28 aprile 2019 - 20:08

Ratzinger: la fede della massaia
così simile a quella di Pascal

L’editore Cantagalli pubblica omelie inedite del Papa emerito
Che sa legare vite ordinarie e teologia. Qui un ampio estratto di uno dei testi

di JOSEPH RATZINGER - BENEDETTO XVI

Ratzinger: la fede della massaia così simile a quella di Pascal Giovanni Bellini (Venezia, 1433 ca. – Venezia, 1516) ), «Orazione nell’orto» (1465-1470, tempera su tavola), Londra, National Gallery
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Pubblichiamo un ampio stralcio di un’omelia inedita tratta dal volume di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI Per amore (Cantagalli, pp. 192, e 17), a cura di Pierluca Azzaro, in libreria da giovedì 2 maggio. La raccolta di omelie, in gran parte mai pubblicate, è stata voluta dallo stesso Papa emerito e si incentra sul tema fondamentale della sua riflessione teologica, cui da pontefice dedicò la sua prima enciclica, Deus caritas est («Dio è amore»). Il testo che anticipiamo è un’omelia del Giovedì Santo tenuta a Monaco di Baviera il 12 aprile 1979.

Un sacerdote austriaco mio amico ha di recente pubblicato un ricordo di sua madre, la quale in un tempo difficile, in condizioni di bisogno che oggi a stento possiamo immaginare, mise al mondo undici figli di cui otto spontaneamente presero la via del sacerdozio e della vita religiosa. Quel che più colpisce nel libro è il racconto del testamento della madre. Nel suo ultimo giorno di vita, la mattina aveva partecipato come sempre alla celebrazione eucaristica e aveva ricevuto il Corpo del Signore; poi aveva svolto i suoi soliti lavori quotidiani. La sera, come di consueto, aveva benedetto le foto dei figli insieme al marito ed era quindi andata in cucina per prepararsi una tazza di caffè. Lì, poco dopo, fu trovata riversa a terra priva di sensi e tre ore dopo morì. Ma quel che sconvolge è che sul tavolo si trovò una cartolina che poco tempo prima le aveva scritto uno dei suoi figli; in un angolino di essa rimasto vuoto, con una grafia debole ma ancora ben leggibile, aveva scritto: «Fa’ di me quel che vuoi, solo concedimi di amarti pienamente».

Evidentemente aveva sentito che stava per essere sopraffatta dalla forza distruttrice della morte, dall’imprevedibile crollo fisico, e aveva colto l’ultimo istante disponibile per dire un’ultima parola ai suoi, per definire ancora una volta sé stessa. E aveva trasformato quell’istante alla soglia della morte, quell’istante di paura estrema in cui stava per essere sopraffatta dall’insondabile, in una libertà piena: «Fa’ di me quel che vuoi, solo concedimi di amarti pienamente».

Joseph Ratzinger - Benedetto XVI (Marktl, Germania, 1927)
Joseph Ratzinger - Benedetto XVI (Marktl, Germania, 1927)

Se anche non si sapesse nient’altro del percorso di questa donna, da questo si potrebbe senz’altro riconoscere quale cammino abbia compiuto per potere alla fine trovare, con tutta la semplicità che le era propria, una tale grandezza, una tale maturità e libertà. E non c’è nemmeno bisogno di alcuna spiegazione per rendersi conto come da una vita simile sia dovuta necessaria mente promanare una specie di radioattività del bene che ancora sostiene e muove un’intera generazione rendendola a sua volta radioattiva del bene. E ancora: se anche non lo si sapesse, si potrebbe intuire, si dovrebbe presumere che una simile libertà in lei è cresciuta guardando a Gesù Cristo e vivendo in Gesù Cristo. In effetti questo è stato il suo cammino. Aveva vissuto con la liturgia e aveva cercato Cristo a partire da lì. E poiché una simile libertà proveniva da Cristo, per questo essa rimanda di nuovo a lui, lo indica e aiuta noi a vederlo meglio, a capirlo di più.

Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, «Per amore» (Cantagalli, pp. 192, euro 17), in libreria da giovedì 2 maggio
Joseph Ratzinger - Benedetto XVI, «Per amore» (Cantagalli, pp. 192, euro 17), in libreria da giovedì 2 maggio

A me sembra che il messaggio del Vangelo di oggi — il messaggio delle ultime ore di Gesù Cristo sulla terra: «Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine» — si può comprendere, grazie a quella frase e alla dinamica che contiene, meglio che non sulla base di dotti commentari. E grazie a essa possiamo capire meglio il mistero del Monte degli Ulivi, nel quale tutta la paura della creatura che si trova sola di fronte al nulla è tramutata in libertà. Nella libertà di un amore più grande: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). E siccome questo suo amore non era solo un vivere e un rispecchiare l’amore del Padre, ma era l’amore creatore del Figlio, per questo da esso proviene una radioattività del bene che giunge sino ai confini della terra, che è indistruttibile, che costituisce l’isola sottile ma affidabile della redenzione dalla quale viene quella luce che ci aiuta a vivere. (...)

Nella sua enciclica Redemptor hominis, il Santo Padre [Giovanni Paolo II] ha evidenziato come Gesù abbia riassunto tutto il suo messaggio in due frasi: «Credete al Vangelo» e «Convertitevi».

È l’invito a entrare nella gioia del suo amore, l’invito a entrare nell’Eucaristia. Ma quel Gesù che dice: «Venite!» e che si offre a noi è lo stesso che dice anche: «Convertitevi!» (...). In questa Enciclica egli ha anche fatto una diagnosi del nostro tempo che si accorda con la specificità di questa sera. Dice che il nostro tempo è il tempo di un nuovo Avvento. La parola Avvento innanzitutto ci fa venire in mente la consolazione e la gioia dell’attesa per l’avvicinarsi del Signore. Pensiamo all’attesa di Maria e alla luce silenziosa e gentile che da essa promana. Ma l’Avvento ha anche un’altra faccia. Significa anche la notte del Monte degli Ulivi. Significa anche trovarsi soli alla soglia del nulla e della morte. Significa lotta solitaria contro le potenze del caos nell’ora in cui i malvagi sono all’opera e i discepoli dormono.

Blaise Pascal, per molti anni segnato dalla malattia e che di continuo sperimentò la notte delle solitudini, la notte del Monte degli Ulivi, scrisse: «Gesù è in agonia sino alla fine dei tempi». Egli anche oggi è sul Monte degli Ulivi. E per accorgercene basta solo aprire un po’ gli occhi. Quante persone oggi sono spinte nella solitudine a motivo della loro fede, a motivo della loro coscienza; quante quelle spinte nella paura del nulla e della distruzione che le minaccia. E dobbiamo anche dire che i suoi discepoli dormono perché non vogliono o non sanno riconoscere la solitudine del Signore, il pericolo e la minaccia cui sono esposti i suoi. In tutti costoro c’è Avvento che invoca la trasformazione, che invoca la redenzione per mezzo dell’amore misericordioso di Gesù Cristo.

Traduzione dal tedesco di Pierluca Azzaro

© LIBRERIA EDITRICE VATICANA – EDIZIONI CANTAGALLI S.R.L

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