27 marzo 2019 - 12:37

Il Giappone e le «donne di conforto» durante la Seconda guerra mondiale

di YUJI AMAMIYA, CONSOLE GENERALE DEL GIAPPONE A MILANO

Il funerale per l’ex «donna di conforto» coreana Kim Bok-dong a Seul, il 1° febbraio scorso (Reuters) Il funerale per l’ex «donna di conforto» coreana Kim Bok-dong a Seul, il 1° febbraio scorso (Reuters)
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Caro Direttore, il «Corriere della Sera» nella recensione al libro intitolato Corea, la guerra dimenticata si faceva riferimento al tema «donne di conforto», fatti avvenuti durante la seconda guerra mondiale. Ebbene, il Governo giapponese riconosce che il tema «donne di conforto» abbia ferito profondamente l’onore e la dignità di numerose donne e per questo ha espresso ed esprime continuamente le sue sincere scuse e i suoi rimorsi.

Con il dovuto rispetto, chiediamo il permesso di precisare che: il numero 200 mila, come citato nell’articolo, non ha una base concreta. La relazione sui risultati degli studi condotti all’inizio degli anni Novanta da parte del Governo giapponese concluse «che era particolarmente difficile determinare il numero totale delle donne di conforto, considerando che non è stata ritrovata alcuna documentazione che potesse indicare un numero preciso né che potesse dare basi sufficienti per stabilire un numero».

Tali studi comprendono quelli condotti presso gli archivi dei Ministeri giapponesi e degli Archivi nazionali degli Stati Uniti nonché interviste condotte nei confronti dell’ex personale militare, degli ex operatori delle cosiddette stazioni di conforto e infine dell’Ong «The Korean Council for the women Drafted for Sexual Slavery by Japan». E infine, il giornale giapponese che divulgò per la prima volta questo dato, ha ammesso il proprio errore.

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