L'Associazione Anassilaos ricorda il Trattato di pace di Versailles

A cento anni dall’inizio della Conferenza di pace di Parigi, l'Associazione culturale Anassilaos invita i reggini a ripercorrere la storia

Il Trattato di pace di Versailles a cento anni dall’inizio della Conferenza di pace di Parigi (gennaio 1919) e dalla  sua firma (28 giugno 1919) sarà al centro della conversazione promossa dall’Associazione Culturale Anassilaos.

QUANDO

L’evento sarà moderato dal prof. Antonino Romeo e si terrà martedì 5 marzo presso lo Spazio Open con inizio alle ore 17,30.

Il relatore sarà introdotto dal Dott. Luca Pellerone, Vice Presidente Anassilaos Giovani. Con tale trattato si mise definitivamente fine alla Prima Guerra Mondiale anche se – come si disse poi- tale trattato preparò e pose le basi del Secondo Conflitto mondiale che sarebbe scoppiato pochi anni dopo, il 1° settembre del 1939.

La durezza della condizioni imposte ai paesi vinti e soprattutto le enormi riparazioni di guerra di cui si dovette far carico la Germania, sconfitta ma non vinta visto che i suo territorio metropolitano non venne occupato dagli alleati, considerata come la responsabile unica e principale della guerra, preparò il crollo della Repubblica di Weimar e il trionfo del Nazismo.

L’attenzione, inevitabilmente, va all’altro grande congresso di pace, quello di Vienna che mise ordine ad una Europa devastata dalle guerre napoleoniche. In quella circostanza i vincitori (Russia, Prussia, Austria, Regno Unito) furono clementi con la Francia che, di li a poco, venne riaccolta nel consesso delle potenze europee.

A quei tempi pero l’Ancien Regime non si basava certo sul consenso popolare e non doveva dare ascolto alle recriminazioni dei popoli che pure avevano sofferto la guerra. La Prima Guerra Mondiale fu invece un conflitto totale e globale che aveva coinvolto i soldati al fronte e insieme ad essi la popolazione civile; provocato crudeltà immani, scavato solchi di odio tra le nazioni e i popoli europei.

I vincitori reclamavano dunque vendetta per i torti e le distruzioni subite –soprattutto da Francesi e Belgi- e, paradosso della democrazia affidata al voto popolare – gli uomini di stato, anche quelli più avveduto e lungimiranti, non potevano sottrarsi alle istanze popolari, che oggi definiremmo “sovraniste” pena la perdita del consenso.