19 marzo 2019 - 21:35

La fedeltà che trascende la vita

L’essere fedeli o infedeli riguarda ogni dimensione dell’esistenza:
una riflessione di Claudio Magris. Tra riferimenti letterari che attraversano i secoli

di CLAUDIO MAGRIS

La fedeltà che trascende la vita
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«Metamorfosi è vita della vita, il vero e proprio mistero della natura creante: Costanza è rigidità e morte. Chi vuol vivere, deve superare sé stesso, deve trasformarsi, deve dimenticare. E tuttavia ogni umana dignità è legata alla costanza, al non dimenticare, alla fedeltà». La fedeltà di cui Hofmannsthal parla in questa lettera a Richard Strauss — e che è sempre al centro del suo vivere e del suo scrivere — non riguarda, a differenza del Dizionario di teologia morale di Francesco Compagnoni, Giannino Piana e Salvatore Privitera, soltanto o soprattutto il rapporto coniugale bensì la vita stessa, nella totalità del suo fluire e in ogni suo istante.

Fedeltà e infedeltà sono entrambe vita e morte, in ogni dimensione dell’esistenza; l’amore, il desiderio, il sentimento, il sesso sono per eccellenza il territorio del loro incontrarsi, scontrarsi e contraddirsi.

È ad esempio in questo senso che Marco Missiroli intitola Fedeltà il suo recentissimo romanzo. Non è solo e forse non è soprattutto la storia dei personaggi, dei quattro personaggi principali e del loro incontrarsi, comprendersi, fraintendersi, capirsi, temere di perdersi o di ritrovarsi, cercare di nascondere a se stessi i propri sentimenti e la loro vaghezza. Sentimenti, sfumature, labili ambiguità, cose narrate con forza e finezza. Il romanzo è soprattutto la storia sottile della fedeltà stessa, della sua necessità e della sua sfuggente impalpabilità. Le vicende sentimentali sono ovviamente una cartina al tornasole di quel fluttuare, della sua struggente assolutezza e del suo trascolorare indistinto. I grandi amanti che hanno molti amori non amano tanto l’una o l’altra persona ma tutte, come si amano i fiori di ogni primavera senza distinguere troppo l’uno dall’altro. Nel Divano occidentale-orientale, la stupenda raccolta lirica di Goethe, la bellissima Suleika dice all’amato: «Tutto sta eterno dinanzi al volto di Dio. Amalo, in me, per questo istante».Ma la fedeltà implica un valore che si realizza non solo nell’eros e che trascende quest’ultimo.

È il senso stesso della vita, la lotta donchisciottesca contro la morte e contro quella morte che è l’oblio. Gettare il guanto in faccia alla tracotante superbia e vanità dell’effimero. La fedeltà per eccellenza riguarda l’amicizia, che ne è un sinonimo; fedeltà e amicizia sono forse la stessa cosa. Essere infedeli a una persona amata — non solo nel sesso, anche in altre dimensioni e rapporti — significa essere infedeli alle proprie bandiere, a ciò che siamo e in cui crediamo, a noi stessi.

Il protagonista-narratore del racconto L’Aleph di Borges, quando muore la sua amata Beatriz ed egli capisce che il tempo nel suo continuo mutare si sta allontanando da lei, dice a sé stesso: «Non cambierò io».

La prima fedeltà va a sé stessi e alla propria legge, alla propria verità che tante volte si cerca di non vedere. In una storia ebraica chassidica il rabbino Zussia, in punto di morte, dice ai suoi fedeli che presto il Signore non lo sgriderà perché lui non è stato Abramo o Mosè ossia perché non è stato un grande e vero santo, ma gli dirà: «Disgraziato, perché non sei stato Zussia?».

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