8 maggio 2019 - 23:03

Dentro i padiglioni della Biennale
Quadri nel buio e conchiglie di lava

Dal muro della Germania ai sandali indiani di legno: una selezione di quindici spazi nazionali presenti alla rassegna (e il tempo che serve a visitarli)

di PIERLUIGI PANZA, nostro inviato a Venezia

Dentro i padiglioni della Biennale  Quadri nel buio e conchiglie di lava Il Padiglione allestito dalla Russia alla Biennale di Venezia: è firmato dal regista Alexander Sokurov e dall’artista Alexander Shishkin-Hokusai (foto Ansa / Andrea Merola)
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I padiglioni nazionali presenti alla 58ª Biennale d’arte, che aprirà sabato 11 maggio a Venezia, sono 79: Haiti ha dato forfait e quattro sono qui per la prima volta (Ghana, Madagascar, Malesia e Pakistan). Presenti molti piccoli Paesi anche africani e asiatici, che si affiancano alle tradizionali presenze europee, americane, o del Far-East.

Il regista Aleksander Sokurov
Il regista Aleksander Sokurov

I temi più affrontati sono quelli dell’identità locale in rapporto al globalismo, ma anche dell’identità sessuale personale. Molti presentano dei video. Tutti, come ha ricordato il presidente, Paolo Baratta (che ha dedicato questa edizione allo scomparso Okwui Enwezor, curatore della Biennale del 2015), «cercano di creare un dialogo tra visitatore e mondo dell’arte». Sul Padiglione Italia il «Corriere» riferirà nei prossimi giorni. Qui ne selezioniamo quindici con indicazione di un possibile tempo di visita.

Arabia Saudita. D’effetto. Al-Ghamdi riempie il padiglione di conchiglie di lava retroilluminate costruite da donne saudite. Se le tocchi suonano e senti il mare. Seconda volta in Biennale (tempo per la visita: 3 minuti).

Austria. C’è scritto all’ingresso: «In mostra sono presenti contenuti sessuali espliciti; età raccomandata dai 12 anni in su». Dunque, dopo i 12 anni è l’età dei sex-toys, delle allusioni sessuali e dei tulipani proposti da Renate Bertlmann in Amo ergo sum (5 minuti).

Belgio. Bentornati i tempi dei bisnonni. Ecco le marionette del calzolaio, dell’arrotino, del filatore… insidiate, però, da zombi psicopatici fuori controllo. Con il Mondo cane di Jos de Gruyter & Harald Thys si sorride un po’ (5 minuti).

Brasile. Si chiama Swinguerra (di Wagner & de Burca) ed è una danza contemporanea di «tensione politica». È ballata da giovani brasiliani «in prevalenza con corpi neri di genere non binario» (dal catalogo). Gestualità e agitazione tra identità gender, razza e potere (video, 15 minuti).

Cile. Una bella esposizione su un tema top del conformismo: «l’egemonia del maschio bianco eterosessuale» (è scritto proprio così nel pannello), specie nei musei. Voluspa Jarpa espone anche documenti della Cia e foto del rapimento Moro. L’anno prossimo sarà la volta della donna omosessuale nera extraeuropea? (20 minuti).

Emirati Arabi.Passage sono video site-specific di Nujoom Alghanem sulla «esperienza della dislocazione». Concettuali: si va da quanto ha fatto l’artista per realizzare il padiglione (autoreferenziale) al ritratto inventato di una donna sfollata. Interessante, ma serve attenzione (30 minuti).

Francia. Si entra da dietro, scivolando sull’erba e tra i detriti edilizi (no tacco 12). I nostri mari e spiagge sono coperti di rifiuti e il mondo di Laure Prouvost li rivisita con poetica surreale: un polpo esce dal video e diventa un’installazione (20 minuti).

Giappone. Dunque: nella notte dei tempi sole e luna si incontrarono e da un grande uovo nacque una roccia, poi la vita, quindi… Video immaginifici in bianco e nero e altro. Bisogna aver pazienza (1 minuto oppure un’ora).

Germania. Due anni fa hanno abbattuto il muro del Padiglione per «aprirlo all’esterno». L’anno scorso hanno rimosso il pavimento per «vedere sotto». Quest’anno hanno costruito un muro di cemento che lo divide a metà per riflettere sugli apolidi. Ossessione muraria, da Gottfried Semper e per sempre (dai 2 ai 15 minuti).

Gran Bretagna. Mostra fragile, come i rametti secchi e le ceramiche di Cathy Wilser che sono esposte; meglio Sarah Lucas la scorsa volta. Comunque, dopo l’impresa del Liverpool bisognerebbe affidare il padiglione a Jurgen Klopp sulle note di You’ll never walk alone di Gerry and the Pacemakers (10 minuti).

India. Si celebra Gandhi nei 150 anni dalla nascita. Commoventi le centinaia di paduka — sandali in legno e non in cuoio perché questo è simbolo di violenza — appesi alle pareti da GR Iranna (30 minuti).

Israele. Se non vi bastano le code alla Asl, potete entrare nel Field Hospital X di Aya Ben Ron, che ne simula una: biglietto, poltrone d’attesa, registrazione visita. La dottoressa vi stende sul lettino e un video mostra una storia d’ordinaria ingiustizia. Al termine potete emettere un urlo liberatorio (almeno 40 minuti).

Russia.Lc. 15: 11-32 è la Parabola del figliol prodigo, ben rappresentata dal quadro di Rembrandt, ora all’Hermitage, al quale il regista Alexander Sokurov dedica la sala centrale. Mostra spettacolare nell’oscurità (10 minuti).

Stati Uniti. Un colophon con un centinaio di sostenitori per la mostra di un solo artista, Martin Puryear: Liberty/Libertà. È estremamente chiara. Sono oggetti ben definiti in bronzo, vimini, ferro, catrame, rete, granito, sassi contro l’innovazione tecnologica (15 minuti).

Venezuela. Il padiglione è chiuso. Baratta dice che «arriveranno». Maduro o Guaidó? Per ora, sul catalogo è scritto «Repubblica bolivariana del Venezuela» (0 minuti).

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