31 ottobre 2018 - 18:15

La «rivoluzione impact» parte dall’India

I progetti nati dal summit mondiale della finanza a impatto sociale a Nuova Delhi. Due miliardi in «education outcome fund» contro le povertà educative. L’esperimento indiano è stato «esportato» in Africa e Medio Oriente

di Giovanna Melandri, presidente Human Foundation e Social Impact Agenda per l’Italia

La «rivoluzione impact» parte dall’India
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A Nuova Delhi, nei giorni del summit mondiale della finanza a impatto sociale, a inizio ottobre, il Marriot Hotel dell’Aereocity si è trasformato in un laboratorio di cambiamento. Tutto è stato preparato nel dettaglio da sir Ronald Cohen, promotore delle giornate di Delhi e, dal 2014, presidente del Gsg (Global Steering Group for impact investment, organizzazione nata dopo i lavori della task force G7), per assicurare a una platea mai così numerosa - 900 delegati da 50 paesi - di essere protagonista di un salto storico. Organizzare una stagione di capitalismo sociale, strutturare investimenti sempre crescenti contro le diseguaglianze. Questo l’obiettivo della rivoluzione impact, che a Delhi è stata celebrata anche nei simboli, con l’incontro tra la finanza ad impatto sociale e il movimento della Rivoluzione Sostenibile, come l’ha chiamata Al Gore, ospite d’onore e testimonial dell’evento. Al fianco di Cohen e Gore, anche Ratan Tata, l’imprenditore indiano, padre della rivoluzione elettrica in uno dei settori più inquinanti dell’industria, quello delle automobili.

D’un colpo, il movimento della finanza ad impatto sociale (di cui parliamo anche nell’inchiesta di questa settimana, ndr) è uscito dalla sua nicchia. Impact investing, dopo il passaggio decisivo di Delhi, non è più una formula esoterica per dare un’etichetta al «cuore invisibile dei mercati» e agli investimenti for good, basati su rischio, rendimento e impatto sociale e ambientale (misurabile e positivo). Il movimento si è dettagliato, declinato, dotato di un programma di lavoro preciso, anch’esso misurabile. Al centro dell’offensiva impact lanciata a Delhi, due Education Outcome Fund, entrambi finanziati con un miliardo di dollari, dedicati al contrasto delle povertà educative. Il primo in India, il secondo in Africa e Medio Oriente.

Per realizzare l’Outcome Fund indiano è stato creato un ente dedicato alla sua progettazione: Social Finance India. Ed è stato interessato il governo indiano di Narendra Modi. L’idea è quella alla base di tutti gli Outcome Funds. Primo: un gruppo di investitori sociali scommettono su progettualità che hanno un obiettivo ad impatto sociale forte. In questo caso, quello di abbattere l’analfabetismo, arginare la dispersione scolastica, contrastare la diseguaglianza di genere nell’accesso all’istruzione. I progetti finanziati (che di fatto corrispondono a vari Social Impact Bonds tematici) vengono sottoposti a un processo di valutazione, per comprendere se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti. In caso positivo, l’Outcome Fund, finanziato da una serie di outcome payers (in questo caso: un mix di filantropia, Csr e fondi pubblici indiani), restituisce agli investitori il capitale, più una parte di rendimento correlata ai risultati raggiunti.

L’esperimento indiano è stato «esportato» nell’area Africa e Medio Oriente. A lavorare all’iniziativa come Ceo è la ex ministra tunisina Amel Karboul, coordinatrice del Maghreb Economic Forum. Il gruppo latinoamericano del Gsg, poi, ha lanciato una terza iniziativa strategica: un Fondo dei Fondi ad impatto (Iiff) da un miliardo di dollari, che scommette su fondi dedicati a sostenere piccole e medie imprese o a costruire infrastrutture in settori come il social housing, la salute, l’agribusiness. Il protagonismo del Centro e Sud America nel movimento impact è crescente. In Messico, a febbraio, a Merida, si svolgerà l’impact forum latinoamericano, evento attesissimo nel settore. E il prossimo summit mondiale si svolgerà in Cile, a novembre 2019, mentre il movimento prende piede in Colombia e Costa Rica (dove sta nascendo il National Advisory Board dell’intero Centro America).

L’Europa (che ho l’onore di rappresentare nel Board of Trustees Gsg) non è stata a guardare e ha iniziato a lavorare alla possibilità di progettare un Refugee Outcome Fund, uno strumento impact dedicato all’integrazione dei rifugiati, sul modello del Koto-Sib, il social impact bond a tema già attivo in Finlandia, finanziato con 14,2 milioni di euro. Su questo, a Delhi, abbiamo aperto un’interlocuzione seria con le realtà impact europee, per finanziare intanto uno studio di fattibilità indispensabile a far partire il progetto. Se non vogliamo che l’attuazione degli Obiettivi del Millennio resti sulla carta, è tempo di occuparci sempre più e meglio di impact investing. Anche per questo, confidiamo che il nuovo Governo non dimentichi l’Outcome Fund da 25 milioni di euro istituito pochi mesi fa nel nostro Paese. Una primissima dotazione di fondi pubblici per sperimentare, anche da noi, modelli outcome based e pay by result, che potrebbero finalmente fare decollare anche in Italia politiche e progetti sociali basati sulla valutazione e sulla misurazione.

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