21 agosto 2018 - 16:34

Il ballo delle operatrici con i migranti richiedenti asilo che fa arrabbiare il sindaco

A Gabriele Girometta, sindaco di Corte Maggiore, (Piacenza) la notizia che anziché pulire giardini e marciapiedi, i richiedenti asilo del Cas facciano festa con le operatrici non va bene. La fotografia dello stato di salute dei Centri di Accoglienza Straordinari

di Francesca Ronchin

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Un frame del video
Un frame del video

«Se hanno tempo per far festa, allora avrebbero anche il tempo per fare i lavori socialmente utili che avevano promesso». A Gabriele Girometta, sindaco di Corte Maggiore, (Piacenza) la notizia che anziché pulire giardini e marciapiedi, i richiedenti asilo del Cas (Centro di Accoglienza Speciale) facciano festa con le operatrici del centro, proprio non va giù perché i ragazzi che hanno pubblicato su facebook video e foto sono gli stessi che lo scorso 26 marzo avevano sottoscritto un «patto di volontariato» con il Comune. Da aprile invece hanno progressivamente abbandonato rastrelli e ramazze «per mancanza di tempo» come comunicato dal Cefal Marenostrum Piacenza, la Cooperativa di Bologna che gestisce il CAS presso la struttura di proprietà dell’Opera Pia Alberoni.

L’accordo tra Comune e Cefal era stato firmato il 26 marzo e doveva coinvolgere 10 dei 16 richiedenti asilo, tutti maschi dell’Africa Subsahariana tra i 18 e i 30 anni e tutti, a parte un caso di diniego per il quale sono state già avviate le pratiche di ricorso, ancora in attesa di una risposta da parte della Commissione Territoriale che dovrà decidere se riconoscere o meno la protezione internazionale. Proprio nel tentativo di aiutare il percorso d’integrazione il Comune aveva proposto servizi di pubblica utilità e la stessa cooperativa si era impegnata a far rispettare l’accordo, già realizzato con successo nel 2017. «Nulla di troppo gravoso - spiega Girometta - solo tre ore settimanali a testa». Come indicato dalla stessa convenzione, «un modo per dare dignità e senso alla loro presenza sul territorio e renderli parte attiva della rete sociale di cui sono venuti a fare parte».

A luglio invece, il Cefal spiega via mail che poiché i richiedenti asilo hanno firmato dei contratti di lavoro, sono impossibilitati a svolgere il servizio e che quindi devono sospendere almeno fino a ottobre 2018. «I ragazzi lavorano - spiega Fabio Federici responsabile del Cas- ed è stato proprio per festeggiare la possibilità di guadagnare qualcosa e mandare dei soldi nei loro paesi, che è nata l’idea di organizzare la festa al centro». In realtà, i contratti di lavoro che per la maggior parte dei ragazzi sono di tipo agricolo e vanno da luglio a ottobre, prevedono un impegno di soli 10 giorni su un arco di oltre tre mesi. «Sono lavori a chiamata - spiega uno dei datori di lavoro che preferisce restare anonimo - tu ne assumi otto per sperare di averne due che vengono a lavorare perché quelli motivati sono pochi».
Che il lavoro sia saltuario e che il tempo per fare volontariato ci sarebbe, alla cooperativa dichiarano di saperlo ma «il problema è che non sai mai quando ti possono chiamare», chiarisce Federici spiegando di essere in attesa di un incontro con il sindaco, proprio per trovare un accordo.

Dalla sua Girometta spiega di aver provato a contattare Federici diverse volte, di aver trovato sempre il telefono staccato e se le cose non cambiano minaccia di voler interrompere i rapporti con un gestore che ha perso il controllo della situazione. «Ricevo continue segnalazioni di azioni degradanti - spiega Girometta mentre ci mostra i messaggi ricevuti su facebook e whatsapp - urinano nei giardini pubblici e condominiali, la sera escono a tarda ora in bicicletta percorrendo le strade provinciali senza nessun dispositivo di illuminazione o giubbotti catarifrangenti. Mi risulta che nella struttura ci dovrebbe essere un tutor di giorno e di notte ma non credo ci sia».

Per poter usufruire dei fondi previsti, come da Capitolato del Ministero dell’Interno per la gestione dei centri accoglienza, la Prefettura di Piacenza richiede la verifica costante delle presenze e quindi un operatore notturno in loco. In pratica, se di notte, viene registrata l’assenza di un ospite, per la cooperativa sono 35 euro in meno. Nel Cas di Corte Maggiore però l’operatore notturno non c’è mai stato e solo negli ultimi due mesi è stato ingaggiato un servizio di sorveglianza per un paio di controlli dopo le 22.
Mentre nel vicino comune di Bettola, dove il Cefal gestisce un altro Cas, la situazione appare più tranquilla, molti dei ragazzi lavorano a tempo pieno e il sindaco, Paolo Negri, rimanda all’autunno ogni discussione per il rinnovo dei servizi di volontariato, a far precipitare i rapporti con l’amministrazione comunale di Corte Maggiore sarebbero stati una serie di eventi spiacevoli verificatisi nelle ultime settimane. Prima la notizia dell’arresto di uno dei richiedenti asilo per spaccio di droga, poi quella di una diffida da parte della Prefettura nei confronti di un altro ospite a causa di gravi infrazioni del regolamento del centro di accoglienza che vieta tra le altre cose, di portare alcolici ed estranei nella struttura. Come se non bastasse, la notizia dello scorso 25 maggio di una protesta dei richiedenti asilo finita con il sequestro delle operatrici. Il fatto era stato scatenato da un cambio programma sul giorno di distribuzione del food money, 4.50 euro a testa giornalieri necessari a fare la spesa. Dopo un paio d’ore di discussione solo l’arrivo delle forze dell’ordine è riuscito a far rientrare la protesta. «Ora il clima è migliorato - spiega Federici - e anche per questo abbiamo pensato di premiare i ragazzi con una festa. Anche se qualcuno l’ha dipinta come un festino poco ortodosso, in realtà si è trattato di un semplice aperitivo analcolico, nulla più».
Due ore di semplice allegria tra aranciate, patatine e una scelta musicale all’insegna dell’integrazione spaziando dal rapper nigeriano L.A.X. alla danza del ventre con Amr Diab, fino a Jovanotti e Baby K.. Ad animare le danze, nel ruolo di ballerine, le stesse operatrici di struttura oltre a due insegnanti d’italiano e alla psicologa. «E’ stata solo un modo per motivare i ragazzi - ha spiegato la psicologa - perché nella struttura c’è un clima di grande demoralizzazione al limite della depressione. Pensare che abbiamo fatto da animatrici, lo trovo offensivo». Anche per l’insegnante d’italiano, la festa è nata dal desiderio di risollevare l’umore dei ragazzi stremati dalla lunga attesa della protezione internazionale e dall’aver trovato, fino ad ora, solo lavori stagionali».

Ma se a giudicare da foto e video l’iniziativa ha entusiasmato i ragazzi del centro, non ha convinto buona parte della comunità magiostrina. «Che la gente si possa divertire, niente di male - scrive un cittadino sul quotidiano La Libertà - ma che le autorità non ne fossero a conoscenza è un fatto molto grave. Ciò dimostra che alla Cooperativa fanno quello che vogliono, in barba ai percorsi creati con accordi sottoscritti oggi e disdetti domani». Oltre al patto di volontariato, tra i progetti naufragati vi sarebbero anche la coltivazione di un orto iniziata nel 2017 proprio su iniziativa del Cefal e grazie alla disponibilità di un agricoltore locale ma poi interrotto per mancanza di manodopera, e infine la riparazione delle biciclette. Non solo, benchè il Cefal si contraddistingua per essere il centro di formazione professionale del Movimento Cristiano Lavoratori da sempre impegnato nell’addestramento lavorativo, se da un lato ha favorito l’inserimento dei ragazzi in attività culturali sul territorio come squadre di calcio e l’animazione estiva con i volontari del Grest, dal 2016 non ha avviato alcun corso di formazione professionale e la prima attività è un corso da carrellista in partenza il prossimo settembre . «Difficile fare rete lontano dalle nostre sedi abituali - spiega Federici - in Romagna siamo più organizzati». Troppo poco per il sindaco che incalza. «Mentre noi ci preoccupiamo di trovare soluzioni per l’accoglienza, la cooperativa pensa a fare feste, per di più in un momento in cui l’annunciata stretta governativa sui finanziamenti alle cooperative imporrebbe maggior oculatezza circa la qualità dei servizi offerti e l’utilizzo delle risorse».

Una fotografia poco rosea dello stato di salute dei Centri di Accoglienza Straordinari italiani emerge dall’ultimo rapporto stilato da In Migrazione sui bandi di gara pubblicati da 101 Prefetture. In linea con un quadro nazionale di criticità diffuse, in Emilia Romagna solo il 29% dei centri risulta buono mentre il 57% risulta carente tra cui proprio la provincia di Piacenza. Nello specifico la progettualità proposta, la quantità dei servizi alla persona e all’integrazione, la qualità del gruppo di lavoro e l’insegnamento della lingua italiana, non raggiungono la sufficienza. Meglio, ma appena sufficiente, invece il voto dato all’assistenza sociale e psicologica. «C’è sempre da migliorare ma per noi la situazione è tranquilla. Degli unici due ospiti che non lavorano, uno continua a fare volontariato mentre l’altro, ha manifestato l’intenzione di tornare in Nigeria e ci siamo già attivati con l’Oim per effettuare il rimpatrio assistito» spiega Federici. «Trovo tutta questa polemica piuttosto sterile. Quanto al fatto che le operatrici ballassero con i ragazzi del centro, non ci vedo nulla di poco professionale e se dovessero organizzare un’altra festa, per quanto mi riguarda, potrebbero rifarla tale e quale».

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