21 aprile 2018 - 11:13

La «mala comunicazione politica» spiegata da Angelo Baiocchi

Un racconto analitico, qualche volta ironico, di dove stanno andando lo scontro politico e il modo di comunicare tra politica e cittadini in Italia

di Silvia Morosi

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Leader incerti e idee confuse. Sembrano queste le due costanti della vita politica nel nostro Paese. Le cause sono tante e una parte di responsabilità, non la principale, ce l’ha anche la comunicazione utilizzata dalla politica (che potremmo definire «la mala comunicacion», giocando con il titolo del film «La mala educación» di Pedro Almodóvar, ndr), come spiega al Corriere della Sera Angelo Baiocchi, autore del volume «Comunicazione e politica. Guida moderna per cittadini sbandati e per politici allo sbando» (Edizioni Ponte Sisto). Docente universitario, autore, regista, giornalista, ha deciso di stilare un manuale per fornire ai cittadini una guida capace di orientarli nella vita politica italiana, tracciando un ritratto degli eventi più importanti della nostra storia e dei fenomeni che si sono affermati negli ultimi anni: dalla crisi dei partiti e delle ideologie, dalla personalizzazione della leadership alle tensioni sociali che hanno rovesciato schemi secolari. Senza dimenticare di raccontare, non senza ironia, le modalità di comunicazione utilizzate dai principali leader dell’ultimo decennio: da Berlusconi a Gentiloni, passando per Prodi, D’Alema, Veltroni, Monti, Renzi, Salvini, Grillo, Casaleggio padre e figlio, Di Maio, Meloni e altri. Ne abbiamo parlato con l’autore.

La comunicazione, da quando esistono i mass-media, è diventata veicolo e territorio fondamentale della politica. Ma l’avvento delle strategie comunicative a fini politici non è certo un fatto nuovo nella costruzione del potere. Perché è importante tornare a stabilire un rapporto costruttivo e cosa è mancato o saltato negli ultimi anni?

In realtà non c’è mai stato un rapporto costruttivo tra politica e comunicazione se non nel senso che la comunicazione serve a ottenere consenso e a vincere. Negli ultimi anni si è assistito nelle democrazie occidentali a un progressivo prevalere della comunicazione così detta “di pancia” e emotivamente modellata sulle paure della cittadinanza a scapito delle proposta ragionevoli, e ragionate, di risoluzione dei problemi

Chi sono in generale i cittadini  sbandati? E chi i politici allo sbando?

I cittadini sbandati sono quelli, direi la stragrande maggioranza, che vengono sommersi da una serie pirotecnica di promesse fondate sul nulla e da una commistione-confusione di visioni, di progettualità, di sistemi ideali e di valori. I politici allo sbando sono gli autori di tutto quanto sopra, completamente dediti al tatticismo e a cavalcare l’irrazionalità e, soprattutto, le vicende giudiziarie che colpiscono l’avversario ben sapendo che prima o poi capiterà anche a loro stessi.

Perché scegliere come strumento una guida (lunga)? Quale intento ha fatto nascere il libro?

Il libro è un tentativo di capire, e magari di tentare di far capire, gli intrecci complessi e spesso contraddittori che stanno dietro ai messaggi semplicistici della comunicazione politica di oggi; di cercare di svelare meccaniche, paradossi e, perché no, menzogne. In questo senso è un tentativo di guida, forse sarebbe meglio dire di orientamento. Mi è venuta un po’ lunga perché contiene due percorsi: il primo è un’analisi diciamo generale dei fenomeni, il secondo specificamente dei principali leader. La seconda parte deriva certamente dalla prima, ma forse potevano anche costituire due parti separate, diciamo due libri.

Cosa cambia alla luce del risultato elettorale? Cosa prefigurava il libro?

Il libro, cui ho dato l’ultimo ritocco a metà gennaio 2018, non contiene pronostici elettorali, ma tutta l’analisi porta abbastanza chiaramente a prefigurare un esito come quello che si è verificato e cioè il prevalere, anche elettorale, delle forze più coerenti nel giocare la carta della “mala comunicazione”, le così dette forze populiste, con tutti i limiti e i distinguo del termine. In realtà tutti più o meno hanno seguito la stessa strada e quelli che lo hanno fatto sin dall’inizio, con più coerenza e con più spregiudicatezza hanno vinto: insomma, come si usa dire, meglio l’originale di chi copia. Il risultato delle elezioni non è certo inaspettato, visto il clima ideologico-culturale e le modalità di comunicazione nettamente prevalenti nel paese da un po’ di tempo. E al di là del fatto che siamo un paese inquietante per il fatto di cambiare a ogni stormir di fronde la legge elettorale e nel farne di fatte malissimo, un risultato tripolare non è una rarità nelle democrazie occidentali. Solo che la conseguenze di questo tipo di risultato è che due si devono alleare per forza: ma quello che altrove si chiama alleanza tra partiti per formare un governo, da noi si chiama inciucio e causa in genere uno scatenamento di veti e pregiudiziali. Per poi magari risolvere le cose con centinaia di cambi di casacca e di trattative più o meno limpide per cercare i “responsabili”.

Un lavoro che parte 10 anni fa dalla nascita del Pd. Cosa ha cambiato questo soggetto nel panorama della comunicazione politica? Cosa ha portato di nuovo?

Rispondo con le prime righe del libro: quando il Pd nacque era sembrato che l’Italia si stesse dotando finalmente di una forza politica progressista “moderna”, “europea”, come ci si compiaceva di dire, anche se il nuovo partito era frutto della combinazione tra i due partiti più atipici della storia europea del dopoguerra: la Dc (di sinistra) e il PCI. Il resto è noto: scissioni, liti, la mancata elezione di Prodi alla presidenza della repubblica, un referendum sballato, aree, correnti e sottocorrenti, bersaniani, dalemiani, giovani turchi, civatiani, speranziani, fassiniani, orlandiani e, soprattutto, renziani e gigli magici.

Quali sono le buone e quali le cattive abitudini comunicative, a destra e a sinistra?

Bisogna intendersi: cosa significa fare buona comunicazione politica? Se significa fare una comunicazione che funzioni per ottenere consenso e voti, oggi decisamente quella della destra e dei 5 stelle è incommensurabilmente superiore. Effettaccio e aggressività ne sono elementi fondanti. La sinistra non sembra al momento avere più argomentazioni in grado di mobilitare. Se significa fare comunicazione corretta e seria, che sia stimolo a e conseguenza di una buona politica, oggi mi sembra che nessuno ne faccia.

Dalla cattiva politica alla politica peggiore...

Dove siamo arrivati? Si tratta della sintesi di quello che io chiamo il circuito, la spirale verso il basso. Si parte dalla cattiva politica che suscita lo sdegno dei cittadini; questa viene amplificata, anche in maniera esagerata e talvolta infondata, dai media e dalla rete; la politica risponde non recuperando la propria dignità e il cercando di alzare il proprio livello, ma adeguandosi sempre di più lei stessa all’antipolitica e alla propria denigrazione e quindi, per apparire più attrattiva, abbassa ulteriormente la propria qualità.

Potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Sono questi i tre pilastri fondamentali su cui si basa il moderno «Stato di diritto» che garantisce la democrazia tramite il principio della divisione del potere. Da Platone ad Aristotele, da Locke sino ad arrivare al pensiero di Montesquieu, tutti i grandi pensatori della storia hanno teorizzato il principio della separazione dei poteri, in modo tale che ognuno possa controllare l’altro in modo capillare, allontanando cosi il pericolo della tirannia. In che modo la politica ha invaso sfere altrui?

In Italia abbiamo assistito, in maniera più marcata rispetto alle altre democrazie occidentali, a due fenomeni contrastanti e complementari al tempo stesso. Per lungo tempo la politica è entrata patologicamente nelle organizzazioni della società per controllarle e trarne dei vantaggi: fino a voler influenzare o addirittura gestire decine di migliaia di nomine, assunzioni, appalti e chi più ne ha più ne metta. Poi, pur continuando a tentare di fare tutto questo, si è enormemente indebolita ed è entrato in campo il potere giudiziario, che è un potere per sua natura, anche nelle normali democrazie, più forte di ogni altro e da un lato ha fatto un po’ di pulizia, dall’altro ha clamorosamente condizionato la normale dialettica politica.

Che ruolo ha avuto la tv nell’avvicinare o allontanare la politica dalle persone? E che ruolo la rete?

La tv ha da molto tempo ormai un ruolo preponderante. L’ultima campagna elettorale è stata sostanzialmente un itinerare dei principali leader per settimane e settimane da un’ospitata televisiva a un’altra. Tra l’altro si tratta di un modo di fare propaganda elettorale gratuito, cosa non da poco in una fase in cui la politica ha demagogicamente rinunciato a ogni forma di finanziamento pubblico, si riduce gli stipendi, si vergogna di ogni cosa che in tutto il mondo libero è perfettamente normale. La rete acquista via via un’importanza sempre maggiore per la comunicazione dei politici, anche se al momento è certamente sopravvalutata nei suoi effetti: quello che si dice in rete acquista un vero rilievo comunicativo quando viene ripreso dagli altri media. Ma il suo vero impatto è dato dal fatto che attraverso la rete comunica una parte, minoritaria ma chiassosa, di cittadini.

Come riavvicinare, quindi, i giovani alla politica?

Dico una terribile banalità: il miglior modo sarebbe quello di fare una politica migliore, dare loro l’idea che la classe politica, ai vari livelli territoriali, si pone seriamente come interlocutrice per i loro problemi di formazione, di lavoro, magari anche di crescita interiore. Insomma il miglior modo sarebbe quello di riacquistare la loro fiducia. Poi ci sono gli aspetti di tecnica comunicativa, diciamo gli accorgimenti, ma qui il discorso sarebbe puramente tecnico e troppo lungo.

Quali sono i tre eventi piu significativi del Novecento che per lei raccontano il legame tra comunicazione e  politica?

Dal punto di vista dell’efficacia nell’acquisire consenso rispondendo alle frustrazioni profonde e mobilitando l’adesione fiduciosa direi, senz’altro e purtroppo, le prese di potere delle dittature di massa di destra: nazismo e fascismo. La conquista del potere da parte dei partiti comunisti è stata molto diversa. Nelle democrazie ho sempre ammirato la capacità di toccare in modo profondo l’elettorato, in modi quasi opposti e di fronte a bisogni psico-sociali anch’essi quasi opposti, di Mitterand e di Thatcher.

Cosa significa per lei «politica»?

E’ un’attività che ha come scopo primario quello di arrivare a ottenere un potere di decisione pubblica (decidere cose che valgono per tutti) e poi di gestirlo. Nell’ambito di questa sua natura si è creata nella storia una enorme molteplicità di valori, di convinzioni condivise o meno, di ideologie, di tecniche che hanno differenziato la storia dei popoli.  

Quali gli strumenti che il buon politico non deve mai dimenticare nella casetta degli attrezzi?

Direi: farsi delle domande; stabilire degli obiettivi; acquisire le necessarie conoscenze; saper comunicare. Se ne dovessi privilegiare uno, direi che oggi acquisire conoscenze è un elemento che conta molto più di ieri, quando i grandi sistemi ideologici definivano il quadro di riferimento della proposta politica. Oggi capire cosa vuole “la gente” in tutte le sue segmentazioni è fondamentale e spesso sorprendente.

Cosa caratterizza, i poche parole, la comunicazione di Berlusconi, Prodi, D’Alema, Veltroni, Monti, Bersani, meloni (unica donna), Renzi, Gentiloni e… Salvini, Grillo e Di Maio?

Sottolineo che si tratta di valutazioni esclusivamente di efficacia comunicativa.

Berlusconi - Punti forti: quasi tutti. Debole: non è proprio uno “statista” autorevole.

Prodi – Forte: l’originalità di stile. Debole: una comunicazione un po’ umorale e permalosa.

D’Alema – Forte: l’autorevolezza (anche se non ho mai ben capito fondata su cosa).Debole: l’arroganza.

Veltroni – Forte: il calore. Debole: il mix di presunzione e fragilità caratteriale.

Monti – Forte: l’impressione di essere molto intelligente (il che è vero). Debole: la sopravvalutazione di sé stesso.

Bersani – Forte: la confidenzialità. Debole: non è proprio un leader.

Renzi – Forte: un talento comunicativo straordinario. Debole: la sordità di fronte all’evidenza, per cui tende a sbagliare lo sbagliabile.

Salvini – Forte: quasi tutto. Debole: non riesce a liberarsi da un certo zotismo razzisteggiante che inquieta molti etc

Grillo – Forte: l’irresponsabilità del palcoscenico (può dire quello che vuole senza renderne conto) – Debole: l’irresponsabilità del palcoscenico.

Di Maio – Forte: chiarezza e tranquillizzazione – Debole: sarà capace?

Gentiloni – Forte: serio e rassicurante – Debole: poca sensazione di leadership

Meloni – Forte: populismo con capacità di ragionare – Debole: un po’ come Salvini, dovrebbe liberarsi di un po’ del su zotismo fascisteggiante che inquieta.

Cosa distingue la comunicazione politica dei nostri capi di stato, oltre pacatezza?

Fare il presidente della repubblica è un mestiere più facile di altri dal punto di vista del conseguimento di stima, considerazione, popolarità da parte dell’opinione pubblica. Il presidente non deve prendere decisioni di politica economica e questo lo mette al riparo dalla prima forma di aggressività da parte dei cittadini. Ha poi la possibilità di dire cose sagge, ragionevoli, anche nobili senza poi doverle fare (come il papa: chi può sostenere che dica cose sbagliate e dannose per noi?). Se poi il presidente è anche una persona seria e autorevole, come da noi finora tende ad accadere, ecco che gli indici di fiducia sono sempre alti.  

Destra e sinistra esistono, come gli estremi. Sono anche questi punti forti della comunicazione politica? 

E’ mia persistente convinzione che il fatto che non esistano più destra e sinistra è una fake news dei nostri tempi, che tra l’altro conviene a molti. Anche se, ovviamente, i due atteggiamenti mentali e politici di fondo (che sono sempre esistiti) si evolvono, si intrecciano, danno luogo a combinazioni e contrapposizioni del tutto nuove anche solo rispetto a pochi anni fa. Su temi quali il ruolo dello stato, la fiscalità, il lavoro, la sicurezza, l’ambiente, i valori etici etc, si possono – e si devono- fare proposte chiare che esprimano un sentiment più orientato a destra o orientato a sinistra. La confusione su questo è sempre stata pericolosa.

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