29 settembre 2018 - 12:21

Diop, da «vucumprà» a gestore di un lido: «Sono l’unico africano nel business»

Viene dal Senegal e faceva lavoretti umili con tanti sacrifici. «Se guardo indietro non ci credo». Nel suo stabilimento a Marina di Castagneto (LI) gli ambulanti possono entrare, ma solo di mattina

di Jacopo Storni

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MARINA DI CASTAGNETO CARDUCCI (LI) — Su questa spiaggia, Diop Diogal faceva il venditore ambulante. «Vucumpra», lo soprannominava qualcuno. Era appena arrivato in Italia, era il 1994. Trascinava i piedi sulla sabbia sormontato da una montagna di oggetti: vestiti, braccialetti, cappelli, orologi, accendini. Disturbava i clienti che prendevano il sole, sbarcava il lunario con pochi spiccioli al giorno. Oggi Diop, a distanza di 24 anni, è sempre su questa spiaggia. Però come gestore dello stabilimento balneare. «Sono l’unico imprenditore africano nel settore del turismo».

Dalla miseria alla gloria. Ma quanti sacrifici nel mezzo. Se guarda indietro non ci crede. È arrivato in Europa con un visto turistico per la Francia. Nizza, poi l’Italia. «Ho sentito parlar bene dell’ospitalità della vostra gente, così sono venuto». Ha iniziato come imbianchino a Milano. Tre euro l’ora. Sudore e sfruttamento. Poi contadino, dodici ore al giorno nei vigneti a raccogliere l’uva. In ciabatte, vestito di stracci. Destino comune per molti immigrati. Poi ambulante, tutti i giorni sulla spiaggia dorata di Castagneto Carducci. «Quanta fatica - ricorda Diop - La gente crede che i senegalesi siano contenti di fare questo lavoro, ma lo fanno perché non trovano di meglio. Alcuni di loro sono laureati. È un lavoro umiliante». Lo è stato anche per Diop, che però non ha mai mollato.

Passano i mesi e diventa cameriere all’albergo Dune, fronte spiaggia. Il proprietario dell’hotel, Sandro Runci, gli propone di fare il bagnino. «Sono cresciuto a Dakar, vicino al mare, avevo il brevetto internazionale per diventare bagnino». Inizia la sua avventura in spiaggia, era il 1997, in quell’anno salva alcune persone che rischiavano di affogare. Si impegna, lavora sodo. Poi la svolta. Il proprietario gli propone di entrare in società. Due anni dopo il grande balzo. Da socio a gestire unico dello stabilimento. Oggi è il capo, con lui lavorano la moglie Awa e i due fratelli. Ha quattro figli nati in Italia, parlano toscano. Uno di loro sogna di diventare bagnino. Quando sente parlare di razzismo, Diop sorride: «Non credo al razzismo, il razzismo nasce dall’ignoranza».

È preoccupato per il clima di tensione tra immigrati e italiani. «Con questo clima politico, anche le persone più tranquille cominciano ad avere paura dei migranti». Attraverso la sua storia, vuole essere d’esempio. «Certo, ci sono anche stranieri che delinquono, ma non è giusto che sia tutta la categoria immigrati a pagare. Ci sono gli spacciatori, ma ci sono anche quasi 600mila imprenditori stranieri come me». Diop gira per la spiaggia candidamente vestito. Maglietta e pantaloni bianchi. Tutti lo salutano. Apre e chiude gli ombrelloni, sistema i lettini e si intrattiene coi clienti.

Nel suo stabilimento gli ambulanti possono entrare, ma soltanto di mattina e rispettando i clienti. Per loro, Diop è diventato un punto di riferimento. Diop sogna di tornare in Senegal, prima o poi. «Laggiù ci sono le mie radici». Con l’aiuto della Regione Toscana, ha costruito una scuola femminile a Dakar. «Il futuro sarà dell’Africa - dice convinto - I ragazzi africani devono restare nel continente e farlo crescere. Non vale più la pena venire in Italia, non ci sono più le possibilità di una volta. Dobbiamo liberarci dallo sfruttamento dell’Occidente e tornare padroni delle nostre terre. Il futuro dell’Africa è nostro».

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