettere la sua confessione”. Le immagini sono poi circolate a livello mondiale, violando le regole dei media. Se l’inchiesta dovesse confermare le accuse, nel peggiore dei casi l’emittente rischia l’espulsione dal paese per aver infranto il codice di trasmissione britannico quanto a imparzialità, accuratezza, correttezza e privacy. Intanto Humphrey si prepara a vendicare il suo arresto con nuove azioni legali contro entità cinesi.

Con l’istruzione la Cina si gioca tutto

Secondo dati del 2015, in Cina solo il 30% della forza lavoro ha un’istruzione superiore o universitaria, meno di tutti gli altri paesi a reddito medio, compresi Messico, Sudafrica, Thailandia e Turchia. Mentre fin’ora le esigenze infrastrutturali del paese sono riuscite ad assorbire la manodopera non qualificata e scarsamente istruita, ora che la leadership punta ad affrancare la crescita dagli investimenti il problema diventa necessariamente d’attualità. La maggior parte della popolazione non è equipaggiata per un futuro all’insegna dell’high-tech. A preoccupare gli esperti è soprattutto la forbice che divide città e campagne, dove l’istruzione di qualità è ancora un privilegio per pochi. Non solo. Sono in molti a ritenere che il sistema scolastico cinese – basato sull’ultracompetitivo gaokao – sia meno meritocratico di quanto sostenuto dal governo, oltre ad aver annullato qualsiasi spirito critico a causa di un metodo di apprendimento fondamentalmente mnemonico.

La Malaysia passa dall’olio di palma al durian

Noto per il suo odore nauseabondo piuttosto che per la sua bontà, il durian potrebbe presto soppiantare l’olio di palma come fiore all’occhiello dell’export malese. Il governo di Kuala Lumpur ha annunciato di voler incrementare del 50% le esportazioni del frutto entro il 2030, anche a costo di riconvertire le terre dell’azienda statale dell’olio di palma Felda. Un’esigenza resa più impellente dall’aumento verticale del consumo in Cina, dove ormai il frutto dall’odore pungente viene utilizzato nei modi più impensati, compreso come condimento per la pizza. Ma gli esperti avvertono: proprio come l’olio di palma anche le piantagioni di durian rischiano di aggravare il problema della deforestazione. Se non altro si prevede frutteranno nove volte quanto genera un ettaro coltivato a palma.