20 gennaio 2019 - 20:54

Calasso alla Scuola per Librai
«Puntare sulla qualità. Come al club»

Una parte del discorso che il presidente di Adelphi terrà venerdì 25 gennaio a Venezia nella giornata conclusiva del seminario della Scuola Umberto e Elisabetta Mauri

di ROBERTO CALASSO

Anouk Kruithof (Dordrecht, Paesi Bassi, 1981), «Enclosed Content Chatting Away in the Colour Invisibility», 2009; installazione composta da 3.500 libri Anouk Kruithof (Dordrecht, Paesi Bassi, 1981), «Enclosed Content Chatting Away in the Colour Invisibility», 2009; installazione composta da 3.500 libri
shadow

Pubblichiamo un estratto del discorso che Roberto Calasso terrà venerdì 25 gennaio, giornata conclusiva del XXXVI Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, presso la Fondazione Cini nell’Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia. La relazione di Calasso, intitolata Come ordinare una libreria, è in programma alle 11.45.

Partiamo dal caso di gran lunga più semplice: l’e-book. Oggetto di una infatuazione collettiva, per qualche tempo è fiorito come una rigogliosa pianta tropicale per appassire poi altrettanto rapidamente. Oggi appare acquisito che l’e-book è una modalità di lettura accanto a altre e continuerà a sussistere, senza però danneggiare il libro cartaceo in modo irreparabile, come taluni speravano e come invece è avvenuto per l’industria discografica sotto l’urto dei mezzi elettronici. Retrospettivamente, si può dire che per qualche tempo l’e-book ha soprattutto offerto il destro a molti per enunciare stoltezze di vario genere. Ricordo una voce e una sera d’estate, in una casa in stile californiano di un’isola greca in gran parte disabitata. La voce era di una signora piuttosto abbiente, dalle molteplici nazionalità, la quale dichiarava il suo entusiasmo per gli e-book, perché le avrebbero permesso di fare pulizia in casa, eliminando una volta per sempre quegli incongrui oggetti cartacei che spuntavano in ogni angolo e attiravano polvere: i libri.

 Roberto Calasso (Firenze, 1941, qui sopra nello scatto di Giorgio Magister)  è scrittore, editore e saggista.  È presidente della casa editrice Adelphi
Roberto Calasso (Firenze, 1941, qui sopra nello scatto di Giorgio Magister) è scrittore, editore e saggista. È presidente della casa editrice Adelphi

Quanto ad Amazon, il caso è ben più complicato e ben più rilevante. E qui occorre fare un passo indietro. Quando apparvero i primi libri Adelphi, nel 1963, nessuno immaginava che mezzo secolo dopo la massima concentrazione di denaro sarebbe derivata non dal petrolio ma dalla pubblicità. Punto che anche i senatori americani facevano fatica a capire fino a pochi mesi fa, quando Mark Zuckerberg pronunciò le tre parole che sono diventate l’insegna stessa del terzo millennio: «We run ads», «Abbiamo la pubblicità». Quelle parole erano la risposta a un senatore che non riusciva a spiegarsi in che modo Facebook guadagnasse denaro, anzi molto denaro. Altrettanto inimmaginabile era che un rivenditore di articoli vari sarebbe diventato l’uomo più ricco del mondo. Non era una stranezza, ma una fra le varie conseguenze dell’entrata nell’era digitale. Con solidi argomenti, una larga parte dell’umanità, in Oriente com e in Occidente, si dedica oggi ad acquistare una immane quantità di articoli vari e di servizi per via elettronica, in tempi brevissimi. Amazon è diventato l’emblema di questa mutazione — ed è eloquente il fatto che le sue prime applicazioni fossero riservate ai libri, terreno economicamente modesto, dove gli acquisti richiedevano spesso ricerche accidentate e frustranti. Ciò che accadde con i libri è perciò solo uno spicchio di un processo irreversibile e onnilaterale, che può solo perfezionarsi. Ogni tentativo di opposizione a questo processo è puro wishful thinking, fondato su valutazioni illusorie delle forze in campo. Nessuna catena di librerie potrà mai competere con gli sterminati magazzini di Amazon e con la sua capacità di fornire il prodotto in tempi minimi. E questo ha evidenti conseguenze per le librerie. Non però quelle che all’inizio si paventavano. Le imprese che oggi rischiano di più sono le più grandi, che di colpo si rivelano insufficienti in quanto non abbastanza grandi. D’altra parte, se crescessero ancora raggiungerebbero dimensioni sproporzionate al mercato dei libri, che è comunque un piccolo mercato e aspira al massimo a rimanere stabile. A questo punto dovrebbe essere però evidente che il mutamento radicale nel mondo dei libri non è che il contraccolpo di un mutamento ben più vasto, che di fatto riguarda tutto.

Oggi il libro è qualcosa che vive sui margini — e quasi di riflesso — rispetto a un magma in perpetuo mutamento, che si manifesta su schermi. Che si tratti di schermi e non di fogli di carta è una differenza gnoseologica, non funzionale. Occorrerà tempo perché si cominci a capire che cosa ha comportato, nell’apparato della conoscenza, questo slittamento dalla pagina allo schermo. E come ciò abbia condotto a una progressiva vanificazione di ogni possibilità di guardare al mondo come a un Liber Mundi, anche se appunto quel modo di guardare rimane sottinteso nel nostro passato più illuminante, per lo meno sino alle correspondances di Baudelaire. Questo processo globale stinge ormai vistosamente anche sui libri stessi che oggi vengono scritti. Ormai gli scrittori sono considerati come un settore dei produttori di contenuti e molti se ne appagano. Ma questo presuppone l’obsolescenza della forma. E dove non c’è forma non c’è letteratura. Questo aiuta a capire quella sensazione di angustia e di corto respiro che la letteratura del nuovo millennio non può che provocare. Per rendersene conto, basterebbe confrontare i libri degli ultimi venti anni con quelli apparsi nei primi venti anni del Novecento. Confronto che risulterebbe schiacciante, in sfavore del presente.

Come si traduce tutto questo nella vita di ogni giorno di un libraio? Cominciamo dal primo passo: si entra in una libreria, ci si guarda intorno. Se non si vuole soltanto acquistare un determinato libro, ma vedere anche quali altri libri si offrono, ci si porrà subito una domanda: quale criterio presuppone l’ordinamento e la disposizione dei libri? Per capirlo, occorre porsi un’altra domanda: questa libreria presuppone una nozione di quell’entità senza margini, sempre mal definita e sempre dirimente, che si usa chiamare letteratura? Se la libreria ha a che fare con la letteratura, la cosa non potrà che apparire evidente, in svariati modi, dall’ordinamento e dalla disposizione dei libri.

E se è una rivendita di articoli vari, quale oggi tende a essere qualsiasi catena? Per quanto varia sia l’offerta, sarà sempre di gran lunga minore di quella che offre Amazon. Ogni grande magazzino sarà sempre, in paragone, un minuscolo magazzino. E il tempo e la fatica richiesti per ottenere i vari articoli tenderanno sempre più a ridursi in favore di Amazon. Conseguenza immediata: la libreria come grande emporio, dove in linea di principio si trova di tutto, non sembra avere un brillante futuro. Ma che cosa accadrà all’altro tipo di libreria, che presuppone la nozione di letteratura? Per questa libreria si apre una sola strada: puntare su qualcosa che per via elettronica non si può ottenere: il contatto fisico con il libro e la qualità. Ma che cos’è la qualità? Non c’è domanda più difficile. Nel celebre romanzo di Robert Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, uno dei più memorabili del secondo Novecento, un padre e un figlio attraversavano gli Stati Uniti in motocicletta tentando di capire che cos’è la qualità sulla base del Fedro di Platone. E non arrivavano a un risultato certo, esattamente come i neuroscienziati di oggi, che scrivono dei qualia ma non sono arrivati a dircene nulla di essenziale. Eppure la qualità — inafferrabile, indefinibile, elusiva — continua a essere una presenza costante in ciò che chiunque vive. La qualità qualifica ogni istante, come il linguaggio ci costringe a dire.

Ma come può, per esempio, manifestarsi la qualità in una libreria? La risposta è inevitabilmente empirica e in larga misura ipotetica. Può darsi che la qualità debba appartenere innanzitutto al luogo. La libreria dovrà presentarsi come un luogo dove si ha voglia di entrare, con la stessa naturalezza con cui, nella Londra dell’Ottocento, alcuni entravano nel loro club o nel loro pub preferito. Ma qui non c’è bisogno di conoscere gli altri soci o avventori. I soci saranno certi libri che si trovano sui tavoli o negli scaffali. La libreria dovrebbe essere il luogo dove comunque si trova qualcosa che vorremmo leggere. Che può essere la novità appena stampata o la traduzione di un testo cuneiforme.

© Roberto Calasso

L’appuntamento alla Fondazione Cini

Si tiene dal 22 al 25 gennaio a Venezia, presso la Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio Maggiore, il 36° Seminario di Perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, organizzato dalla Fondazione Mauri con Messaggerie Libri e Messaggerie Italiane, l’Associazione Librai Italiani, l’Associazione Italiana Editori e il Centro per il Libro e la Lettura. Un appuntamento in cui l’editoria italiana e internazionale, insieme a figure professionali di altri settori, si confrontano sul presente e sul futuro del libro. Venerdì 25 la giornata conclusiva, curata da Achille Mauri e coordinata da Stefano Mauri e Giovanna Zucconi, sarà dedicata al tema «Parlare di Europa». Apriranno i lavori Angelo Tantazzi (Prometeia) con un intervento sulle Proiezioni per il 2019 e Ricardo Franco Levi, presidente dell’Aie, su Il mercato del libro in Italia e in Europa. Tra gli altri ci saranno gli interventi dell’economista Lucrezia Reichlin e di Romano Prodi. Ad Achille Mauri è affidato il ricordo di Inge Feltrinelli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT