28 settembre 2018 - 10:36

Proteggere e non maltrattare: i diritti animali nella storia italiana

Il libro di Giulia Guazzaloca «Primo non maltrattare. Storia della protezione degli animali in Italia» racconta l’evoluzione storica dell’animalismo nel nostro Paese

di Anna Mannucci

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A fine agosto, i responsabili del www.thedonkeysanctuary.org.uk hanno fatto un accordo con il sindaco di Santorini a proposito del trattamento di asini e muli sull’isola greca. Animali usati per portare a spasso i turisti, migliaia e migliaia di turisti anche obesi o con bagagli pesanti, su stradine ripide, sotto il sole cocente, senza ripari, senza acqua, spesso feriti e con piaghe. L’intesa prevede garanzie “sindacali”: orario di lavoro, riposo, acqua fresca a disposizione, cure mediche e altro a tutela degli equidi. Questa situazione aveva suscitato lo sdegno e le proteste degli animalisti locali, ma anche, e forse soprattutto, delle grandi associazione inglesi, come appunto thedonkeysanctuary, orripilate dallo sfruttamento crudele degli asini e capaci di mobilitazioni a livello internazionale.

È una vicenda che si ripete da più di un secolo, i civili inglesi che si scandalizzano («scandalo» è la parola chiave) per come i «rozzi» popoli del sud trattano cavalli, asini e muli usati come mezzi di trasporto. Succedeva anche in Italia a fine ottocento e nei primi decenni del ‘900, lo spiega bene Giulia Guazzaloca in Primo non maltrattare. Storia della protezione degli animali in Italia (Laterza 2018). Ed è importante il termine «protezione», un concetto molto diverso dall’animalismo, fenomeno diventato noto alla fine degli scorsi anni ‘80 (anche se la parola fu scritta per la prima volta nel 1982 da Alberto Pontillo, fondatore della Lav).

Guazzaloca è una storica e ricostruisce accuratamente una storia di solito poco conosciuta, scandita dalla periodizzazione classica: età liberale, fascismo, dopoguerra, boom economico, anni Settanta e infine il passaggio dalla cosiddetta Prima Repubblica alla Seconda. Perché:«Le istanze della tutela degli animali si sono sviluppate all’interno delle più vaste trasformazioni politiche, culturale, economiche e culturali che il mondo occidentale ha conosciuto negli ultimi due secoli», scrive l’autrice nella prefazione. Per esempio, molti saranno stupiti dall’attività a favore degli animali domestici (ma non dei selvatici) svolta dal fascismo, all’interno di un’ottica di difesa del patrimonio zootecnico e di educazione delle classi più basse.

A proposito della prima guerra mondiale, tutti sappiamo del feroce massacro che la «grande» guerra ha fatto sui militari e sui muli e asini e cani e colombi che combattevano con loro. Ma Guazzaloca ci rivela un altro aspetto: la quotidianità con gli animali ha cambiato il rapporto con essi dei soldati, di solito di origine contadina e comunque abituati a considerare le bestie come oggetti da lavoro e fornitori di cibo. Invece il vivere insieme rischi, sofferenza, fame, morte, ha cambiato la percezione di questi uomini, che cominciarono a vedere l’animale come compagno. Un altro caso: i pet, il concetto stesso di «pet», nasce con l’urbanizzazione e il benessere.

Perché la relazione con gli animali si modifica nelle vicende storiche, nella società, nelle culture. E cambiano anche le specie animali da proteggere, dagli equidi si passa ai cani e solo dopo molto tempo ai gatti.

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