5 luglio 2018 - 17:37

Il paese dove si impara la pace,
il metodo Rondine vola all’Onu

I 180 ragazzi coinvolti nel progetto saranno protagonisti delle Celebrazioni del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo a New York

di Diana Cavalcoli

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Voleranno fino alle Nazioni Unite per raccontare che un mondo migliore è possibile. I 180 ragazzi di Rondine, la Cittadella della Pace di Arezzo, saranno protagonisti delle Celebrazioni del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo a New York. Il 10 dicembre 2018 saranno loro, arrivati in Italia da luoghi di conflitto in tutto il mondo, a raccontare cosa si possa fare per superare l’odio tra popoli.

Provenienti dal Medio Oriente, dal Caucaso, dall’Africa, dall’India sono ragazzi che hanno dovuto imparare sulla propria pelle cosa significa superare la rabbia. Per due anni sono infatti stati coinvolti in un progetto che li ha visti convivere sviluppando nuovi modelli relazionali. E i risultati di questo «viaggio verso la pace» sono già sotto gli occhi di tutti. Elisabetta Belloni, segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, ha detto: «L’Italia con Rondine, Cittadella della Pace, intende portare alle Nazioni Unite un esempio concreto (una buona pratica) da cui ripartire sul grande tema dei Diritti Umani».

L’applicazione del metodo

Tra i risultati più importanti ottenuti dai ragazzi, c’è «Initiative for democratic and peaceful elections», prima applicazione concreta del Metodo Rondine nei luoghi del conflitto. Un progetto di formazione e sensibilizzazione che ha contribuito a evitare episodi di violenza in occasione delle recenti elezioni presidenziali in un paese instabile come la Sierra Leone. Qui dopo la sanguinosa guerra civile iniziata nel 1991 e finita solo nel 2002, i morti sono stati 50mila.E solo negli ultimi anni è iniziata una faticosa ricostruzione su cui si è abbattuto Ebola con altri 4.000 morti.

In questo contesto sono state promosse attività di formazione rivolte a circa 360 leader della comunità locali che ancora oggi hanno grande autorevolezza e un ruolo determinante nella trasmissione di informazioni all’interno delle comunità locali associate. Accanto a questo una campagna di sensibilizzazione che ha attraversato i 14 distretti del paese con incontri pubblici nelle comunità, tavole rotonde nelle principali università del Paese, i mass media locali e i social network per poi costituire una commissione che ha supervisionato in modo informale il processo elettorale. Al grido di “One voice, one vote, no violence” la campagna è arrivata dalla capitale Freetown fino alle periferie più remote della Sierra Leone coinvolgendo circa 700 beneficiari diretti e circa 2,5 milioni di beneficiari indiretti.

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