9 giugno 2018 - 16:32

Preti sposati e ruolo delle donne: la sfida del Papa nel Sinodo sull’Amazzonia

Nel 2019 l’assemblea convocata da Bergoglio in Vaticano. L’ipotesi di ordinare sacerdoti anche tra uomini anziani sposati e un ministero ufficiale per le donne

di Gian Guido Vecchi

Il Papa con gli indigeni dell’Amazzonia (Ap) Il Papa con gli indigeni dell’Amazzonia (Ap)
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CITTÀ DEL VATICANO «Bisogna progettare nuovi cammini affinché il Popolo di Dio possa avere un accesso migliore e frequente all’Eucaristia, centro della vita cristiana». Il riferimento è implicito, ma evidente. In Vaticano è stato presentato il documento preparatorio al Sinodo sull’Amazzonia che Francesco ha convocato per l’anno prossimo. La questione principale è la difesa di un territorio che custodisce la maggiore riserva di biodiversità e un terzo dei boschi primari del pianeta, soprattutto la difesa delle 390 popolazioni indigene: una riflessione «sul futuro del pianeta». Ma fin da ora si può immaginare che uno dei temi più caldi sarà la possibilità di ordinare sacerdoti dei «viri probati», ovvero degli uomini sposati anziani che possano rimediare alla carenza di clero.

Il ruolo delle donne

Ma non basta. Ci sarà anche da discutere, finalmente, del ruolo le donne: «Un’altra priorità è quella di proporre nuovi ministeri e servizi per i diversi agenti pastorali, che rispondano ai compiti e alle responsabilità della comunità. In questa linea, occorre individuare quale tipo di ministero ufficiale possa essere conferito alla donna, tenendo conto del ruolo centrale che le donne rivestono oggi nella Chiesa amazzonica». Parlare di «ministero ufficiale» femminile non significa pensare al sacerdozio, l’ex Sant’Uffizio ha di recente pubblicato un documento nel quale si dice che la dottrina della Chiesa cattolica è «definitiva» e le donne non possono né potranno mai diventare prete, punto. Però non è l’unico «ministero» o servizio possibile: nel 2016, ad esempio, Francesco ha istituito una commissione per studiare il ruolo delle donne diacono nelle prime comunità cristiane. In ogni caso è significativo un passaggio del testo preparato in vista del Sinodo: «Il Concilio Vaticano II ci ricorda che tutto il Popolo di Dio partecipa al sacerdozio di Cristo, benché distinguendo tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale. Per questo è urgente valutare e ripensare i ministeri che oggi sono necessari per rispondere agli obiettivi di una Chiesa con un volto amazzonico e una Chiesa con un volto indigeno».

Pochi preti

Il territorio amazzonico è sterminato - sette milioni e mezzo di chilometri quadrati, nove Paesi -, i sacerdoti scarseggiano, il problema è sentito e annoso. «Una delle cose principali da ascoltare è il gemito di migliaia di comunità private dell’Eucaristia domenicale per lunghi periodi», si legge nel documento preparatorio. Ci sono comunità che possono fare la comunione solo una o due volte l’anno. Il missionario austriaco Erwin Kraeutler, per venticinque anni vescovo ella più grande diocesi amazzonica brasiliana, due a anni fa aveva parlato al Papa e riassunto la sua esperienza così: «Ho un territorio sterminato, 700 mila fedeli, 800 comunità e appena 27 preti». Di «viri probati», del resto, si discute da tempo. Il cardinale Carlo Maria Martini fu tra i primi a parlarne. Il cardinale brasiliano Claudio Hummes, amico di lunga data di Bergoglio, sostiene questa possibilità dal 2006. Il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, nel libro intervista «Tutti gli uomini di Francesco», del vaticanista Fabio Marchese Ragona, ha spiegato di recente che «è un’ipotesi da valutare con attenzione senza chiusure né rigidità». Del resto lo stesso Francesco ne aveva parlato, da ultimo, al settimanale tedesco «Die Zeit» nel 2017: «Dobbiamo riflettere se i “viri probati” siano una possibilità e dobbiamo anche stabilire quali compiti possano assumere, ad esempio in comunità isolate. La Chiesa deve riconoscere il momento giusto nel quale lo Spirito chiede qualcosa». 

La questione del celibato

Tutto questo non significa mettere in discussione il celibato millenario della Chiesa latina. Nel volo di ritorno dal viaggio in Terra Santa del 2014, il Papa aveva ricordato ai giornalisti che la Chiesa Cattolica ha già dei preti sposati, «ci sono nel rito orientale», e che «il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa». Non essendo un dogma di fede, comunque, «c’è sempre una porta aperta». Benedetto XVI, ad esempio, l’ha aperta agli anglicani che fanno ritorno alla Chiesa di Roma. Sullo sfondo, rimane la possibilità che in futuro si vada verso una doppia disciplina anche nella Chiesa latina, magari con le stesse regole: solo i celibi possono essere vescovi. Ma ora non si tratta di questo, la questione dei «viri probati» è più limitata. Bergoglio si poneva il problema già da cardinale e si diceva «pienamente convinto» che «il celibato vada conservato», ma aggiungeva che «se la Chiesa dovesse rivedere tale norma» non lo farebbe «spinta dalla scarsità» di vocazioni e comunque «non sarebbe una regola valida per tutti»: «Tratterebbe la cosa come un problema culturale di un luogo specifico, non in modo universale ma come un'opzione personale». Se ne continuerà a discutere. Non a caso l’espressione «viri probati» non compare nel documento. Il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, ricorda che «la Chiesa è molto prudente» e spiega: «Lasciamo libertà alla gente di parlare di questo tema, ma non vogliamo imporlo noi. Non c'è una dichiarazione della Santa Sede sui “viri probati”. Vediamo se questa proposta andrà avanti…».

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