9 dicembre 2018 - 21:43

Giuseppe Piraino, l’imprenditore detective che ha fatto arrestare la «nuova Cupola» di Cosa Nostra

Telecamera sotto la camicia contro gli esattori del clan. «Sono arrivati spavaldi e sono andati via balbettando»

di Felice Cavallaro

Giuseppe Piraino, l’imprenditore detective che ha fatto arrestare la «nuova Cupola» di Cosa Nostra
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La cosiddetta «nuova cupola» di Cosa nostra falcidiata alcuni giorni fa dalla cattura di 46 mafiosi, compreso il padrino eletto al posto di Riina, d’ora in poi non dovrà temere solo i carabinieri. Ma anche gli imprenditori come Giuseppe Piraino, 45 anni, tre figli, una piccola impresa edile. Pronto a trasformarsi nello 007 di se stesso. Con microtelecamera nascosta sotto la camicia. La trappola tesa al «malacarne» arrivato nel suo cantiere per chiedere il pizzo. Fino a farlo balbettare, cacciandolo via mentre l’esattore, quasi si giustificava: «A me mi ci hanno mandato...».

L’ignaro

Ignaro di essere ripreso, senza immaginare che un’ora dopo quel video sarebbe finito nelle mani dei carabinieri pronti a pedinare il boss, a scoprire che taglieggiava decine di imprenditori, a ricostruire la scala gerarchica del mandamento e a sgominare l’intera «nuova cupola». Ecco il retroscena di un’inchiesta con una svolta maturata a fine settembre. Quando Piraino arriva davanti alla palazzina che sta restaurando in pieno centro storico, di fronte al vecchio Monte di Pietà. E trova tutti i suoi operai in piazza, le facce sconvolte: «È arrivato uno che ci ha buttati fuori perché “il padrone, non s’è messo a posto”. Dice che torna per parlare con lei». Un colpo per questo «padrone» alto un metro e novanta, fisico da atleta, già nel 2007 uno dei primi iscritti ad «Addiopizzo», deciso a imprimere un’impronta mai vista nella lotta alla mafia: «Tutti al lavoro. Si continua». Una sfida confidata alla moglie, al padre, a zii e cugini, preoccupati ma decisi ad avallare la scelta: «Non mi piego, non pago, so come aspettarli». Lo stesso giorno varca la soglia di un negozio specializzato, compra la microtelecamera stile «Iene», fili e adesivi al torace, l’obiettivo come un bottone sulla camicia, e si piazza all’interno del cantiere in attesa del mister X: «Non conoscendo fisionomia e nome cosa avrei potuto dire ai carabinieri o a uno sportello antiracket?». Agisce così da solo. E da solo affronta il mafioso che puntuale si presenta baldanzoso, Luigi Marino, uno dei 46 già in carcere, il casco della moto fra le mani, l’atteggiamento spavaldo: «Noi sappiamo che sta facendo lavori. Lei non lo sa come si bussa quando va in casa di altri?».

L’emissario

La risposta spiazza l’emissario: «A nome di chi parla? “Noi” chi?». E quello, invitandolo ad abbassare la voce: «Volevo dire che un aiuto a noi...». Replica di Piraino, pronto a usare il suo linguaggio: «Consideri che ha davanti uno sbirro». Il resto è mimica. Con il boss che abbassa lo sguardo e fa un passo indietro, come indica Piraino rivedendo il filmato: «Era arrivato da malandrino e se ne è andato con la coda in mezzo alle gambe. Questo noi imprenditori possiamo farlo tutti insieme, liberandoci da questi quattro farabutti. È bastato quel video per acciuffare il resto della cosca, ma anche per capire che tanti miei colleghi pagano senza ribellarsi. La paura si spiega. Vanno supportati. Ma adesso Palermo è davvero a una svolta». Appunto quella dell’imprenditore che, diventando lo 007 di se stesso, forse aiuterà un po’ tutti a fare balbettare la mafia. Mentre scatta la corsa a complimentarsi. Una valanga sui social. Un po’ più lenta quelli di colleghi e uomini politici. Ma si sono fatti vivi presidenti di Sicindustria, costruttori, artigiani. Telefonate arrivate anche ieri mattina mentre Piraino si concedeva una passeggiata, con moglie e figlia, fra le bancarelle del Capo, il mercato a due passi dal suo cantiere. «A testa alta», dice. Fiero di averla fatta abbassare all’esattore in cella.

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