23 giugno 2018 - 14:57

Vaticano, 5 anni a mons. Capella per pedopornografia

La condanna è per detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico

di Redazione Online

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Cinque anni di reclusione 5 mila euro di multa. Questa la condanna inflitta dal Tribunale della Città del Vaticano a monsignor Alberto Capella, il consigliere di nunziatura reo confesso. Cinque anni e nove mesi di reclusione, più 10mila euro di multa era invece la richiesta dei promotori di giustizia vaticani, Gian Piero Milano e Roberto Zanotti. Carlo Alberto Capella, l'ex funzionario Vaticano è stato arrestato il 7 aprile scorso. Detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico, il reato contestato nella seconda e ultima udienza di oggi, durata circa tre ore, dalle 9.40 alle 12.40.

Ha dichiarato: «Gli errori che ho fatto sono evidenti, ed evidente è anche il fatto che si riferiscono a un periodo di fragilità. Sono dispiaciuto che la mia debolezza abbia inciso sulla vita della Chiesa, della Santa Sede e della diocesi e sono addolorato per la mia famiglia». «Spero che questa situazione — ha aggiunto — possa essere considerata un incidente di percorso nella mia vita sacerdotale, che amo ancora di più». «Voglio continuare il sostegno psicologico», ha proseguito Capella. «Spero che questo processo possa essere di qualche utilità nel corretto inquadramento dei fatti», ha detto il sacerdote prima del l'inizio della Camera di Consiglio, in una dichiarazione spontanea dopo che i pm gli avevano contestato il reato di detenzione, cessione e trasmissione di materiale pedopornografico ed era stata chiesta dall'accusa una pena di di nove mesi più alta e con 10mila euro di multa. Il promotore di giustizia Milano aveva cominciato la sua requisitoria sgombrando il campo da ogni dubbio circa la titolarità della giurisdizione vaticana: per la Santa Sede, infatti, qualsiasi reato commesso da un pubblico ufficiale vaticano, in qualsiasi territorio, è un reato competente per lo Stato della Città del Vaticano.

Riguardo al materiale sequestrato, la legislazione vaticana — ha detto il rappresentante dell'accusa — è molto più restrittiva rispetto a quella italiana, in quanto non distingue tra immagini reali e virtuali. Di qui la pregnanza della «ingente quantità», dimostrata anche dal fatto che le immagine scaricate dal cellulare di Capella sono state archiviate in un cloud e consultate in diversi punti, l'ultima volta nell'ottobre del 2017. Segno, quindi, di «un comportamento reiterato nel tempo che non è mai venuto meno», come dimostra anche l'attività in chat su Tumblr. Le immagini, inoltre, quando venivano condivise erano accompagnate da «apprezzamenti». Nelle chat, infine, «si prospettavano anche incontri reali». «Non era una captazione accidentale e fortuita di materiale, ma l'indice di una attività illecita di ingente quantità», il rilievo dell'accusa, che ha ricordato come la legge vaticana del 2010, voluta da Papa Ratzinger, inserisce lo scambio di materiale pedopornografico nei «delicta graviora», quelli cioè che riguardano le offese alla fede e alla morale.

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