Lo abbiamo incontrato nella curia vescovile qualche giorno fa, prima che ripartisse per Mozambico, dove l'attende la sua parrocchia, ma soprattutto giovani, bambini e anziani che hanno bisogno del suo sostegno, del suo aiuto. Sempre vicino ai più deboli. A quanti soffrono la fame, l'assenza di lavoro, di un tetto sotto il quale dormire. A quanti dallo scorso anno stanno combattendo anche contro il rischio di infezione da coronavirus. Il Covid ha contribuito a incidere ulteriormente sulla mortalità.

L'aiuto, il sostegno, la vicinanza, di don Giorgio Ferretti, fidei donum della diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino dal 2017, sono importanti in Mozambico. A Maputo lo chiamano "padre George" ed è stato nominato parroco della cattedrale dedicata a Nostra Signora dell'Immacolata Concezione. Don Giorgio continua incessantemente la sua missione, insieme ai tanti volontari della Comunità di Sant'Egidio e ai catechisti della parrocchia. Ci siamo fatti raccontare l'attuale situazione che si sta vivendo in Mozambico.
«Tre generi diversi di problemi si registrano in Paese. Al Nord c'è il terrorismo islamista. Da diversi anni sta colpendo molto duramente la popolazione. Le origini sono complicate da spiegare. Sicuramente c'è l'influsso di un islamismo integralista che ha fatto presa molto sui giovani che non hanno possibilità di studiare, sui disperati senza lavoro e senza futuro.

Giovani musulmani che a un certo punto hanno cercato nel fondamentalismo una identità, una ribellione rispetto all'attuale situazione molto difficile della fame, della povertà, dell'impossibilità di studiare, di trovare un lavoro. In più il Nord è un punto un po' sensibile in questo momento, perché ci sono varie multinazionali che hanno trovato ricchi giacimenti di gas, è previsto l'inizio dell'estrazione. Ci sono anche miniere di rubini e altre ricchezze sfruttate non a favore della popolazione. Parte, quindi, del Nord del paese, che è già un luogo abbastanza complicato, è stato ulteriormente colpito da questo terrorismo.

Gli attacchi terroristici dal 2017 ad oggi hanno provocato molti rifugiati interni. Stiamo parlando di circa 820.000 su una popolazione di 28 milioni di abitanti. In particolare 240.000 sono nella città di Pemba, capoluogo della provincia nord di Capo Delgado. E 240.000 rifugiati fanno esplodere la situazione dal punto di vista dell'alimentazione, ma anche sanitario e sociale. E poi ci sono altri rifugiati in diverse zone del centro nord. E si pensi che di 820.000 rifugiati ben 400.000 sono bambini. Consideriamo che il 54 per cento della popolazione del Mozambico ha meno di 14 anni. Stiamo parlando di un popolo giovanissimo».

Adesso c'è una risposta armata internazionale…
«Ci sono truppe ruandesi, sudafricane che stanno aiutando l'esercito mozambicano per rispondere a questo terrorismo. E' sicuramente una risposta, in questo momento, necessaria di protezione per la popolazione, però è stato appurato, anche da altre esperienze recenti, che la guerra alla fine non è mai la soluzione. Bisognerebbe lavorare allo sviluppo della società, consentire lo studio e dare lavoro ai giovani, altrimenti a lungo andare se non si ha un progetto la situazione resterà sempre difficile. La Comunità di Sant'Egidio e la chiesa locale portano aiuti umanitari e cercano di tessere dei fili dialogando con gli imam (i leaders religiosi musulmani), cercando di costruire una coesione in un tessuto sociale che dovrebbe favorire una pace più larga». 

Nel centro del Paese come è invece la situazione?
«Per quanto riguarda il centro del paese, purtroppo abbiamo il fenomeno dei cicloni che si sono susseguiti negli anni. Molti di questi cicloni hanno distrutto la città di Beira e dintorni. Tanti i morti. Anche lì la ricostruzione fa molta fatica, perché non ci sono i soldi».

E al Sud dove lei vive?
«Al Sud, dove c'è la capitale Maputo, abbiamo avuto una forte incidenza del Covid forse perché è la parte del paese più sviluppata, con più movimento, con più comunicazioni con l'estero. C'è poi il problema delle vaccinazioni. Ancora pochissime. Siamo 800.000 vaccinati su una popolazione di 28 milioni. Siamo lontani anni luce dall'immunità di gregge. A metà giugno è poi arrivata la variante Delta che anche da noi è divenuta dominante. Il vaccino cinese che è inoculato in Mozambico purtroppo ha una bassa risposta a questa variante. Nel mese di luglio ho celebrato molti funerali, anche di amici cari. Adesso la situazione sembra sia leggermente migliorata, le curve salgono e scendono, tuttavia non è come in Italia. La curva che sale e scende non è dovuta ai vaccini, da noi è una cosa naturale. Oltre all'emergenza sanitaria da covid-19, c'è la povertà storica dovuta a lunghi anni di guerra civile, che è finita nel 1992 con la mediazione a Roma compiuta dalla comunità di Sant'Egidio, con il trattato di pace di Roma. Un trattato che ha dato una pace stabile, ma il paese è fortemente povero anche oggi».

Aiuti senza sosta da parte della comunità di Sant'Egidio
«La Comunità di Sant'Egidio dopo tutto questo lavoro per la pace ha continuato anche ad aiutare il Paese per lo sviluppo. È presente in tutti i distretti, in tutte le province. I volontari aiutano gli anziani più poveri, i rifugiati, i bambini di strada. Ci sono, inoltre, due importanti progetti. Il progetto "Dream" per la lotta all'aids. Abbiamo sparsi nel paese sette centri con tre laboratori biomolecolari d'avanguardia e curiamo circa 250.000 pazienti. Unitamente a questo c'è il programma "Bravo" che riguarda la registrazione anagrafica.

Ancora oggi tanti nei distretti più lontani non registrano i bambini o per difficoltà di raggiungere l'anagrafe, o per il costo che ha la registrazione. C'è pertanto il grande problema dei bambini che rischiano di non esistere, di non avere diritti. E i bambini che non esistono rischiano di scomparire. E questo succede anche a Maputo».

Dalla Ciociaria non fanno mancare il supporto…
«C'è grande solidarietà da parte dei vari sacerdoti e amici della diocesi. Devo dire che mi sento molto accompagnato da loro e anche dal punto vista economico sono stati di aiuto in diversi progetti. Ad esempio l'associazione di don Tonino Antonetti "Sara un angelo con la bandana" ci ha aiutato per la ristrutturazione di un centro nutrizionale nella periferia di Maputo dove ogni giorno diamo un pasto a circa 500 bambini. Ma ci sono tanti altri esempi. Mi sento poi sempre sostenuto dal nostro vescovo Ambrogio Spreafico, sempre presente. È anche venuto trovarmi a Maputo. C'è poi lo sforzo pastorale e caritativo da parte della Comunità in cui vivo».

Un messaggio ai cittadini della provincia di Frosinone?
«Anche se lontano fisicamente, sono vicino nella preghiera a tutti per il tempo difficile che si sta vivendo. Mai come oggi è fondamentale la solidarietà, per questo rivolgo loro un invito. Aiutiamo i poveri, lontani o vicini, però non chiudiamoci, perché come ha spiegato Papa Francesco "siamo tutti nella stessa barca". Il Covid ci ha mostrato come non ci si salva da soli. Dal punto di vista personale e di una società di un paese, siamo tutti interconnessi. Aiutiamo gli immigrati, gli anziani, le famiglie in difficoltà, facciamolo in missione o a casa nostra, come crediamo meglio ma apriamoci alla carità: il mondo sarà più giusto anche per merito nostro e saremo tutti più felici».