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Quella rosa che è una scocciatura, la povertà e la paura: “Noi bangla, qui solo per lavorare”

Sono la presenza ricorrente di una qualsiasi serata passata per le strade di Como. Dalla merce che vendono hanno preso il soprannome di rosari anche se molti degli ambulanti che lavorano in città non trafficano solo in fiori. Accendini, selfie stick e palloni luminosi sono il resto dell’offerta.

È difficile che i lettori non abbiano mai avuto un incontro ravvicinato con uno di loro, mentre aleggiano attorno ai gruppetti di turisti, le coppie sedute ai tavoli dei ristoranti o fumatori incalliti fuori dai bar.

Nonostante, per i più, gli ambulanti rappresentino una seccatura, dietro al kitsch di una rosa gialla o di un accendino a forma di water si celano delle storie all’intersezione tra povertà, sfruttamento e diseguaglianza.

Vengono spesso identificati come indiani o pakistani ma la stragrande maggioranza di chi vende a Como viene dal Bangladesh, un paese del sud-est asiatico a maggioranza Musulmana. Parlano qualche parola di Italiano, il giusto per lanciarsi in un “una bella rosa per una bella ragazza”. Se la cavano decisamente meglio con l’Inglese.

In una Piazza Cavour quasi deserta, vista l’ora, Alamin, un magro ragazzo poco più che adolescente, in Italia da circa un anno e mezzo, racconta il viaggio per arrivare in Italia. “Dal Bangladesh non è stato facile. Per prima cosa siamo arrivati in Libia,” spiega sorridendo cortesemente, nonostante le violazioni dei diritti umani a danno dei migranti nel paese africano siano fatto accertato.

”Per fortuna sono rimasto solo un mese e poi da lì ho preso la barca e sono arrivato in Italia.” Quindi ha passato un anno in comunità per poi andarsene, rimanendo in attesa di un permesso di soggiorno che non è ancora arrivato. “II vecchio governo era meglio. Quello di adesso un po’ meno.”

Affrontare un viaggio letale attraverso la Libia per finire a vendere rose non era il piano nemmeno di Mujahid che vende poco lontano. Per un primo periodo si è mantenuto facendo il lavapiatti a Cernobbio, in nero e senza documenti, finendo disoccupato e costretto a racimolare qualche euro ogni sera come ambulante.

“Troppo poco,” commenta tenendo in mano un mazzo di rose drammaticamente folto per essere sera tardi. “Gli Italiani sono brava gente ma nessuno compra e a me non piace insistere.”

I mazzi sono generalmente da venti. La maggior parte dei venditori racconta di comprare all’ingrosso a Milano per cinquanta centesimi a fiore o da connazionali che acquistano rose in quantità per poi rivenderle agli ambulanti meno abbienti.

Gli orari di lavoro variano di giorno in giorno e a seconda del periodo. Si comincia alle sette, ora d’aperitivo, per continuare fino a mezzanotte o l’una – ore in cui si batte la città tavolino a tavolino. La fine del turno è scandita da rituali diversi e personali.

Roby, che non ha voluto farsi ritrarre, lavora solo fino alle undici, perché vuole fare in tempo per la preghiera della sera. “Sai, noi Bangla siamo musulmani ma non siamo qui per fare casino o combinare guai. Siamo solo qui per lavorare,” racconta, spiegando come, da figlio primogenito, è venuto in Italia per sostenere i genitori e i fratelli rimasti in Bangladesh dove aveva un lavoro in un’organizzazione non governativa che rendeva troppo poco.

Alamin stacca invece il prima possibile la sera, mai dopo la mezzanotte per paura degli altri migranti da cui lui, una figura tutt’altro che imponente, non saprebbe difendersi.

Quando la serata di lavoro si conclude, tornare a casa a mazzo pieno e tasche vuote significa tornare in case sovraffollate. “Vivo qui a Como in una stanza che affitto a 150 euro al mese,” racconta Hasan, 49 anni, regolare ma disoccupato, ex lavapiatti.“Viviamo in cinque o sei persone ammassate in una stanza ed proprio una brutta situazione.”

Hasan ha un figlio che si prepara ad andare in università – in Bangladesh – anche grazie a quel poco che padre è riuscito a passargli. C’è da chiedersi se il figlio sa che il padre ha affrontato un viaggio lunghissimo per poi essere costretto a vendere rose rosse sciupate sotto le luci gialle dei lampioni gialli di Piazza Duomo. “Vedi, mi sono lasciato scappare quelli li, mentre parlavo con te,” dice indicando infastidito tre turiste americane che attraversano la piazza reggendo in mano delle rose. Si congeda e se ne va passo svelto, in cerca di qualcuno che compri.

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2 Commenti

  1. Si rivolgono per vendere le loro cianfrusaglie a una platea di persone “normali” e non a banchieri o multinazionali.
    Tuttavia chi gli affitta la stanza dove vivono in 5 e senza servizi a 150euro cadauno non sono multinazionali o banchieri ma persone “normali”. Questa gente disperata alimenta un economia sommersa e parassitaria molto spesso gestita da italiani “normali”.
    E se si cominciasse ad affrontare il problema anche da loro?

  2. Buon articolo – tocca tutte le corde, meritevole di una platea da giornaloni.
    Da tenere sempre presente il motto francese – onde evitare di creare discrepanze con chi lavora e agisce regolarmente.
    Va considerato che gli ambulanti si rivolgono ( per vivere) ad una clientela che spesso possiede un basso potere economico e difficoltà oggettive per poter pagare il mutuo o la rata dell’auto.
    Purtroppo i grandi gruppi, le multinazionali e le banche che vivono di spread si disinteressano perché Gordon Gekko ha insegnato loro che il pesce grande si nutre del piccolo.

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