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Vecchio cinema paradisiaco: contro il porno online a Como esiste (e resiste) l’ultima sala dell’hard

lI Cinema Italia è stretto tra la dogana merci di Ponte Chiasso e qualche casa scalcinata. L’insegna bianca, rossa e blu sovrasta una piccola porta in alluminio che si apre solo suonando un campanello. Non fosse per alcuni manifesti che leggono “Vietato l’ingresso ai minori di 18 anni” e i gemiti, sommessi che escono dalle tre sale, l’Italia potrebbe sembrare un vecchio cinema qualsiasi. L’esterno non tradisce il fatto che, in realtà è una delle ultime sale a luci rosse della Lombardia. Flavio, il distinto proprietario di 64 anni, siede dietro al bancone.

Ogni dieci minuti circa stacca un biglietto ad altri signori distinti e insospettabili che in cambio di sette euro, possono varcare le spesse tende verde petrolio delle tre sale, dove i film vanno a ripetizione. “Se devo essere sincero. Non mi ricordo come sono finito ad avere un cinema porno,” dice Flavio, sorridendo e cercando di ricostruire la catena di eventi che da Milano l’ha portato a Ponte Chiasso. La risposta all’enigma sta nella passione di Flavio per il cinema. Da adolescente organizzava proiezioni private per gli amici, trafficando in pellicole e frequentando assiduamente Via Soperga, sede milanese di case cinematografiche americane e dei distributori di film hard italiani.

“Con il tempo ho imparato tutti gli impicci e imbrogli di quel mondo. Mi hanno insegnato come eludere la censura, presentando una copia tagliuzzata, “soft” per approvazione e tenere una versione integrale per la proiezione.

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Poi tutto è cambiato. Il cinema di oggi non è più il mio cinema,” spiega, sospirando e indicando dei piccoli schermi al plasma da cui controlla che la proiezione proceda senza intoppi e sui quali corpi nudi di colori diversi si muovono a favore di cinepresa. I visi boccheggianti e muti. A fianco, alcuni lettori Dvd lavorano con un ronzio sommesso trasformando dati in immagini e fantasie.

Il Cinema Italia è nelle mani di Flavio da più di vent’anni ed esiste da quasi cento, ci viene raccontato. I cambiamenti dell’(auto)erotismo in Italia sono passati dalle sale di questo cinema e delle centinaia di sale sparse in tutta Italia.

Dagli anni 70, tempi di denunce per oltraggio al comune senso del pudore, passando per il periodo d’oro degli anni 80, fino all’avvento dell’home video, delle tv private, oggi siamo entrati nell’era di internet. Il web ha inondato di pornografia a basso costo che ha fatto saltare i tabù, ha aperto la strada alla pornografia amatoriale, a nuovi generi e nuove narrazioni ma ha contemporaneamente piantato un altro chiodo nella bara del cinema hard da schermo d’argento. Eppure, per Flavio, l’assassino non è internet. “Sono spariti tutti: registi, produttori, spettatori. Andare in un cinema porno non è più trasgressivo, dopo che hanno smesso con le retate, la censura e i processi” dice, spiegando che ormai le produzioni non sono nemmeno più italiane ma dell’Est Europa e che le attrici spesso vanno sotto pseudonimi italiani solo per attrarre il pubblico nostrano.

“Anche i titoli non sono più gli stessi – scherza, tenendo in mano la custodia di Baywatch (non l’omonimo telefilm con Pamela Anderson Ndr) – questa sembra una cosa leggere e invece è un pornazzo di due ore”. Tra pseudonimi e titoli vaniglia, gli spettatori in un venerdì pomeriggio qualsiasi sono molti più di quelli che ci si aspetterebbe, specialmente in un mondo in cui la pornografia è disponibile ovunque. Chi sono i clienti del Cinema Italia e perché vengono qui, chiediamo: “È un pubblico complicato” dice Flavio “c’è lo sposato che tra bambini e moglie certo non può mettersi di guardare film di questo tipo. C’è il pensionato che non può tenere cassette o dvd in casa. C’è il frontaliere che prima di tornare a casa si ferma da noi, i rappresentanti che devono passare del tempo tra un appuntamento e un altro, chi vanno a fare benzina in Svizzera. Ci sono quelli che ti chiedono a che ora comincia il film o la trama, come se avessero paura di perdersi l’inizio e quindi non capire la storia”.

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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