25 aprile 2018 - 23:26

Pedofilia, Papa Francesco e le scuse alle vittime cilene

Svolta nel caso Barros, il vescovo cileno accusato di aver coperto il prete pedofilo Fernando Karadima. Il pontefice riceverà tre giovani che hanno subito molestie: «Voglio condividere il loro dolore».

di Gian Guido Vecchi

Papa Francesco (Reuters)
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Juan Carlos Cruz è già a Roma, «sfortunatamente il Papa ha ascoltato le persone tossiche che lo circondano e che deve fermare: devono andarsene». Sabato incontrerà Francesco e come lui anche James Hamilton e José Andres Murillo saranno ricevuti in privato a Santa Marta. Il Papa «li ringrazia per aver accettato il suo invito» e parlerà con loro uno ad uno «per tutto il tempo necessario», ha spiegato il portavoce della Santa Sede, Greg Burke: «Desidera chiedere loro perdono, condividere il loro dolore e la sua vergogna per quanto hanno sofferto e, soprattutto, ascoltare tutti i loro suggerimenti al fine di evitare che si ripetano tali fatti riprovevoli».

Il caso Barros

L’invito del Papa era annunciato fin dalla svolta nel caso Barros, il vescovo cileno accusato di aver coperto il prete pedofilo Fernando Karadima, uno scandalo che ha devastato la Chiesa in Cile e funestato la visita di Francesco a gennaio. Il Papa da principio aveva difeso Barros, «sono calunnie, per due volte ho respinto le sue dimissioni, non ci sono evidenze», ma poi ha disposto un’indagine affidata in febbraio all’arcivescovo maltese Charles Scicluna, uomo di punta del Vaticano nella lotta contro i preti pedofili: 64 testimoni sentiti a Santiago del Cile, 2300 pagine. Letto il rapporto, Bergoglio ha scritto l’8 aprile ai vescovi cileni: «Riconosco di aver commesso errori gravi di valutazione e percezione della situazione, specialmente per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate». Tradotto: non me l’avete raccontata giusta. Nelle lettera, Francesco convocava i vescovi a Roma per decidere «atti concreti, riparare lo scandalo e ripristinare la giustizia». Prima, però, vuole vedere le tre vittime di Karadima.

La vicenda

Domenica Juan Carlos Cruz ringraziava Scicluna e Padre Bartolomeu, suo collaboratore nell’ex Sant’Uffizio: «Grazie per averci creduto e aiutato ad arrivare dove siamo oggi. Hanno investigato seriamente, hanno detto la verità e ci hanno trattato con dignità. Non siamo abituati a ciò dai vescovi del Cile». La vicenda fa vacillare la gerarchia della Chiesa cilena. Karadima era diventato molto potente durante gli anni di Pinochet. Le vittime accusano altri tre monsignori cresciuti nella «fraternità» di Karadima e divenuti vescovi, come Barros. Soprattutto dicono che i cardinali Ricardo Ezzati, arcivescovo di Santiago, e Javier Errázuriz, l’emerito della capitale, hanno mentito e coperto lo scandalo. Errázuriz fa parte del «C9», il gruppo di consiglio del pontefice, e domenica partecipava alla riunione mentre il cardinale di Boston O’Malley, il primo che fece notare a Francesco di aver sbagliato, spiegava che «la priorità» è «l’ascolto delle vittime». Ora Francesco «chiede preghiere per la Chiesa in Cile e auspica che questi incontri possano essere un passo fondamentale per rimediare ed evitare gli abusi di coscienza, di potere e sessuali all’interno della Chiesa».

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