25 gennaio 2019 - 00:01

Gelide bracciate: quando nuotare diventa uno sport da pinguini

Si chiama Ice Swimming ed è il nuoto in acque con temperature sotto zero, senza muta e senza olio isolante. Paolo Chiarino lo pratica dal 2012: ha nuotato in Siberia. Perché lo fa? «È una botta di adrenalina pazzesca»

di Lorenza Cerbini

Gelide bracciate: quando nuotare diventa uno sport da pinguini
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«Sono anni che non prendo mal di gola, raffreddore o influenza. Ho sviluppato un sistema immunitario potente. E nuotare in acque gelide fa bene alla circolazione sanguigna». Niente aspirine per Paolo Chiarino, l’atleta genovese (brianzolo di adozione) che nonostante abbia superato i cinquant’anni dialoga ancora con la sua migliore amica, l’avventura. Dal 2012 immerge il termometro in laghi e mari e si tuffa solo quando la colonnina va sotto zero. Meno cinque gradi? «Temperatura perfetta per essere considerata Ice Swimming», dice lui che sabato scorso ha gareggiato in un bacino nella catena dell’Atlante, 2500 chilometri di montagne africane tra il mare e il Sahara. «Non avevo mai nuotato in Marocco, è stata un’esperienza davvero unica», dice.

I Mondiali della disciplina oltre il Circolo Polare Artico

Ice swimming è la disciplina che pratica, poco nota in Italia, ma apprezzata in Russia, Paesi scandinavi e Repubblica Ceca dove «ogni weekend c’è una gara e competono molti giovani fondisti». A metà marzo a Murmask (Russia), cittadina situata sul Circolo Polare Artico, si terranno i Mondiali e Chiarino forse ci sarà, sponsor permettendo. I viaggi costano soprattutto se il «fai da te» è la regola. Un pazzo? Lui risponde: «No davvero». E le sue prime tifose sono moglie e figlia adolescente. Si difende: «La mia consorte mi ha conosciuto che ero già così». Inseguendo le acque più gelide, Chiarino ha girovagato per il mondo, protagonista d’imprese al limite dell’impossibile: ha attraversato lo stretto di Bering su una nave della Marina militare russa, ha nuotato a ridosso del Perito Moreno, ha circumnavigato a nuoto l’isola di Manhattan e da dieci anni detiene il record di traversata del Lago di Garda («54 chilometri da nord a sud senza muta»).

Gelide bracciate: quando nuotare diventa uno sport da pinguini

Nessuna muta, nessun olio isolante

Nato marinaio («ho imparato a nuotare sul litorale ligure con mio padre»), alle acque gelide si è affidato con slancio dopo essere stato invitato, lui fondista, a una manifestazione nella Repubblica Ceca. «Mi sono divertito, una botta di adrenalina pazzesca». E non ha più smesso. Cuffia in silicone, occhialini, slip ed è pronto. Sono pochi gli oggetti in valigia. Nessuna muta, nessun olio isolante. Si porta appresso solo un chiletto in più, messo lì intorno all’ombelico testimone di un’alimentazione da golosone più che per rigore atletico. «Dolci e qualche frittura, non ne posso fare a meno», dice. E l’uomo diventa foca? Macché. «Essere un po’ rotondetti aiuta, come avere una muta naturale, ma per questa disciplina non serve. Basta l’allenamento, fare l’abitudine all’acqua ghiacciata. Le gare sono brevi e si disputano sui 450 metri o sul chilometro. La più impegnativa è la ice mile, un miglio, milleseicento metri. Li percorro in 32 minuti». Nuota in mare, nei fiumi (con la corrente a favore), nei laghi di montagna. Quelli di Pusiano, Montorfano e Segrino (tutti nel Lecchese) sono diventati le mete dei suoi allenamenti.

Gelide bracciate: quando nuotare diventa uno sport da pinguini

«Meglio avere qualcuno accanto: di solito ci si tuffa in 6 o 7»

Raramente solo, «preferisco avere qualcuno accanto. Di solito ci tuffiamo in sei o sette». Insomma, il maestro sta circondandosi di discepoli, bracciata dopo bracciata sta costruendo la sua scuola, con l’obiettivo di riuscire, un giorno, ad organizzare una manifestazione in Italia. «Bisogna superare la burocrazia e vincere l’immaginario collettivo che reputa questo sport pericoloso». Il suo punto di riferimento è l’Ice Swimming Federation con base in Sud Africa e pronta a battersi per ottenere un passaporto olimpico. Alla fine non c’è bisogno di uno stadio, ma di un lago ghiacciato dove ricavare una piscina di venticinque metri e otto corsie. «La maggior parte delle gare si svolgono in vasca. In pratica, il ghiaccio viene tagliato con le seghe elettriche, blocco dopo blocco». Prima della gara, gli atleti attendono in tende riscaldate ed escono solo al loro turno. «Accade che faccia più freddo fuori che dentro all’acqua». In mare è diverso, venti e correnti rendono l’esperienza più estrema. E per Chiarino più affascinante. Tre tentativi sono stati necessari per l’attraversamento dello stretto di Bering (2013). «I primi due sono andati a vuoto per questioni burocratico organizzative. Poi è intervenuta la Marina russa che del progetto ha fatto una questione di prestigio. Nonostante tutto, ci sono volute tre settimane per portarlo a buon fine».

L’unico italiano alla alla base russa

I ricordi sono nitidissimi. «Alla partenza dalla base russa eravamo 45 nuotatori selezionatissimi. Io l’unico italiano. Ci siamo alternati a staffetta. Sono entrato in acqua 13 volte, dai dieci ai quindici minuti per sezione. Abbiamo completato la traversata in sei giorni e solo in 15 siamo riusciti a toccare le coste dell’Alaska. La corrente ci respingeva indietro». L’ultima impresa nel novembre passato. Chiarino si è imbarcato su una nave da crociera in direzione Polo Sud. Una vacanza rilassante? No, ovvio. «Diciamo che abbiamo preso un passaggio». E arrivati a Port Lockroy, osservati dai croceristi esterrefatti (e dagli ancor più esterrefatti pinguini), gli atleti selezionati dall’Ice Swimming Association si sono allontanati in canotto per un miglio per fare marcia indietro a nuoto. «Non servono superuomini per questo tipo di esperienze — dice Chiarino — ma solo buoni nuotatori allenati». Lui, che nella vita dirige un’azienda di abbigliamento sportivo, si sveglia tutti i giorni alle 4,45 per «essere alle 7 in piscina alla Canottieri Olona a Milano e nuoto un’ora». Il fine settimana, sedute al lago e se le condizioni non lo permettono non resta che ingegnarsi. «I colleghi del Sudafrica si allenano nelle vasche delle aziende ittiche. Io dispongo solo della mia vasca da bagno. Capita che la riempia di acqua fredda e cubetti di ghiaccio, ma che sofferenza! Stando fermi, al freddo, il tempo davvero non passa mai».

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