In Cina e Asia – Lotta alla corruzione, altre tigri in trappola

In Notizie Brevi by Redazione

Cina, lotta alla corruzione: altre tigri in trappola

Altre tigri cadono nella trappola. La lotta alla corruzione avviata da Xi Jinping nel 2012 continua la sua avanzata nelle fila del partito come nel privato. Wang Sanyun, ex segretario del partito comunista nella provincia del Gansu, ha dichiarato di aver preso delle tangenti dall’ex imprenditore Ye Jianming. Da marzo dell’ex boss della Cefc China Energy, un conglomerato privato nel settore degli idrocarburi, non si hanno più tracce. Wang sarebbe stato l’intermediario che avrebbe aiutato Ye a ottenere fondi dalla China Development Bank attraverso i contatti con l’ex capo dell’istituto, Hu Huaibang, un membro di spicco della finanza cinese, già a capo della Bank of Communications, tra le più importanti banche pubbliche cinesi e membro alternato del 18esimo comitato centrale del partito comunista. Non è chiaro se l’indagine al momento riguardi anche Hu.  

Gli Usa avvertono Seul: non allentate le sanzioni su Pyongyang

Il presidente Usa Donald Trump ha lanciato un avvertimento a Seul su un possiibile allentamento delle sanzioni contro la Corea del Nord. “Senza il nostro ok, non si farà nulla”, ha spiegato il capo della Casa bianca che ha ribadito di voler mantenere la massima pressione sul regime di Kim Jong-un. Le esternazioni di Trump arrivano a poche ore di distanza dalle dichiarazioni della ministra degli Esteri sudcoreana Kang Kyung-wha, che ha dichiarato di aver avviato una revisione delle sanzioni contro Pyongyang istituite nel 2010 dopo l’affondamento di una nave militare e della morte di 46 militari a bordo. Sarebbe comunque un gesto simbolico, dato che esiste già un pacchetto di sanzioni simili imposto dalle Nazioni Unite. Ma le dichiarazioni del governo di Seul inquietano Washington e mostrano le fratture dell’alleanza tra i due paesi.

Indonesia, bambini venduti su Instagram, la polizia chiude account

Quattro persone sono state arrestate dalla polizia indonesiana con l’accusa di compravendita di minori sul popolare social network di condivisione di foto. Tra gli arrestati una ventiduenne di Surabaya, che avrebbe per prima messo un annuncio di vendita per il proprio figlio. La donna stava per vendere il bambino per 15 milioni di rupie, circa 850 euro. L’account incriminato ha 700 follower e si presenta come una pagina che offre consulenza a donne che decidono di dare in adozione i propri figli prima della loro nascita. Per la polizia indonesiana almeno tre bambini sarebbero venduti attraverso il social network, di proprietà di Faceboook.